Giancarlo Giannini, il simbolo del cinema italiano nel mondo

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Abbiamo intervistato l’attore in occasione del suo spettacolo “Le Parole Note” alla necropoli di Cerveteri di Felicia Caggianelli

Ha vinto sei David di Donatello, cinque Nastri d’argento cinque Globi d’oro. E poi il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes per Film d’amore e d’anarchia e nel 1976 ha ottenuto la candidatura all’Oscar come miglior attore per la sua interpretazione in Pasqualino Settebellezze. Ha lavorato con artisti del calibro di Marcello Mastroianni, Sofia Loren, Monica Vitti, Anthony Hopkins, Mariangela Melato e tantissimi altri. Servirebbero decine di pagine per raccontare Giancarlo Giannini, uno dei simboli del cinema italiano nel mondo, attore poliedrico ed unico, capace di passare con disinvoltura dal cinema al teatro, dalla televisione alla regìa. Senza dimenticare che, grazie alla sua profonda e suadente voce, ha doppiato Al Pacino nella maggior parte delle sue interpretazioni, Jack Nicholson in capolavori come Shining, Batman e The Departed, Michael Douglas in Wall Street e nel suo sequel, Gérard Depardieu, Dustin Hoffman e molte altre stelle di Hollywood. Abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistarlo a Cerveteri in occasione della sua esibizione all’interno della Necropoli Etrusca della Banditaccia con lo spettacolo “Le Parole Note”, accompagnato dal Marco Zurzolo Quartet. Evento, nell’ambito di ArtCity Immaginario Etrusco, che ha fatto registrare il tutto esaurito, inserito negli eventi legati ai 15 anni dalla nomina della Banditaccia a Patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Giancarlo Giannini col nostro vice direttore Felicia Caggianelli

Lei si è esibito in tutte le parti del mondo. Come giudica questa location così suggestiva come la necropoli della Banditaccia?

“E’ un’atmosfera magica, un posto unico, come molte altre parti della penisola. La necropoli è un luogo unico, emana armonia e gioia, sono stato felice di accettare la proposta di esibirmi nella necropoli etrusca di Cerveteri, un posto che ho avuto l’onore di conoscere e visitare”.

 Il suo recital è un incontro di letteratura e musica con brani e poesie da Pablo Neruda, Garcia Lorca, Marquez e altri classici. Come nasce questo spettacolo?

“Ho sentito questo gruppo musicale, mi ha affascinato il suono del sax e ho detto facciamo qualcosa insieme. E’ nata un’idea semplice ma efficace, peraltro apprezzata dal pubblico come dimostra anche la folta platea di Cerveteri. Da anni seguivo questa idea di legare poesia e musica. Purtroppo ho scoperto la poesia molto tardi, mi affascina enormemente. Recitazione e musica del resto si sposano alla perfezione in un gioco che diverte il pubblico che riscopre poeti unici. Io inserisco anche Shakespeare, sono a mio agio sul palcoscenico tra musica e poesia. Sempre con la dose giusta di ironia, soprattutto su me stesso. In questo spettacolo noi raccontiamo una visione nuova, tentiamo di far amare la poesia, mettendo la donna al centro della storia.

Lei ha spesso detto che è diventato attore per caso. A chi deve la sua straordinaria carriera?

“Senza dubbio a Lina Wertmuller. Mi ha creato. Se non ci fosse stata lei, io non sarei qui e non avrei mai fatto quello che ho fatto nella mia carriera. È riuscita a trasformare ogni idea che aveva in un grande divertimento ed è sempre stato un piacere lavorarci insieme e confrontarsi sugli argomenti più disparati. Per me è stata tutto. Poi nella vita ho avuto la fortuna di lavorare anche con registi dello spessore di Luchino Visconti, Rainer Werner Fassbinder, Mario Monicelli e tanti altri”.

Film, televisione, teatro. Dovendo scegliere quale è il vero amore artistico di Giancarlo Giannini?

“Sono arti completamente diverse, il cinema non ha nulla a che vedere col teatro e viceversa. Non ho preferenze particolari, ho il piacere di raccontare le favole al pubblico, non importa se sia sul piccolo o grande schermo. O su un palcoscenico di un teatro dove il rapporto col pubblico è vivo e diretto. Il filo che lega cinema, televisione e teatro è l’impegno costante per migliorarsi ogni giorno, anche quando si è sulla cresta dell’onda”.

Lei ha raccontato al Corriere della sera che 25 anni fa, sul set del film “Il profumo del mosto selvatico”, fece addirittura piangere un duro del cinema come Keanu Reeves. Cosa accadde realmente?

“Mi fu chiesto dal regista di immedesimarsi completamente con il mio personaggio. Interpretavo il padre di una ragazza che non volevo Reeves nel film sposasse. Dovevo insultarlo pesantemente durante la scena, ma lui si immedesimò talmente che scoppiò a piangere davanti a tutta la troupe e poi scappò via, sparendo per un giorno intero. Dissi al regista che erano cose pericolose per la mente ma vollero girare ugualmente la scena. Rivedemmo Keanu solo il giorno seguente”.