Protagonista indiscusso del panorama mondiale della magia, Heldin da oltre quarant’anni sfida l’attenzione del pubblico creando incredibili show ove l’illusione regna sovrana.
Intervista di Mara Fux
Com’è nata in te la passione per il mondo della magia?
In maniera curiosa: mio papà era un manager teatrale per cui capitava molto spesso che, fin da piccolissimo, io assistessi all’allestimento degli spettacoli che, essendo varietà di piazza, prevedevano la partecipazione di tanti artisti: cantanti, attori, comici; ovviamente, mentre lui impostava la scaletta, io me ne stavo buono a guardarli ma il più delle volte siccome non mi incuriosivano,mi addormentavo e questo valeva per tutti tranne che quando appariva il mago. Solo il mago mi teneva sveglio. Così ai primi compleanni ho iniziato a chiedere come regalo la scatola magica, le carte o il manuale del prestidigitatore anziché palloni o biciclette.
Ricordi i maghi che ti affascinavano coi loro giochi?
Certamente: in primis quelli che lavoravano con mio padre come Silvan, Tony Binarelli, Mago Alexander ma ce ne erano anche altri molto bravi anche se meno popolari.
Pensi che i tuoi abbiano percepito che la passione avrebbe potuto trasformarsi in una professione?
Sì e lo hanno mostrato accondiscendendo a tutte le mie richieste tanto che a 10 anni mi hanno permesso di fare il mio primo show di magia nella parrocchia di Nardò, il paese in cui sono nato.
E te lo ricordi?
Per lo più giochi con le carte, con i foularini ed altre scatole di magia che talvolta mi venivano regalate al termine dei loro spettacoli dagli stessi prestidigitatori che lavoravano con papà: sapendo della mia passione, mi prendevano a cuore, probabilmente anche per il ruolo stesso di mio padre.
Da Nardò come sei finito a Roma?
Finito il percorso scolastico, a 18 anni, mi è arrivata la cartolina di leva militare e mio padre si adoperò per farmela fare a Roma che per lui era una città di grosso riferimento per via della Rai e di tanti centri di produzione. Ovviamente io conoscevo bene tutti i suoi amici, persone del calibro di Sergio Iapino o Gino Landi per cui, quando ero libero, li andavo a trovare; fu così che un pomeriggio proprio Sergio, che ammirava molto i miei giochi, mi portò da Raffaella la quale nel vedermi rimase esterrefatta al punto da decidere di inserirmi subito all’interno di “Carràmba che sorpresa”. E così, in pochi giorni, firmai il primo contratto con Rai1 per una trasmissione in prima serata abbinata alla Lotteria con un ruolo che era stato ritagliato apposta per me all’interno di un siparietto nel quale Raffaella mi chiedeva una specie di gioco del giorno prima di raccontare chi fossero gli ospiti della puntata. Dimmi te se non è magia questa!
Beh come inizio niente male!
Eh sì, esibirmi su Rai1 in prima serata mi ha dato tante possibilità, non ultima quella di proseguire a lavorare in televisione. Grazie a Carràmba conobbi difatti Alberto Testa che volle presentarmi a Michele Guardì il quale quell’anno aveva ben cinque trasmissioni; ricordo che due appuntamenti saltarono proprio per i suoi troppi impegni mentre al terzo riuscii a conoscerlo. Pensa che mi fu dato alle 19 presso gli studi della Dear, io mi presentai alle 16 e solo all’una di notte lo potei avvicinare: passai tutte quelle ore zitto e buono su una sedia a guardarlo lavorare, ogni tanto mi mandava una mezza occhiata senza mai dirmi niente. Alla fine quando me lo presentarono la prima cosa che disse fu: “io ti scritturo già solo per premiare la tua pazienza”.
Di che trasmissione si trattava?
Era la prima edizione di “Il lotto alle otto” con Giletti come conduttore.
Fino a qui la tua arte è la prestidigitazione: quando ti avvicini all’illusionismo? Quando MSC mi propose di lavorare sulle loro navi da crociera. L’idea di girare il mondo sulle navi mi piacque tantissimo solo che la modalità d’esibizione non prevedeva una manciata di minuti come nei programmi televisivi ma bisognava allestire un vero e proprio show che intrattenesse i passeggeri per 45 minuti. L’illusionismo da noi non era molto diffuso per cui iniziai ad andare in altri Paesi per assistere ai numeri dei grandi show in modo da allestire uno spettacolo di performance internazionali. Una bellissima esperienza durata quattro anni che poi mi ha permesso di avvicinarmi al mondo dei grandi parchi di divertimento.
Qual è stata la tua prima illusione?
In America ne vidi una in cui il mago si tagliava in due da solo, senza l’aiuto di ballerine o partner. Mi piacque tantissimo per cui l’acquistai investendo tantissimi soldi e la portai in Italia imperniandovi sopra uno spettacolo che andò in prima assoluta su Rai2 ne “Il Circo di Natale” raggiungendo dei picchi di audience altissimi.
L’illusionismo è un’arte sicuramente più coinvolgente se vista dal vivo: dove possiamo venirti a vedere?
Fino all’11 luglio sarò a Magicland con uno spettacolo in stile varietà che si chiama La Grande Illusione, un titolo volutamente italiano scelto in pieno accordo con Guido Zucchi, l’amministratore delegato del parco, visto che il bellissimo teatro in cui mi esibisco è stato di recente intitolato ad Alberto Sordi.
Quanto dura generalmente uno spettacolo d’illusione?
Non penso che debba avere un tempo preciso, deve coinvolgere, suscitare stupore, lasciare a bocca aperta, tutte emozioni che solleciti creando un susseguirsi di numeri che si alternano l’un l’altro coadiuvati dalla musica, dai movimenti scenici, dai sorrisi di chi da sopra il palcoscenico cattura gli sguardi per suscitare illusione.