GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA

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L’ABOLIZIONE DELL’UTERO IN AFFITTO

di Miriam Alborghetti 

Al di là dei mazzolini di mimose e dei discorsi retorici, bisognerebbe approfittare della ricorrenza della Giornata Internazionale della Donna per aprire un dibattitto serio sulle nuove frontiere della mercificazione dei corpi delle donne, tra cui spicca l’utero in affitto. Dibatto boicottato dal mainstream dove domina incontrastata l’ideologia così detta LGBTQ, cavalcata dal tecno capitalismo della sorveglianza.

L’utero in affitto o maternità surrogata o gestazione per gli altri (GPA), è una pratica che riduce le donne svantaggiate economicamente a incubatrici di carne. È una industria della riproduzione che pretende di essere legalizzata. Come se legalizzare una pratica disumanizzante magicamente la rendesse umana. I promotori della maternità surrogata lo chiamano progresso, quando nella sostanza è un ritorno al patriarcato più reazionario, un attacco al fondamento stesso dei diritti umani, la dignità della persona, a favore di un presunto diritto al commercio di esseri umani.

Diffusa è la convinzione che l’opposizione all’utero in affitto sia appannaggio di ambienti bigotti e della destra conservatrice. In realtà in tutto il mondo a denunciare le conseguenze disastrose per donne e bambini dell’utero in affitto, sono proprio le associazioni di femministe già alla fine degli anni ‘70. FINRRAGE – Rete femminista internazionale di resistenza all’ingegneria riproduttiva e genetica, nata negli anni ’80, così affermava nel 2017: “Il corpo femminile con la sua capacità esclusiva di creare la vita umana viene espropriato e smembrato come materia prima per la produzione tecnologica di esseri umani. Per noi donne, per la natura e per le persone sfruttate del mondo, questo sviluppo è una dichiarazione di guerra” [1].

La Coalizione per l’abolizione della maternità surrogata (CIASM) riunisce decine di associazioni femministe di ogni parte del Pianeta che hanno stilato e sottoscritto una Carta secondo la quale la maternità surrogata deve essere universalmente abolita in quanto essa è da considerarsi un attacco alla dignità umana, una forma di violenza sulle donne, che unisce violenza, fisica, economica e psicologica, imposta con un simulacro del consenso: il contratto. Nonché una pratica che mette in crisi il principio di uguaglianza degli esseri umani, creando una categoria subordinata di donne deputate alla procreazione per gli altri; un attacco alla dignità dei bambini nati da GPA il cui interesse superiore non è quello di essere comprati o venduti.

Nonostante il Parlamento Europeo abbia ripetutamente condannato la maternità surrogata, nei media le posizioni critiche vengono caricaturizzate come anti-progresso mentre dominano narrazioni propagandistiche sostenitrici della GPA. Narrazioni che “si basano su stereotipi di genere patriarcali e mirano a valorizzare la riproduzione di ruoli di genere ultra-tradizionali per le donne (funzione riproduttiva e sacrificio di sé per la famiglia). Esaltano la generosità femminile e il desiderio delle donne di fare del bene agli altri, in particolare il dono di sé delle madri, [..]. Queste narrazioni sono state accuratamente costruite da agenzie di reclutamento di madre surrogate che operano in diversi continenti [..]. In GPA, il contratto specifica gli atti a cui la donna che vuole diventare madre “surrogata” deve sottoporsi; molti di questi sono atti di violenza (medica, economica, psicologica) che possono avere effetti duraturi sulla salute e sulla vita della donna. Accettare per contratto di subire violenza, o addirittura di perdere la vita, per rendere felici altre persone è però ben lontano dall’essere una manifestazione di libertà” [1].

Con un salto logico degno di un trapezista si tenta di spacciare l’utero in affitto come pratica solidale, di un dono che una donna farebbe liberamente e generosamente ragion per cui vietarla sarebbe una violazione della libertà individuale. Peccato che a fare questo “dono” non siano mai donne ricche, ma donne che vivono in condizioni disagiate in contesti familiari fragili.

Peccato che la realtà documentata che emerge dalle cronache ci narra di orrori senza fine. E non c’è legalizzazione che tenga, perché, come scrive Francesca Rizzo, “è la pratica in sé che è disumana nel senso preciso che distrugge un elemento costitutivo della nostra comune umanità. Nella pratica della surrogazione, viene spezzata l’unitarietà del processo procreativo umano che è tale (e non riproduttivo o peggio produttivo) per l’assoluta peculiarità che lo distingue nel suo principio e nel suo fine[..].

Il processo viene segmentato in “pezzi”, comprati e venduti sul mercato (ovociti, utero e neonato) così da ridurlo a un assemblaggio per “fabbricare” bambini, secondo le peggiori regole del mercato. Alla gravidanza si toglie ogni “pregnanza” fisica, emotiva, relazionale e simbolica e alla donna che “affitta” il suo ventre è sottratta la personalità così che il processo da procreativo diventa riproduttivo e il bambino è la merce finale.[..] Possiamo pensare a tutte le garanzie, tutele, limitazioni che si vuole, ma se si accetta di legalizzare la pratica dell’utero in affitto si colpisce un pilastro della civiltà umana”. [2] In Europa il divieto di maternità surrogata è sotto attacco.

La Commissione UE, con una proposta – che si colloca nell’ambito della strategia dell’UE per l’uguaglianza LGBTIQ – presentata il 7 dicembre 2022 in materia di filiazione e istituzione di un certificato europeo di filiazione, sta cercando di aggirare le norme nazionali al fine di sdoganare l’utero in affitto laddove è vietato. In Italia la maternità surrogata è vietata dalla Legge 40 del 2004, ma praticata in diversi Stati in un sistema organizzato di cliniche, medici, avvocati e agenzie di marketing e di intermediazione. Esiste un disegno di legge a firma di Giorgia Meloni, simile ad uno già presentato da Mara Carfagna, che renderebbe reato il ricorso alla maternità surrogata anche “se il fatto è commesso all’estero”.

La sua approvazione sarebbe un passo importante per spingere il Parlamento europeo all’adozione di una convenzione internazionale per universalizzare il reato di maternità surrogata. Va da sé che finché ci saranno paesi in cui la maternità surrogata è tollerata, sia commercialmente che in modo presunto “altruistico”, la tratta delle donne a scopo di sfruttamento riproduttivo e la tratta dei bambini non potranno che svilupparsi.