Ferrovie, la “novità” dell’inverno è l’obbligo di telefono cellulare per acquistare un biglietto a lunga percorrenza

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 Da alcune settimane per viaggiare su un treno a lunga percorrenza è de facto obbligatorio avere un cellulare e fornire il numero al “vettore” Trenitalia. Se non si cedono i propri dati, non è possibile acquistare il biglietto.

Spostarsi liberamente sul territorio nazionale è un un diritto costituzionalmente riconosciuto. Da oggi è possibile farlo solo a patto di circolare con uno smartphone?

di Andrea Macciò

Nell’ordinamento giuridico italiano esiste come è noto una gerarchia delle fonti, fondata sul principio fondamentale che una norma subordinata non può contenere disposizioni in contrasto con norme di rango superiore.
La gerarchia delle fonti del diritto italiano in teoria è la seguente: Costituzione, leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale; norme comunitarie; leggi formali e sostanziali; leggi regionali; regolamenti; usi e consuetudini.
Dal 2020 in poi nella prassi quotidiana la gerarchia delle fonti sembra sia di fatto saltata, anzi sembra che la piramide sia stata rovesciata.
In testa alla gerarchia nella prassi sembravano essere balzati i Dpcm di Giuseppe Conte, le “FAQ” dell’autocertificazione quotidiana, le “calde raccomandazioni” emanate tramite circolare lasciando ad esempio massima discrezionalità ai direttori sanitari se applicare o meno localmente “misure” che in teoria dovrebbero essere o scomparse assieme allo stato di emergenza, o nuovamente imposte con una legge formale che le rendesse permanenti decaduto il pretesto emergenziale.
“Niente sarà più come prima” si diceva nel marzo 2020 “gli italiani dovranno adattarsi a una nuova normalità” e queste profezie si sono esattamente avverate. Scomparso (almeno per ora, visto che i media nazionali iniziano a parlare di “misterioso virus del Congo” esattamente come nel 2019 parlavano di “misterioso virus della Cina”) il pretesto sanitario, consumato il divorzio tra Conte e Grillo, i due leader del partito che ha importato il lockdown in Italia, l’emergenza è stata normalizzata dal governo di larghe intese guidato da Draghi e dal governo di centrodestra guidato da Meloni, e alcune “misure” sono sopravvissute allo stato di emergenza.
In ambito sanitario, è rimasto l’obbligo di appuntamento dal medico di famiglia e di mascherina in alcuni reparti ospedalieri, ovviamente il tutto basato su fonti subordinate.
Un altro settore nel quale “la nuova normalità” sta procedendo a velocità superiore alle “Frecce” perennemente in ritardo per “lavori di potenziamento infrastrutturale” “guasti temporanei agli impianti di circolazione” “persone non autorizzate nei pressi dei binari “investimento di un animale” (tutte sfortunate coincidenze, a parte i lavori che hanno una motivazione nei finanziamenti del Pnrr voluto dal governo Conte bis, diventate molto più frequenti rispetto a qualche anno fa) è quello del trasporto ferroviario.
Nel 2020 con il pretesto dell’emergenza e di far rispettare “il distanziamento sociale” è stata introdotto da quasi tutte le regioni l’obbligo di prenotazione anche su quasi tutti i treni regionali.
In sei anni si è passati dal biglietto da obliterare valido per due mesi a quello valido solo per il giorno in cui si viaggia a quello “valido solo per il giorno e il treno indicato”.
Di fatto, scomparso il pretesto sanitario, quello che è stato fatto è adeguare il regolamento del biglietto cartaceo a quello del biglietto digitale, in modo da scoraggiare l’acquisto del primo.
Sempre dal 2020, il viaggiatore è obbligato prima di acquistare un biglietto ad “accettare le condizioni di trasporto del vettore”.
Nel 2021, ad esempio, un viaggiatore sprovvisto di green pass comprando il biglietto avrebbe perso le possibilità di contestare direttamente al personale addetto alla controlleria tale obbligo, avendolo di fatto accettato.
Nel giugno 2020 è stata anche introdotta la possibilità per il viaggiatore di fare il “self check in” per i treni a lunga percorrenza con prenotazione obbligatoria del posto, con la motivazione di ridurre il contatto diretto tra personale e viaggiatori.
