di Felicia Caggianelli
E’ uno degli chef più amati dal pubblico televisivo. La sua costante ricerca di innovazione, nel rispetto della tradizione, lo hanno reso un volto familiare sugli schermi di Alice Tv ed altre emittenti digitali e satellitari. Sarebbe sufficiente leggere il lungo elenco di riconoscimenti ottenuti in carriera, come il Premio per la cucina etica, Maestro di Cucina ad Honorem, Premio Caterina de’ Medici, per la sezione gastronomia, Premio alla Letteratura Gastronomica Maria Gallaccio, Stella della Ristorazione, Premio Internazionale alla Cultura “La Cypraea”, per evidenziare lo spessore dello chef Fabio Campoli (nella foto col nostro vice direttore Felicia Caggianelli all’evento Officine dei sapori).
Oltre a svolgere con passione l’attività di chef, è docente presso l’Università Popolare Ippocratea, l’Accademia del Pepe Verde, la Scuola Alberghiera di Marino ed è anche responsabile di diversi corsi di cucina patrocinati dalla provincia di Roma e dalla Regione Lazio. Dopo numerose partecipazioni in diverse trasmissioni televisive sui canali Rai, tra cui Uno Mattina Estate, La Vecchia Fattoria, La Prova del Cuoco e Check-up, è approdato nella trasmissione A casa di Alice. Uno chef amato da coloro che vogliono approfondire la conoscenza di nuove ricette e moderne tecniche gastronomiche e non sono solo attratti da piatti che volano, pacche sulle spalle e pietanze preparate al suono della musica. Lo abbiamo incontrato al palazzo dei congressi di Roma in occasione della manifestazione “Officine dei sapori” di cui Fabio Campoli era direttore tecnico ed artistico. Non potevamo non iniziare con una domanda sul fatto che la cucina è diventata un prodotto televisivo con un vasto seguito di pubblico. Come giudica i tanti programmi di cucina, reality e show coking che impazzano sul piccolo schermo e rendono molti chef famosi come attori del cinema?
“La televisione fa bene alla cucina. Ma è ovvio che il comparto sia ormai saturo, non c’è canale che non trasmetta almeno un programma di gastronomia. Sarebbe il caso di operare un netto distinguo tra gli chef che intendono promuovere la cucina per diffondere informazione e cultura, coloro che invece preferiscono trasformare lo show coking in spettacolo leggero ed intrattenimento e gli amatori che si dilettano ai fornelli per passione, pur provenendo da altre esperienze lavorative. Se si comprendono queste differenze l’ondata di programmi sulla gastronomia è positiva, altrimenti si rischia la confusione. In democrazia naturalmente ognuno può esprimersi come desidera, del resto i grandi ascolti confermano che la platea televisiva è attratta dai programmi di cucina”.
Un ruolo importante lo svolge anche il web, sui social imperversa il popolo dei foodblogger. Quale è il suo parere?
“Così come per la televisione, è vero si parla di cibo e di cucina sulla rete, c’è spazio per tutti, foodblogger e critici gastronomici. L’importante è che diano un’informazione di qualità, controllata e verificata. Il rischio che si corre, che è il rischio diffuso del web, è proprio la mancanza di attendibilità. Mi piace parlare e leggere di cucina, soprattutto di una cucina sana, attenta, fatta con coscienza e che utilizza i migliori prodotti, di cui il nostro paese è ricco. Se si rispettano queste semplici regole allora si fa cultura del food anche attraverso il web, altrimenti si crea solo una moda. Come si sa le mode passano. E poi c’è da sottolineare che gli utenti riflettono su ciò che leggono, in quello che comprano e mangiano e sono sicuramente molto più attenti alla qualità”.
In questo scenario di fornelli televisivi a tutto gas quanto conta ancora la tecnica?
“Sono un curioso creativo. Ma per esperienza professionale ritengo che senza lo studio ed una completa preparazione non si possa andare molto lontano. Lo dico sempre ai miei studenti, occorre studiare ogni giorno per scoprire nuove tecniche. La curiosità e la voglia di conoscenza mi inducono al piacere dello studio continuo. Credo che solo in questo modo ciascuno di noi possa crescere ed evolvere, alla scoperta di orizzonti sempre nuovi”.
Nel nostro territorio ci sono molti ragazzi che frequentano la Scuola Alberghiera. Che messaggio lanciamo ai cuochi del futuro?
“Di essere sempre pervasi dalla passione per una delle professioni più belle al mondo. E di avere la fortuna, come è capitato in passato a me, di incontrare insegnanti che trasmettano il seme dell’amore per la cucina legata ad una elevata professionalità”.
Ci sono maestri di cucina a cui si è ispirato all’inizio della sua carriera?
“Durante i miei studi ne ho conosciuti tanti e tutti importanti se relazionati alle diverse tappe di formazione, grazie a cui ho imparato come vivere la cucina e in cucina. Fra tutti amo sempre ricordare Angelo Cesco”.