LA COMICITA’ DER ROSCETTO DE LI MONTI
Il 29 giugno dell’anno 1936, a Roma, muore il grande artista Ettore Petrolini, costretto a letto da un’angina pectoris, che tuttavia non lo priva della voglia di scherzare e di vivere, tant’è che con il suo ultimo respiro sbeffeggia la morte, così come ha sbeffeggiato la vita e la società in cui viveva: “Che vergogna morire a 50 anni!”.
Nato a Roma il 12 gennaio del 1884, in via Giulia, da papà Luigi, fabbro, e da mamma Anna Maria Antonelli, che si dedica alla famiglia e alla cura della casa. Estremamente vivace, il piccolo Ettore cresce tra le vie di Roma, con la sua incontenibile esuberanza, che lo porta a continui litigi con i compagni e a un prorompente desiderio di stare sempre al centro della scena, tutti gli occhi devono essere puntati su di lui. Dopo qualche tempo, la famiglia si trasferisce in via Baccina, che il futuro attore riempie con le sue innumerevoli favole e storie inventate. In seguito a un brutto incidente, che vede coinvolto un suo compagno, rimasto gravemente ferito alla testa e ricoverato in ospedale, l’incontenibile Ettore viene subito spedito in un Riformatorio a Bosco Marengo (Alessandria). Il Centro di Correzione conosce presto il ribelle carattere del ragazzo, che di certo non lo aiuta a scontare prima la sua punizione. Il tempo viene scandito dall’alternanza di una dura prigionia e di qualche dolce momento di “evasione”, che consiste in piccole recite organizzate, che, insieme al suo carattere istrionico, lo indirizzano su ciò che sarà il suo lavoro e la passione della vita, il teatro. All’epoca era molto famoso il numero comico della macchietta: all’interno del teatro di prosa e varietà è un tipo definito da una forte connotazione comica, caricaturale o satirica, in cui i copioni si cantano e si recitano allo stesso tempo, all’interno di baracconi improvvisati. Proprio ricoprendo questo ruolo interpreta un personaggio (anticipazione di quello che sarà uno dei suoi personaggi più famosi “Gastone”) conosciuto come “il bell’Arturo”, interpretato a Piazza dei Cinquecento, presso il famoso Gambrinus.
Molto giovane si esibisce nel Teatro Jovinelli (via Guglielmo Pepe, Roma; realizzato in stile Liberty), simbolo del teatro comico, nato per volontà di Giuseppe Jovinelli nel 1909, insieme a Ines Colapietro, primo amore di Petrolini, conosciuta quando lei aveva 15 anni e lui 19, presso il Caffè Gambrinus: una coppia artisticamente eccezionale e che riceve molti riconoscimenti, soprattutto dalla critica, ma estremamente instabile da un punto di vista coniugale, dovuto ai numerosi tradimenti da parte dell’attore. Proprio a causa di questo motivo Ines torna in Italia abbandonando la tournée in Sud America, in cui gli spettatori vengono subito conquistati, ricordando le battute del comico: “Questo lo dice Petrolini”.
Un personaggio, tra i tanti che gli fanno guadagnare la celebrità, è lo spassoso Giggi Er Bullo (parodia di un dramma scritto da Gastone Monaldi): “C’è chi dice ch’io so’ un prepotente perché so’ un bullo dar gaiardo e bello, ma nun m’importa, nun me serve gnente […]. So’ ammonito e sorveiato…mbè’ che c’è de male […]”; per non parlare di Nerone, interpretato accanto alla moglie Elma Crimer (che conosce in Messico e sposa in assoluta segretezza, e altrettanto segretamente la sottrae alla sua famiglia di origine), Fortunello, Pulcinella e moltissimi altri, creando già da ragazzo un repertorio molto ricco. La sua prima caratteristica è nelle famose pause petroliniane, lunghissime, durante le quali comunica con le sue espressioni, tuttavia la sua grande abilità risiede nel creare una comicità al tempo stesso popolare e nobile, anticipando i tempi sotto molti aspetti: i maggiori esponenti del Futurismo, come Marinetti e Bragaglia, che sognano un teatro che rispecchi i nuovi tempi (con rombi e suoni della frenetica vita moderna), notano Petrolini che realizza in scena quelle che per loro sono ancora solamente teorie. I loro spettacoli si concludono sempre con il lancio dei pomodori da parte del pubblico, che solo grazie a Petrolini e Totò comincia ad accettare e apprezzare questa tipologia nuova di teatro. Come anticipato, emblematico è il personaggio di Gastone: immagine dell’uomo del Dopoguerra, che disprezza ogni nobile sentimento. “Bello non ho niente nel cervello”, con questi versi, interpreta il personaggio del viveur banale e insignificante, criticandolo per mezzo di una dura ironia.
Ettore Petrolini è un grande esempio per gli artisti che lo succedono e per la cultura teatrale in generale, come gli attori romani Gigi Proietti e Enrico Montesano, mette in scena parodie di grandi opere della tradizione teatrale e giocando con l’aspetto sgradevolmente altezzoso della lingua italiana, con un moderno approccio, diviene un artista molto avanti per i suoi tempi.
Con la sua pungente satira, interpreta i personaggi nelle loro indoli più basse di meschinità, invidia, stupidità, mostrando una ricerca dei tipi e caratteri migliori per mettere in scena lo sciocco assoluto, la perfetta stupidità. È proprio questo che rivela allo stesso tempo una vivace intelligenza fuori dal comune, condannando il malcostume e l’ipocrisia e divenendo il simbolo del varietà e della satira.
A 84 anni dalla sua scomparsa non ci sentiamo di dare un addio al grande Ettore, al contrario, essendo ancora oggi così viva, il suo lavoro è presente in ogni angolo di Roma, in ogni artista, in ogni battuta che è entrata a far parte del parlare romano quotidiano; pronti a girare l’angolo e a cogliere un altro frammento della sua arte, il nostro dunque è un “a rivederci a presto” al nostro caro e brillante Roscetto de li Monti.