La fonte scritta è un comunicato stampa del 24 giugno 2020, e in ogni caso il “self check in” era impossibile per chi acquistava un biglietto cartaceo e facoltativo per chi acquistava un biglietto elettronico.
E, sempre guardando le condizioni di trasporto sui treni a lunga percorrenza, resta facoltativo anche oggi.
Nell’agosto 2023 l’obbligo di self check-in era stato introdotto per i biglietti digitali regionali (in quanto validi per le quattro ore successive all’orario indicato al momento dell’acquisto) per poi essere cancellato nel settembre 2024 sostituito dalla validazione automatica all’ora di partenza. Nulla invece era cambiato per i biglietti cartacei.
Un’altra novità nata durante l’emergenza sanitaria è quella del biglietto nominativo obbligatorio sui treni a lunga percorrenza: Intercity, Intercity notte, Frecciabianca, Frecciargento, Frecciarossa, mentre ad esempio per gli Eurocity diretti in Svizzera è obbligatorio solo per le tratte nazionali.
La “misura” nasce nel 2020 per favorire il cosiddetto tracciamento legato all’uso dell’App Immuni (poi naufragata) in sostanza il viaggiatore venuto a contatto con un “positivo” sarebbe stato avvisato e “obbligato” o forse “caldamente consigliato” a mettersi in regime di isolamento domiciliare per il periodo previsto dalla normativa vigente. All’obbligo di biglietto nominativo, si aggiungeva la facoltà di fornire il proprio numero di cellulare per essere contattati.
Finita l’emergenza, la “misura” è stata re-brandizzata e magicamente il tracciamento sanitario è diventato “smart caring”: il numero di cellulare veniva richiesto, spesso in maniera insistente, dagli addetti o addette alla biglietteria e presentato come un favore al cliente, che sarebbe stato avvisato in tempo reale dell’andamento del treno o di eventuali variazioni. Alle macchine self era possibile procedere all’acquisto senza “comunicare i dati di contatto”.
A novembre 2024 i media nazionali hanno scoperto una prassi nota da tempo a chi viaggia sui treni a lunga percorrenza, i cui biglietti sono spesso acquistati in anticipo, a volte con offerte non modificabili: quella di modificare l’orario del treno in corso d’opera a causa dei “lavori di potenziamento infrastrutturale”.
Su quasi tutte le testate nazionali e locali è uscita (come se non fosse mai successo) la notizia del Frecciargento Roma-Genova “partito in anticipo per non arrivare in ritardo”. In realtà l’orario era stato reso noto alcuni giorni prima perché a causa della chiusura della direttissima per lavori tra Settebagni e Roma Tiburtina i treni percorrevano la linea tradizionale, ed era possibile informarsi sull’apposito canale che riporta le modifiche alla circolazione.
Di fatto, la responsabilità dei disservizi da molti (anche nei commenti sui social agli articoli) è stata addossata ai cittadini che si rifiutavano di fornire dati personali non obbligatori come il numero di cellulare.
La novità è che da alcune settimane per viaggiare su un treno a lunga percorrenza è obbligatorio avere un telefono cellulare e fornire il numero al “vettore” Trenitalia, anche acquistando biglietti cartacei.
Se non si cedono i propri dati, non è possibile acquistare il biglietto. Il sistema operativo non va avanti, né alla biglietteria, né alle macchine self. Gli addetti alla biglietteria da me interpellati hanno sostenuto che l’obbligo è “a tutela del cliente” e di fatto non sanno dare nessuna informazione sulla fonte di questo nuovo obbligo.
In effetti, non risulta nessuna norma nazionale, neanche un Dpcm, e nessun regolamento relativo all’acquisto dei biglietti nominativi che riporti questo obbligo, c’è solo quello di avere un documento d’identità valido da associare al biglietto.
Siamo di fronte, quindi, a un nuovo obbligo senza fonte scritta imposto ovviamente “per il nostro bene”.
È davvero curioso che una persona sia obbligata ad “autotutelarsi” da eventuali disservizi fornendo dati personali del cui utilizzo in realtà non sappiamo assolutamente nulla. Sono comunicati a terzi? Sono comunicati alle questure, come quelli dei clienti degli alberghi? Potranno essere di nuovo utilizzati per il “tracciamento”?
È solo un numero di cellulare, obbietta qualcuno. Lo hanno tutti, il supermercato, l’erboristeria, la farmacia, la profumeria, la palestra, la piscina.

