Esiste davvero “un mondo al dritto”? Una critica dell’ideologia buonsensista del Generale Vannacci

0
878

Il mondo sognato da Vannacci è una una sorta di dittatura “democratica” della maggioranza nel quale tutti stanno nel posto loro assegnato dai presunti normali. 

di Andrea Macciò

“La rivoluzione del buonsenso” era lo slogan che la “Bestia” lo staff comunicativo di Matteo Salvini, aveva ideato per le elezioni del 2018. Dopo il restyling nazional-conservatore della Lega, Salvini si presentava come il paladino del “mondo al dritto” nella quale ognuno sta buono al proprio posto, tutti hanno “una mamma e un papà”, gli immigrati arrivano in Italia già con contratto di lavoro in tasca, non ci sono manifestazioni di protesta o dissenso.

La retorica del buonsenso ha portato il leader della Lega a sfiorare il 40% nell’estate 2019, quella del suo (almeno apparente, perché in realtà questa azione col senno di poi è stata utile a far gestire le restrizioni covid al governo Conte bis) suicidio politico nella notte di Pescara. Un 40% raggiunto a colpi di post sugli sbarchi, sui “ragazzotti griffati con gli occhiali firmati e lo smartphone” e sull’ostentazione della sua normale mediocrità a colpi di selfie e post sulle uova al tegamino.

La “Bestia” aveva creato il buonsensismo, una retorica certamente di destra, ma che rispetto al “fascismo” storico è priva di visione: si limita a leggere il sentiment del “popolo dei social” specchio deformato della realtà, e poi trasformare tutto questo in un programma politico.

Nell’estate 2023 il buonsensismo è tornato alla ribalta con “Il mondo al contrario” del Generale Roberto Vannacci (forse ci sono dietro gli stessi creativi?).

La tesi fondamentale di questo libro non è per nulla originale, né, come fa notare il suo principale esegeta critico Massimo Arcangeli, rappresenta quella coraggiosa critica al “politicamente corretto” come suggerisce la strategia di marketing veicolata dal suo autore.

Alain de Benoist, nel libro “Populismo” del 2017 sosteneva già che la “lotta- contro tutte- le- discriminazioni è la vera discriminazione” (De Benoist, 2017, trattini presenti nella traduzione italiana) e che esiste una “normalità” non meglio definita, più o meno identificabile con una versione transalpina (o italica nel caso di Vannacci) del famoso WASP, assediata da una serie di minoranze e dalle loro rivendicazioni.

La stessa tesi, molto semplificata, la propone Vannacci: dei “normali” non ben definiti sarebbero assediati dalla dittatura delle minoranze, alleate contro il maschio bianco medio. Una composita coalizione di anormali che secondo Vannacci comprende tutto e il contrario di tutto, dai cosiddetti no vax che pensano che “il vaccino diventi vettore di microchip per controllare in senso orwelliano la nostra esistenza”, che “il Covid non esiste” (Vannacci, 2023) agli ambientalisti di Ultima Generazione e dei movimenti associati, dagli omosessuali, che lo stesso si lamenta al grido di “non si può più dire niente” di non poter etichettare con le colorite espressioni denigratorie vernacolari e non comuni sino a qualche anno fa, dagli animalisti, accusati di preferire la compagnia di cani e gatti al dovere patriottico della riproduzione, a quelli che non credono allo sbarco sulla luna, dagli studenti che manifestano contro il caro affitti, alle femministe, uno dei bersagli principali del generale, che le definisce “moderne fattucchiere” responsabili della distruzione della “famiglia tradizionale”, dai vegani ai “ribaltatori della realtà” che invocano i divorzi” fino a chi “rifiuta lavori malpagati” (Vannacci, 2023).

Una minestra riscaldata, che esporta in Italia la torsione a destra del discorso delle cosiddette “identity politics” americane. Negli Stati Uniti, sono numerosi gli studiosi che hanno ricostruito come oggi l’Alt Right abbia ritorto a proprio favore la deriva vittimista assunta dai movimenti per i diritti civili e sociali, affermando che “il vero discriminato” è il maschio Wasp e che “il vero razzismo è contro di noi”. L’operazione Mondo al Contrario è solo l’esportazione in Italia di questa strategia retorica: nihil sub sole novi.

Nel capitolo sulla famiglia, Vannacci critica in maniera molto radicale tutto il percorso dell’emancipazione femminile del dopoguerra: il generale sembra avere paura delle donne, le  moderne fattucchiere, che al grido di “tremate tremate le streghe son tornate” (che credo, a parte qualche citazione, non si senta più dagli anni settanta) pretenderebbero (e qua manca solo un “oh signora mia dove andremo a finire”) di liberarsi dal “padre padrone e dal marito che le schiavizza condannandole a una sottomessa, antiquata, evoluta ed esecrabile vita domestica”  (Vannacci, 2023) oltre ad aver preteso di distruggere la mitizzata famiglia tradizionale con le conquiste della possibilità di abortire e del divorzio (si, Vannacci è contrario anche a quello).

Il capitolo più discusso è però quello “sul pianeta Lgbt” ed è ormai nota l’invettiva cari omosessuali, non siete normali. Fatevene una ragione, non solo lo dimostra la Natura, che concede agli esseri sani di riprodursi, ma lo dimostra la società, rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo. Quando vi sposate, ostentando la vostra anormalità, la gente si stupisce e cita ad esempio il matrimonio di un “barbuto carabiniere in uniforme” (Vannacci, 2023)

Per Vannacci, come fa notare Arcangeli, gli omosessuali sono anormali non solo perché “invertiti” e contro “natura” per usare alcune delle espressioni che lo stesso generale cita come quelle “che non si possono più dire” ma anche perché una minoranza statistica.

Il gay, come “il mangiatore di cani o di gatti, il vegano, il masochista” è un eccentrico che può essere tollerato purché non “ostenti la sua eccentricità” (Vannacci, 2023). Chi scrive queste parole non è certo un “dissidente” ma (ammesso che non siano una mera strategia di marketing) un cultore della vecchia massima vizi privati pubbliche virtù e del “si fa, ma non si dice”. Più che del ventennio, appare un nostalgico dell’Italietta beghina degli anni Cinquanta, quella delle “dame bianche” e delle invettive contro i pubblici concubini. In un rigurgito di sovranismo linguistico, viene attaccato anche l’uso di una parola inglese al posto degli epiteti vernacolari come ricchione, che il generale considera un prodotto della “nostra bellissima lingua”.

Prima delle feste di Natale mi è capitato di viaggiare su un treno regionale, da Arquata Scrivia ad Alessandria, accanto a due ragazze dirette a Torino vestite da “cosplayer”, secondo la moda nata in Giappone di vestirsi come personaggi di fantasia dei fumetti o del cinema. Ora, secondo il ragionamento buon-sensista di Vannacci, le due cosplayer avrebbero urtato la sensibilità “normalista” della “gggente” la misteriosa entità collettiva che raggruppa tutti i normali, ostentando il loro outfit “anormale” e la loro appartenenza a quella che a tutti gli effetti è una risicatissima minoranza statistica. Lo stesso discorso si potrebbe fare per dei tifosi di una squadra delle serie minori, Lega Pro o LND, diretti allo stadio con i colori della propria formazione. Come minoranza, potrebbero offendere la “maggioranza silenziosa” degli juventini?

Esempi che sembrano paradossali, ma che è utile far a capire la fallacia logica del buonsensismo normalista: la guerra alle minoranze è una “giostra dei criceti” dentro alla quale tutti possono finire, perché appunto visto da vicino nessuno è normale, come disse una volta Franco Basaglia.

Quello che sorprende è l’entusiasmo dei cosiddetti “no vax” e “negazionisti pandemici” per le tesi di Vannacci, visto che di fatto questi sono la prima minoranza che mette alla berlina a pagina uno, paragonandoli a chi non “crede allo sbarco sulla luna” e ai soliti terrapiattisti.  I “no vax” sono stati una minoranza esposta alla gogna pubblica nei lunghi mesi del green pass. Molti di loro pare abbiano dimenticato tutto, e sono pronti a entusiasmarsi per qualsiasi tesi che suoni vagamente reazionaria.

Tornando al capitolo sugli omosessuali, Vannacci cerca di dimostrare l’esistenza di una “lobby gay” che avrebbe di fatto studiato ogni dettaglio per imporre progressivamente una sorta di omosessualità di massa. Il senso di tutto questo, al solito, non viene spiegato. Sta al lettore “unire i puntini”.

Ci sono poi un capitolo dedicato alla Patria, alle tasse, e alcune parti molto corpose dedicate al tema delle politiche ambientali e dell’energia. In questi capitoli, Vannacci esprime alcune tesi condivisibili, come quando critica il sistema della “raccolta differenziata” che si sta trasformando in un meccanismo di controllo sociale, o gli eccessi di un certo ambientalismo radicale che appare talora antropofobico e vicino agli interessi di tutto il complesso economico e industriale che gira attorno alla “transizione ecologica”.

Nel suo libro di “risposta” al generale, Massimo Arcangeli sottolinea l’ambiguità della retorica di Vannacci sul tema della “natura”: se si tratta di disciplinare i comportamenti sessuali e sentimentali secondo un modello unico di “normalità”, il generale fa appello alla necessità di rispettare “la Natura”: peccato che quando si parla di politiche ambientali, la stessa natura divenga qualcosa da sottomettere completamente alla hybris scientifica e economica dell’uomo e al dogma della crescita illimitata. “Per Natura, i deboli devono perire e fare spazio ai forti e ai resistenti”, Vannacci, 2023) afferma inoltre il Generale, per sostenere le sue tesi di darwinismo sociale. Per Vannacci la natura è come il popolo per Ernesto Laclau: un significante vuoto, da piegare alle proprie esigenze politiche e ideologiche. Vannacci è progressista quando si parla di scienza, tecnologia, sfruttamento della natura, e conservatore quando si parla di rapporti sociali e interpersonali.

C’è poi il capitolo sull’immigrazione, nel quale Vannacci inizia chiosando che l’aspetto fisico della pallavolista Paola Egonu non “rappresenta l’italianità che si può scorgere in tutti gli affreschi, i quadri e le statue giunte dagli Etruschi ai giorni nostri”. (Vannacci, 2023).

Peccato che l’Italia sia da millenni terra di immigrazione, dove sono passati popoli provenienti dall’Europa Orientale, dalla Grecia, dall’Europa del Nord e dall’Africa, come i Cartaginesi (tanto che un film del 1998 afferma che gli italiani sono anche “figli di Annibale”, che sicuramente non era bianco).

Il linguista Massimo Arcangeli, nel suo libro “Il generale ha detto anche cose buone. Le finte verità del senso comune” smonta appunto molto bene il modo di argomentare di Vannacci. Arcangeli è un linguista molto critico rispetto al “politicamente corretto” e alla cosiddetta “cancel culture”, come lo è all’uso della schwa, ma nel libro dimostra chiaramente che le tesi di Vannacci non hanno nulla a che fare con questo. Quello di Vannacci, secondo Arcangeli, è un estremismo “comunitario” nel senso che alla parola dava il sociologo Tonnies.  La comunità, a differenza della società, è un gruppo tenuto insieme da legami “forti” e che tende a rigettare ogni diversità: l’esatto contrario dell’idea di una società libera. Le tecniche usate da Vannacci sono le argomentazioni capziose o fallaci, la ridicolizzazione degli avversari come gli ambientalisti appiattendoli su posizioni estreme e minoritarie, l’affiancamento di affermazioni roboanti con lunghe parti del libro dal taglio quasi positivista, piene di numeri e dati, per promuovere l’idea di una comunità chiusa e repressiva con il “maschio bianco normale” alla testa della gerarchia sociale.

Dove dal mio punto di vista Arcangeli sbaglia è nel considerare il libro di Vannacci un pericolo per la libertà e un attacco alla Costituzione contro il quale fare una “nuova resistenza”. Negli ultimi tre anni di attacchi alle libertà personali ne abbiamo visti moltissimi, difficile spaventarsi ora per questo pamphlet che non dice nulla di originale.

Il mondo al contrario sembra un’astuta operazione di marketing basata sulla conoscenza di un fenomeno che è sempre più evidente: una parte della società italiana, che comprende gli elettori e i simpatizzanti della destra e gran parte del cosiddetto “dissenso” (figlio della cultura ultraconservatrice e del populismo grillino) considera buono per reazione pavloviana tutto quello che è considerato cattivo dal Pd. Sembra davvero improbabile che Vannacci e i suoi seguaci progettino qualcosa di simile a una riproposizione del Ventennio: lo stile volutamente provocatorio con il quale è scritto il libro sembra dimostrare che il Generale stesso abbia esagerato per creare l’ennesimo caso mediatico-letterario. Più probabile una sua candidatura nei partiti della destra di governo, anche se per ora lo stesso nega di voler fare politica.

