FOCUS SULLA CARDIOMIOPATIA DILATATIVA

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A cura del Dottor Professor Aldo Ercoli

Dottor Professor
Aldo Ercoli

La cardiomiopatia dilatativa (DMC Dilated Cardio Myopathy) è dovuta ad una dilatazione cardiaca che compromette la funzione sistolica (gettata cardiaca) di uno o di entrambi i ventricoli. Rientra nel gruppo delle cardiomiopatie che colpiscono il muscolo cardiaco assieme a quelle ipertrofiche e restrittive.

Quella dilatativa è la più comune delle tre. E’ come detto, caratterizzata da patologie pertinenti soprattutto il ventricolo sinistro, che si presenta dilatato tanto da non riuscire a pompare con efficacia il sangue nel resto del corpo e conseguente riduzione della frazione di eiezione.

Quali sono le cause della cardiomiopatia dilatativa? Vanno distinte le patologie familiari (genetiche) da quelle non familiari. Mutazioni genetiche note o sconosciute. Miocarditi virali o non virali, miocarditi autoimmuni. Poi vi sono quelle iatrogene (da farmaci o alcoliche); quelle a deficit nutrizionali (di tiamina-beri-beri, vitamina C – scorbuto, di selenio); quelle endocrine (diabete mellito, sia l’iper che ipotiroidismo, il feocromocitoma, l’acromegalia); quelle più rare, della gravidanza peripartum oppure indotto da una tachicardia prolungata.

Né vanno dimenticate le forme autoimmuni, quali l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico (les), la dermatomiosite, sarcoidosi, emocromatosi. Circa il 25% di questa severa malattia cardiaca (DMC) è familiare, dovuta a mutazioni genetiche. La modalità di trasmissione è tipicamente autosomica dominante (Y. Stehlin, I.J Benjamin Cecil essentials of Medican-2012, prima edizione italiana). Negli oltre 75% dei casi si ritiene che la maggior parte sia secondaria soprattutto ad una miocardite virale acuta ma anche le forme autoimmuni oppure tossiche (antracicline, agenti chemioterapici sovente utilizzati per curare neoplasie ematologiche) sono responsabili di danni al muscolo cardiaco dipendenti dalla dose. Gli etilisti cronici, vanno incontro a questa malattia.

La cardiomiopatia indotta da tachicardia (alta frequenza) prolungata (sia essa sopraventricolare che ventricolare) porta ad alterazioni strutturali che compromettono la funzionalità cardiaca. Per fortuna, nella maggior parte dei casi, regrediscono quando il ritmo cardiaco ritorna normale.

Quali sono i sintomi della malattia? Lo scompenso cardiaco, con facile affaticamento, astenia, edemi declivi, dispnea. In altri casi vi è un’aritmia o un embolia polmonare. Non dobbiamo però dimenticarci che la patologia cardiaca può essere un decorso graduale, silenzioso, tanto che molti pazienti non presentano sintomi per periodi prolungati di tempo. L’Ecocardiogramma è l’unico strumento utile per la diagnosi, documentando sia le dimensioni delle cavità cardiache che quelle funzionali dei ventricoli (frazione di eiezione F.E.).

Nei pazienti sintomatici anche una semplice radiografia del torace può essere molto utile: cardiomegalia (aumento delle dimensioni del cuore) congestione venosa polmonare, versamenti pleurici. L’elettrocardiogramma può evidenziare solitamente delle anomalie aspecifiche della ripolarizzazione ventricolare (del segmento ST e dell’onda T). Prima di tutto viene una visita medica accurata: la tachicardia (aumento della frequenza cardiaca) è spesso associata ad una riduzione della pressione arteriosa differenziale (ossia una riduzione tra la massima e la minima), ma anche ad un aumento degli atti respiratori (tachicardia) o del volume delle vene giugulari.

Ancora più precisa è la visita cardiologica che mette in evidenza un apice (la punta) cardiaca spostata lateralmente a sinistra. La dilatazione ventricolare porta poi ad uno sfiancamento delle valvole (anulus in particolare) mitraliche o tricuspidali; con ascoltazione di soffi tipici (sistolici) dell’insufficienza mitralica e tricuspidale. Frequente anche un ritmo di galoppo S3. I crepitii alle basi polmonari stanno ad indicare un edema polmonare. Versamenti pleurici, l’ascite, edemi degli arti inferiori sono tutti segnali di uno scompenso cardiocircolatorio. Siamo in una, fase molta avanzata della patologia.

Vi è una terapia? Quella chirurgica (trapianto cardiaco) viene effettuata solo prima dei 60 anni. La terapia farmacologica si avvale di ace-inibitori e betabloccanti (Carvedilolo, Bisoprololo); di diuretici (Furosemide quai il lasix) e antialdosteronici (spironolattone) se vi sono sintomi o segni di congestione. In certi casi è utile anche la digitale (scompenso cardiaco con tachicardia). Basilare e il riposo assoluto con controllo dell’introduzione di liquidi e del peso corporeo.