La settimana scorsa mi è capitato di confrontarmi con una mia collega. Dopo averci scambiato delle informazioni e le nostre esperienza cliniche, siamo arrivate alle stesse conclusioni sul lavoro di psicoterapia, pur seguendo degli approcci diversi. In modo molto semplice ci siamo rese conto di alcune paure fondamentali che le persone provano prima di decidere se iniziare o no un percorso psicoterapico. Molto spesso le persone temono di iniziare un percorso di psicoterapia per paura che vengano trovati dei traumi che loro non conoscevano: è importante dire che non necessariamente tutte le persone hanno vissuto dei traumi e, soprattutto, se si ha paura che escano degli eventi traumatici vuol dire che ci sono ma sono seppelliti nell’inconscio. C’è da evidenziare un elemento importante: qualora emergessero degli eventi traumatici oppure eventi il cui racconto dà una serie di connotazioni emotive forti, la loro rievocazione e la loro rielaborazione si verifica in una situazione protetta, il setting, e soprattutto con il rispetto dei tempi, delle difese delle persone. Secondo; spesso le persone che vorrebbero iniziare un percorso di psicoterapia, temono che il percorso sia lunghissimo: è vero che fino a circa 30 anni fa, poche erano le psicoterapie brevi; attualmente anche la psicoanalisi (psicoterapia notoriamente lunga) ha reso i tempi più brevi; con le psicoterapie brevi si possono accorciare i tempi fino ad arrivare alla conclusione dopo massimo a 18 mesi in media (ciò vuol dire che si possono ottenere buoni risultati alle volte in meno tempo, alle volte in più tempo). Un’altra “paura” per iniziare un percorso di psicoterapia, è la dipendenza. Si pensa che le persone diventino dipendenti dallo psicoterapeuta e dal suo parere o consiglio: la psicoterapia ha l’obiettivo di rendere indipendente la persona perché il lavoro verte sulla propria conoscenza approfondita al fine di affrontare gli eventi della vita avendo a disposizione un ventaglio di capacità e di risorse maggiori, nonché modalità comunicative alternative. Si teme, inoltre, che nel percorso di psicoterapia si debba piangere per il dolore: può capitare ma non è un passaggio obbligato; il pianto può avere vari significati tra cui commozione, espressione di rabbia, dolore, gioia, ecc. Si pensa, anche, che la psicoterapia cambi le persone in modo radicale: come se una persona con i capelli castani uscisse dalla stanza dello psicoterapeuta con i capelli rosa. Non succede così e se succede è perché la persona vuole diventare con i capelli rosa. Magari la persona, oltre ad avere una gamma più ampia di risorse, può anche acquisire coraggio per farsi i capelli rosa. Una persona, prima di iniziare il percorso di psicoterapia, mi ha detto esplicitamente di non volere parlare del passato. Non ci sono problemi: non è necessario parlare del passato; prima cosa è importante costruire un rapporto di fiducia (ricordiamoci che lo psicoterapeuta è, seppur un esperto, una persona sconosciuta e ci può piacere oppure no); seconda cosa, è fondamentale rinforzare la persona per poi eventualmente andare nel passato. Non è sempre necessario riprendere il passato in mano. Molto spesso attraverso la psicoterapia le persone riescono ad avere un appoggio adeguato per provare delle esperienze emotive ed interpersonali che “correggono” le precedenti al fine di sostituire i vecchi ricordi negativi con nuovi ricordi positivi. Ciò al fine di comprendere che le esperienze possono dare risultati negativi o positivi e non solo negativi (come successo finora).