FRANCESCO BENOZZO, CANDIDATO AL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA: “ORA PIÙ CHE MAI, CREDO CHE SIA NECESSARIO SOLO DISOBBEDIRE, SENZA SE E SENZA MA”
A parlare è Francesco Benozzo, uno dei due docenti universitari (tra 70.000) sospesi dal lavoro per la propria disobbedienza civile nei confronti della normativa relativa al Green Pass. Benozzo è professore di Filologia e Linguistica all’Università di Bologna, coordina il dottorato in Studi Letterari e Culturali, dirige tre riviste scientifiche internazionali ed è il responsabile di numerosi centri e gruppi di ricerca inter-universitari, tra i quali il Paleolithic Continuity Paradigm for the Origins of Indo-European Languages (patrocinato UNESCO), l’Osservatorio contro la Sorveglianza di Stato e il Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (due articolazioni dello European Centre for Science, Ethics, and Law). Poeta e musicista di fama internazionale, con all’attivo più di 700 pubblicazioni scientifiche, Benozzo è stabilmente candidato al Premio Nobel per la Letteratura dal 2015, con candidature che sono state rese pubbliche dal Pen International.
“Mi è capitato di risultare positivo al virus, sto trascorrendo la quarantena prevista, e tra pochi giorni mi troverò automaticamente in possesso del demenziale SuperGP. Qualcuno mi ha suggerito di sfruttare la situazione e tornare all’Università, dopo 4 mesi di sospensione dal lavoro e dall’insegnamento, essendo io ora “in regola”. Per me la questione nemmeno si pone: non si tratta certo di possedere dei requisiti, bensì di rifiutare anche solo l’idea che il dispositivo di soggiogamento stabilisca dei requisiti per poter vivere normalmente. Se accedessi alle aule universitarie e potessi godere del mio sacrosanto stipendio solo in quanto esibisco un superGP, certamente eviterei di vivere di stenti, ma al tempo stesso – senza che questo rappresenti un giudizio da parte mia nei confronti di chi invece lo utilizza – mi sentirei una persona meschina, inadeguata e traditrice: prima di tutto nei confronti degli studenti discriminati costretti a stare fuori dalle aule; poi nei confronti delle persone che hanno perso come me il lavoro per non cedere a questo subdolo ricatto di Stato, ma che non hanno contratto il virus e dunque non hanno la mia stessa possibilità; e infine nei confronti di me stesso, della mia consapevolezza critica e dei principi che sto cercando di portare avanti con un minimo di coerenza. Ora più che mai, credo che sia necessario solo disobbedire, senza se e senza ma, a questi schiavisti fanatici del totalitarismo 2.0. la libertà non può mai essere una concessione”.