Peccato che ci sia una differenza: in questi casi l’acquisto del prodotto va avanti anche senza la “tessera fedeltà” e sempre in questi casi non siamo di fronte a un diritto fondamentale costituzionalmente riconosciuto, quello di spostarsi liberamente sul territorio nazionale.

Da oggi è possibile farlo solo a patto di circolare con uno smartphone, o quantomeno con un “feature phone” ovvero un cellulare analogico?
O in automobile. Ma, a parte che non è obbligatorio possederla, in numerose città esiste un sistema di varchi elettronici che controlla l’accesso dei veicoli considerati più inquinanti alle città.
In ogni caso il nuovo obbligo “fantasma” del sistema di vendita ferroviario dal punto di vista formale è ben oltre il 2020-2021.
Non esiste infatti più la fonte scritta, in testa alla gerarchia delle fonti l’algoritmo del software ha sostituito anche le circolari, i regolamenti aziendali e le calde raccomandazioni.
Non ci si preoccupa neanche più di creare un frame formale ai nuovi obblighi.
Il “sistema” che ci governa non è un sistema politico, ma un sistema operativo, che siedano al potere destra, sinistra o centro non cambia nulla, se non la retorica.
I pochissimi addetti umani rimasti a svolgere queste operazioni non possono che adattarsi al sistema operativo del software, e non sono in grado di fornire nessuna motivazione di questa novità.
Negli ultimi due anni stiamo assistendo anche all’obbligo di prenotazione on line (e spesso anche di pagamento) per accedere a luoghi pubblici. L’ultimo della lista è la Fontana di Trevi, ma ci sono passi dolomitici, spiagge sedicenti “libere” in Sardegna e Toscana, l’area delle Vasche della Morica a Stifone sul Nera in Umbria (formalmente una proprietà privata, ma accessibile liberamente fino al 2023) e persino alcuni giorni all’anno un’intera città, Venezia.
Ogni giorno perdiamo, ieri in nome dell’emergenza sanitaria, oggi in nome della lotta all’overtourism, della smart caring, della “sicurezza”, dell’ambiente un pezzo dei nostri diritti fondamentali in favore di una gabbia digitale e neanche ce ne accorgiamo.
Il metodo, consolidato nel 2021, è quello della cosiddetta “spinta gentile”. All’inizio un comportamento considerato “virtuoso” viene incentivato con premi e vantaggi, ma progressivamente la spinta diviene sempre meno gentile e chi non si adegua alla fine viene obbligato de facto, a meno di non rinunciare totalmente a una vita normale.
Nel 2021 non si poteva salire su un treno a lunga percorrenza con la temperatura a 37,6, magari a causa di un ascesso dentale.
Nel 2024 non si può salire su un treno a lunga percorrenza senza un telefono cellulare.
Se qualcuno volesse partire per una settimana di vacanza lasciando il telefono a casa, potrebbe farlo? A quanto pare, no.
Se esistesse una fonte scritta dell’obbligo di telefono cellulare per viaggiare in treno, fosse anche un comunicato stampa, sarebbe interessante che il Ministero dei Trasporti o l’ufficio stampa di Trenitalia ce la rendessero nota.
Senza norma è persino impossibile ricorrere legalmente.
Oggi il biglietto, domani qualcos’altro, magari in un altro settore.
È questa la nuova normalità che vogliamo?
Fonti e riferimenti: