Il rapporto psicoterapeutico è una relazione di cura che si basa sulla collaborazione tra due persone di cui una porta un disagio, una sofferenza, una “malattia” psicologica, ma che è alla ricerca del benessere, e l’altro porta la sua formazione nell’arte dell’aiutare le persone e la sua personalità. Quando una persona ha una ferita profonda (per esempio, da taglio) va dal medico per curarla; il medico guarda la ferita, inizia a disinfettarla…e già lì il paziente sente i primi dolori perché anche il disinfettante più innocuo, a contatto con la ferita, dà la sensazione di far male. La persona, però, si obbliga a continuare la medicazione perché sa che altrimenti rischia il peggio (per es.: infezioni); il medico può anestetizzare ma l’ago vicino alla ferita crea molto dolore. Anche la psicoterapia può procurare un certo dolore: molto spesso è più l’ansia dell’aspettativa di provare dolore che il dolore provato. Detto ciò, mi sembra opportuno chiarire determinati punti: 1) il percorso psicoterapico è un percorso di conoscenza che la persona fa di sé, riguardo i suoi modi relazionarsi con gli altri e con se stessa e riguardo certe modalità che ora risultano disfunzionanti; 2) una persona che finisce un percorso di psicoterapia è la stessa dell’inizio, tranne che ha capito quali sono i suoi punti deboli, i suoi punti di forza, ha una varietà ampia di modi di relazionarsi e, soprattutto, sa quali sono le sue risorse e sa che ne potrà scoprire delle altre; 3) la psicoterapia è un percorso a termine, quindi ha un inizio ed un fine; inoltre, non crea dipendenza, anzi aiutata a diventare autonomi; 4) nessun psicoterapeuta possiede la “bacchetta magica” né, tantomeno, la sfera di cristallo: si sa da dove si parte (malessere), si sa il risultato (benessere), si ipotizza il progetto che può variare a seconda della persona e dei suoi vari momenti, delle caratteristiche di personalità, delle risorse e difese; 5) la psicoterapia è un lavoro di gruppo in cui entrambi contribuiscono in modo diverso ma attivo per ottenere il risultato (il benessere); 6) il “benessere” è sempre personale: ogni persona ha e raggiunge il proprio “stato di benessere”. Cosa significa “guariscimi senza cambiarmi”?: vuol dire che la persona che chiede aiuto, pur essendo consapevole del suo stato di malessere, vuole stare meglio ma senza cambiare. “Dottoressa, esiste una pillola o una mega gomma da cancellare che eliminino il passato?”. La bacchetta magica, ahimè, esiste solo nelle fiabe; molto spesso quando si usa la gomma da cancellare rimangono sempre le tracce di ciò che era scritto. Inoltre, qualora inventassero la pillola che fa dimenticare completamente il passato, il comportamento attuale continuerebbe ad essere quello disfunzionale, quello problematico. Il passato, è vero, non si cambia né tantomeno si cancella; lo si può vivere in modo diverso non come un peso ma come una serie di eventi (al tempo traumatici, dolorosi) che ormai fanno parte del passato. È questa la chiave dello star meglio: “lasciare il passato al passato”, guardarlo sotto un altro punto di vista, renderlo piccolo e leggero ma sempre nostro. Ciò che fa star male è il continuare a mantenerlo chiuso nel baule in una soffitta polverosa e buia, illudendoci di averlo reso silenzioso o illudendoci di non sentirlo quando bussa. Oppure pensando che sia colpadegli altri.