In questo articolo parlo del ruolo fondamentale che ha il genitore nella vita presente e futura del proprio figlio; il genitore, infatti, è un modello per il figlio, sia nella ricerca e costruzione della relazione con il partner, sia come futuro genitore.
È necessario premettere che, al di fuori di patologie o comportamenti disfunzionali o devianti, il genitore adeguato è “il genitore sufficientemente buono” ossia una persona né completamente perfetta né completamente imperfetta ma che cerca di fare del suo meglio per crescere il proprio figlio con gli strumenti che ha.
Un genitore insegna al proprio figlio, fin dai primissimi momenti di vita, come relazionarsi con gli altri, come e se dimostrare le proprie necessità o desideri e come reagire ai suoi comportamenti e a quelli degli altri. Il genitore viene considerato dal figlio un’autorità, per cui quello che fa mamma o papà è verità indiscutibile (almeno fino all’adolescenza). Il figlio, assorbe e fa sue, sia le esperienze che ha con i genitori, sia come i genitori interagiscono tra loro.
Nel momento in cui emergono dei comportamenti inadeguati o patologici in uno dei due genitori o nella coppia genitoriale, il figlio ha la tendenza di cambiare se stesso e i genitori, per evitare i comportamenti che gli fanno paura, senza trovare una soluzione (perché non ha gli strumenti) e provare conseguenti sensi di inadeguatezza e di colpa.
Quando nel percorso terapeutico emerge questa tematica, è arrivato il momento di riequilibrare i ruoli. Il figlio è il figlio e il genitore è il genitore. Il figlio non può essere genitore del proprio genitore (se non in età adulta e quando il genitore presenta patologie invalidanti); inoltre, i comportamenti patologici che il genitore ha con il figlio sono costruiti dal genitore stesso e, spesso, sono presenti anche nelle altre relazioni.
Il focus dell’origine del malessere portato dal figlio, così, passa dal figlio al genitore, come costruttore di relazioni disfunzionali. Di conseguenza il figlio viene sollevato dalla responsabilità dei malesseri e dei malumori del genitore e dà a quest’ultimo la vera responsabilità. Faccio un esempio.
Un ragazzo, A., figlio di un alcolista: il ragazzo vive con il padre una relaziona cosiddetta “on-off”, caratterizzata da momenti di intensa complicità (on) alternati a momenti in cui il padre lo svaluta (off); A. riferisce di volerlo aiutare e di provare forti sensi di colpa per non riuscirci (è il figlio, non ha gli strumenti). A. pone in secondo piano i momenti di sofferenza, di svalutazione quando “viene incolpato di tutto” e vive in attesa dei momenti di complicità, di forte intesa. Cosa fare? È fondamentale che A. acquisisca i seguenti concetti: 1- una persona con dipendenza da sostanze o da gioco viene aiutato, su sua richiesta, solo da esperti del settore; 2- l’interruttore della relazione “on-off” è in mano solo al genitore e non al figlio, perché il figlio ha solo obbedito e si è adattato alla relazione costruita dal genitore, subendola; 3- riflettere sulle relazioni amicali: quali relazioni ha instaurato A. con il gruppo di amici?; 4- A. riferisce di sentirsi spesso fuori posto, sbagliato, inadeguato: (in questo momento terapeutico) tutto ciò rientra nel suo processo di crescita.
P.S.: nel percorso terapeutico è importante far fare delle esperienze relazionali diverse, considerate strane perché fuori dalla loro normalità (on-off).