Intervista al grande maestro che si fa regista con “L’uomo che disegnò Dio”. Dal film cult Django alle origini pugliesi, dal ritrovato amore con Vanessa Redgrave ai progetti in corso
Djiango non muore mai. Come resta attivissimo Franco Nero, l‘attore, che ne ha fatto una icona del cinema mondiale. L’attore è infatti impegnatissimo in nuove produzioni e nuovi progetti. E’ del 2 marzo scorso l’uscita nelle sale del film che segna la sua seconda prova da regista. In una intervista abbiamo ripercorso la genesi del nuovo film e alcune pagine della sua vita.
Franco Nero, ho definito il suo ultimo film “L’uomo che disegnò Dio” una favola metropolitana. Mi incuriosisce il fatto che sia una storia che esula un po’ dalla sua filmografia classica sua e che si presenta straordinaria anche nel panorama del cinema italiano. Cosa l’ha indotta a fare un film su questa storia?
Qualche anno fa Eugenio Masciari mi ha mandato una storia – Emanuele – di un non vedente che sentendo parlare le persone riusciva con la plastilina a rifarne i visi. Si è tentato di farne un film ma stava venendo fuori una americanata. Sono stato sempre incuriosito dal mondo dei non vedenti. Hanno una sensibilità incredibile. Ne ho conosciuti tanti nella mia vita. A Londra dove vivo c’è un cieco che si muove benissimo. Questo mondo mi ha sempre molto affascinato. Dato che sono testardo, mo chiamato l’altro mio sceneggiatore Lorenzo De Luca e gli ho detto: “ho mente al cento per cento quello che voglio fare”. Avevo chiaro anche lo show.
Sì, anche questo Talent Circus Show è molto particolare.
Sono stato sempre un amante del circo. Ne parlavo spesso anche con Fellini. Ho la casa con molti quadri di clown. Volevo fare una cosa completamente fuori dagli schemi. Abbiamo scritto la sceneggiatura che è stata accettata dal Mibact che ha dato una parte dei fondi Rai, Film Commission Torino Piemonte e siamo riusciti a montarlo. Avevo tante cose da dire. Mi interessava parlare della cecità, mi interessava parlare dell’immigrazione, difatti c’è questa donna di colore scappata dalla guerra che entra nella vita del personaggio, un uomo solitario e scontroso. Volevo anche mettere a fuoco il tema della tv spazzatura che si approfitta delle disgrazie altrui per fare audience.
Come scelta registica il film sembra girato con tecniche antiche…
Ho fatto un film come si girava negli anni Sessanta. Oggigiorno fanno tutto come videogame. Ho usato la tecnica classica, quando si faceva il vero cinema e con la macchina da presa si poteva raccontare una storia, fatta di emozioni di sentimenti. Volevo mettere a fuoco il tema del razzismo – la bambina a scuola viene chiamata “negraccia” – volevo mettere a fuoco anche la solitudine della vecchiaia. Per questo ho voluto dare una parte a Massimo Ranieri che interpreta un anziano cieco solo. Ho conosciuto persone anziane sole, non è per niente bello.
Lei si sente solo?
No, non mi sento solo. Ho una famiglia, ho cinque nipoti.
Ha un padre carabiniere ed è originario di San Severo. Della Puglia che c’è in lei?
C’è tanto. Mio padre e mia madre sono pugliesi. In pochi chilometri ci sono i miei parenti tra San Severo, San Giovanni Rotondo e San Marco in Lamis. Anche se sono nato a Parma ed ho avuto un’educazione parmigiana sono orgoglioso di essere pugliese.
Dove è che si sente a casa?
Mi sento a casa qui dove vivo a Roma. Ho poi una casa a Velletri. Anche se poi vivo anche a Londra. Mi fa piacere ogni tanto andare nelle Puglie. Vado a volte in visita al cimitero dove ho i miei nonni, i miei zii, i miei cugini, il mio fratellino che è morto quando ero piccolo. Vado volentieri anche a Parma dove c’è ancora mia sorella, dove visito anche mia nipote.
Ha filmografia molto estesa, però rimane una pagina fondamentale quella di Django che in qualche modo l’ha segnata. L’avete girato anche a Manziana. Che ricordo ha delle riprese e di quelle successive di Quentin Tarantino?
Django è un film che si è fatto con pochi soldi. Pensavamo di non finirlo. Non si sapeva che fine facesse. So che è stato molto duro. C’era un freddo incredibile, perché abbiamo girato in inverno, gennaio-febbraio. Corbucci mi fece fare delle scene nelle sabbie mobili in acque gelate. La sera mi portarono all’ospedale a Roma e mi fecero fare dei massaggi con lo spirito, il corpo era completamente provato. Django è stato un film che ha fatto un’epoca e non muore mai. In tutti i Paesi del mondo continuano a farlo vedere. In America poi tutta la nuova generazione lo conosce perché è uscito in dvd qualche tempo fa. Tutti i giovani vedono questo film. E’ un film, per conto mio, politico indirizzato ai giovani lavoratori. Dove i peones messicani erano gli oppressi. Tarantino ha voluto fare un omaggio a Django perché era pazzo di Sergio Corbucci e di me. Non lo sapevo, ma lui aveva visto tutti i miei film dalla A alla Z, tutti, tutti. Perciò ha voluto fare a tutti i costi questa specie di remake e ha voluto a tutti i costi che io facessi un cameo.
Con le donne come lavoratrici come si trova sul set?
Si va d’accordo un po’ con tutte. Ma meglio con gli uomini. Le donne sono un pochino….
Perché sono tutte innamorate di lei.
Ma no, ma questo non lo devo dire io.
Se per lei è meglio lavorare con gli uomini, con quale regista ha lavorato meglio?
Ma io ho lavorato coi migliori registi del mondo: Bunuel, Fassbinder, Chabrol. In Italia con i migliori registi: Petri, Damiani, Bellocchio. Ho lavorato con tutti i grandi. In America, in Inghilterra. Mi sono trovato bene.
Lei è un grande maestro.
Questo lo dice lei.
Non credo ci sia un attore che abbia tanta esperienza alle spalle.
Sì questo è vero. Ho fatto 240 film. Ho partecipato a filmografie differenti di vari Paesi. Ho fatto film con oltre 30 nazionalità differenti.
Quale sarà il suo prossimo film?
Ho appena finito, come attore ma anche come cooproduttore, un piccolo film di qualità, una storia d’amore tra due anziani. La mia partner è Anna Galiena che è una brava attrice. Ho appena finito di girare anche in Irlanda con Russell Crowe il film “L’esorcista del papa”. Mi sono divertito a fare il papa.
Ha lavorato di recente anche con il regista Paolo Consorti.
Abbiamo fatto a Cuba “Havana Kirie”, è un bel film, divertente. E dovrei tornare a lavorare a Cuba, lo spero, per girare “Black beans and rice”, fagioli neri e riso, un viaggio di un padre e un figlio che non si conoscono, un road movie.
Passando al gossip ha tenuto banco la sua storia con Vanessa Redgrave. A che punto siete?
E’ sempre mia moglie.
Questa è una notizia: Franco Nero non è single. Sa, adesso hanno spostato l’età della vecchiaia…
Mi danno massimo 60 anni. Si vede che ho dei buoni geni.
Sì infatti, pugliesi.
Graziarosa Villani
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