GASTROPROTTETORI

0
645
gastroprotettori

TUTTO QUELLO CHE NON VORRESTI MAI SAPERE.

“Dottore, me lo prescrive il gastroprotettore?”. Molte volte nell’ambulatorio medico mi sento rivolgere questa domanda. Grazie all’ appellativo “gastroprotettore” comunemente usato per questa classe di farmaci – che in realtà si chiamano inibitori di pompa protonica o abbreviati IPP – nell’ immaginario comune vengono considerati come la panacea per ogni male e come una forma di prevenzione per proteggere la salute dello stomaco da ogni insulto.

In realtà la questione è un po’ differente e un loro uso sconsiderato può creare danni alla salute. Gli inibitori di pompa protonica hanno fatto il loro ingresso nel mercato circa trent’anni fa e da allora hanno prepotentemente invaso gli scaffali delle medicine di ogni casa risultando tra le classi di farmaci più prescritte.

Le molecole attualmente in commercio in Italia sono omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo ed esomeprazolo. Come indicato dal nome, queste molecole sono potenti inibitori della secrezione acida gastrica agendo su una pompa H\K ATPasi detta appunto pompa protonica che si trova sulla membrana di alcune cellule dello stomaco e che ha l’importante compito di mantenere il ph gastrico intorno a 1,5 – 3,5, ossia un ph acido. Il ph acido dello stomaco è prezioso per la nostra salute in quanto ci permette di digerire correttamente le proteine e alcuni minerali, di controllare il funzionamento di enzimi digestivi che si attivano solo in condizioni precise di ph, nonché difenderci dall’aggressione di microbi esterni che potremmo ingerire accidentalmente o dall’eccessiva proliferazione dei batteri naturalmente presenti nel nostro intestino. Pur essendo farmaci caratterizzati da una sicurezza e tollerabilità generalmente ottima, un numero crescente di studi ha messo in evidenza i possibili effetti avversi quando usati in modo inopportuno e per lunghi periodi di tempo.

Diversi studi osservazionali hanno documentato che l’uso cronico di IPP aumenta il rischio di fratture ossee, rischio maggiore se vengono assunti a dose elevati e per più di un anno. Anche se il motivo non è certo, probabilmente può essere attribuito alla diminuzione dell’assorbimento del calcio da parte dell’intestino come conseguenza dell’alterazione del PH gastrico indotto da questi farmaci.

Diminuendo l’acidità dello stomaco diminuiscono anche l ‘assorbimento di magnesio, della vitamina B12, del ferro e di molte proteine. Non a caso la FDA raccomanda di controllare periodicamente i livelli di magnesio a coloro che richiedono un trattamento prolungato di PPI. Possono accelerare il deterioramento della funzione renale in modo direttamente proporzionale alla durata di e per questo sarebbe bene dosare il valore della creatinina sierica periodicamente in chi fa uso cronico di questi farmaci. Il loro uso è da valutare attentamente anche in chi soffre di insufficienza epatica in quanto potrebbero aumentare il rischio di complicanze. Uno studio recente, pubblicato su Neurology, la rivista dell’American Accademy of Neurology sembra confermare il possibile collegamento tra rischio aumentato di demenza con l’uso cronico e per lungo tempo di inibitori di pompa, un rischio maggiore del ben 33% nelle persone che assumono questi farmaci da più di 4 anni. L’utilizzo cronico di questi farmaci aumenta il rischio di infezioni intestinali come la tanto temuta infezione da Clostridium difficile, causa di mortalità e morbilità in pazienti fragili, ma anche infezioni più comuni come quelle da Salmonelle e Campylobacter. La diminuzione dall’acidità gastrica indotta da queste sostanze può essere la causa di una condizione clinica denominata SIBO, ossia sindrome da over crescita batterica del tenue che si caratterizza da sensazione di gonfiore, flatulenza, pienezza postprandiale, dolori addominali e spesso sensazione di stanchezza e sonnolenza. Gli inibitori di pompa sono spesso utilizzati in pazienti che assumono tanti altri farmaci ma bisogna fare attenzione in quanto possono creare interazioni farmacologiche sia perché, alterando il Ph gastrico, diminuiscono l’assorbimento di alcune sostanze (es: tiroxina) sia perché possono interagire con lo stesso citocromo p45o che metabolizza tanti altri principi attivi. Non tutti i trattamenti con IPP sono inappropriati o pericolosi in quanto tali farmaci sono preziosi se usati correttamente ed essenziali in alcuni casi per prevenire sanguinamenti gastrointestinali e trattare alcune patologie ph acido correlate. Ma è necessario usarli solo quando sono realmente necessari e il trattamento prolungato deve essere sottoposto a verifica periodica sia per valutare l’insorgenza di possibili effetti collaterali sia per valutare l’eventuale sospensione. L’interruzione dopo uso prolungato è consigliabile che avvenga gradualmente per evitare il meccanismo dell’effetto rebound con ipersecrezione acida alla sospensione. Spesso togliere più che aggiungere può essere la vera cura e chi fa uso di IPP da parecchi mesi è bene che si rivolga al proprio medico di fiducia per valutare il corretto utilizzo del farmaco.

Dottoressa
Carola Cimarelli
C.f. Specialista in Medicina Generale
Esperta in nutrizione – M.m.g. ASL Roma 4
Master Universitario secondo livello in Dietetica e Nutrizione