La poesia è noiosa?Macchè: quella di Giulia Bertotto è ecologica, sostenibile. E imprevedibile. Il suo “In Caso di Apocalisse” parla di licheni, pomodoro& basilico, panneli solari e bici coi freni al carbonio. E ridimensiona le nostre paure con la semplicità. Un piccolo caso editoriale che ha riscosso consensi presso le manifestazioni di settore ed è stato recensito da Maria Giovanna Farina. Prossimo appuntamento il 4 e 5 ottobre al Festival Cinema&Libri -Il Cartoceto.
A pochi mesi dal debutto il tuo libro ha attirato l’attenzione di lettori e addetti ai lavori. Il segreto?
Sono di quelle persone che in pizzeria scrivono sulla tovaglia di carta per non disperdere le emozioni. Non ho mai appuntato frasi pensando a una raccolta, ma attraverso la collaborazione con varie realtà culturali ho destato l’interesse di una piccola casa editrice indipendente, la Escamontage di Iolanda la Carrubba, che ha stampato il mio primo libro.
Cosa c’entrano gli scarabei e il pomodoro col basilico con la poesia?
Dal 5G alle conseguenze di Chernobyl, si sono modernizzate anche le nostre paure. Ogni Apocalisse implica nuovi sistemi di adattamento: oltre a spaventarci possiamo imparare a trovare soluzioni dalla natura. Anche l’arte della sopravvivenza: lo scarabeo del deserto non ha nulla intorno a sé, così raccoglie in volo microscopiche particelle di acqua e si disseta facendole scivolare dal dorso alla bocca. I miei versi sono ispirati, tra l’altro, alla botanica, alla mineralogia, alla zoologia applicate alla quotidianità, della quale fanno parte anche cose semplici e concrete come il pomodoro e basilico: il cibo è testimonianza di vita, di gioia. E di amore.
Se diciamo “ORTICA” cosa ti viene in mente?
Una poesia:
“Irritare,
strategia di sopravvivenza,
Resilienza vitale
Arrossare, difendersi e fiorire
Segreto universale della Vita sulla Terra”