Ma quello che ci dobbiamo chiedere è se davvero esiste una maggioranza silenziosa che considera “anormali” che devono celarsi alla vista delle persone “perbene” i gay (curioso che la lunga dissertazione linguistica “sulle parole per dirlo” escluda totalmente l’omosessualità femminile), che considera non poter dare più del “caghineri” o dell’ “uranista” (Vannacci, 2023) a qualcuno una grave violazione della libertà di espressione, che vorrebbe l’abolizione del divorzio, della legge 194 e il ritorno del diritto di famiglia nel quale la donna era sottomessa al marito dal punto di vista giuridico, quello che tecnicamente era davvero un “patriarcato”?

In un paese nel quale moltissimi italiani ha uno o più animali domestici, esiste davvero una “maggioranza silenziosa” che considera “anormale” possedere un cane o un gatto?

La mia impressione è molto diversa. La “maggioranza silenziosa” evocata da Vannacci è in realtà una delle minoranze rumorose dei social, come quella uguale e contraria degli estremisti dell’inclusività e del politicamente corretto. Come, “in piena pandemia” erano una minoranza rumorosa sia i sostenitori entusiasti delle restrizioni sia i cosiddetti “no vax” e “negazionisti”: la maggioranza silenziosa era sulla riva del fiume ad aspettare di poter riprendere la propria vita normale.

Se guardiamo alla vita reale, appare evidente che anche la maggioranza del target elettorale della destra ha perfettamente accettato la “normalità” sociale dell’omosessualità maschile e femminile, pur restando contraria ai cosiddetti “matrimoni egualitari” e soprattutto l’emancipazione delle donne: la destra post-missina è stata fra l’altro il primo partito a esprimere una donna premier.

Se si prova a parlare con alcune persone che si dichiarano entusiaste sostenitrici di Vannacci, si scopre che in realtà molte il libro non lo hanno letto, ma solo comprato per “appartenenza”, e integrato sentendo le interviste tv nel quale il Generale usa toni molto moderati. Perché avere il libro di Vannacci è oggi un marcatore identitario e politico di “diversità” dal Pd e dai cosiddetti woke. La pluralità di temi trattati fa sì che ne “Il mondo al contrario” ognuno legga quello che vuole, e non tutte le 400 pagine: se io leggo solo il pezzo sulle donne o gli omosessuali, o quello sulla necessità di migliorare la rete ferroviaria, avrò due opinioni molto diverse sul libro.

Il libro interpreta inoltre quello che appare più che altro uno scontro generazionale. Il mondo al contrario mette in evidenza grande differenza di sensibilità su molti temi tra le generazioni più anziane e la cosiddetta Generazione Z, con una cesura ideale che si può collocare intorno al 1975 (Vannacci è nato nel 1968). Per le generazioni più giovani e intermedie, la libertà femminile anche in ambito sessuale e sentimentale, e la normalità “sociale” dell’omosessualità e della bisessualità sono ormai diritti pienamente acquisiti, o meglio questioni sulle quali neanche ci si pone delle domande. In una parte delle generazioni più anziane, serpeggia una nostalgia del mondo “dritto” teorizzato da Vannacci, nostalgia che sembra più esistenziale, di un’età della vita e di un passato idealizzato, che politica.

Per essere più espliciti, è improbabile che ci sia una sola ragazza sotto i trent’anni che condivida la tesi della “dittatura delle minoranze” (basta fare qualche domanda in giro) proprio perché statisticamente farà parte di diverse delle stesse: come riporta appunto Massimo Arcangeli, una ricerca statistica a cura della Fondazione Foresta Onlus sugli studenti dell’ultimo anno di liceo sottolinea come il 30% delle ragazze si dichiara non eterosessuale; molti giovani sono almeno in parte figli di immigrati di seconda o terza generazione, molti sono animalisti, vegetariani, o hanno il gatto o il cane in casa. In ogni caso, tutti, se andiamo a cercare nei dettagli, appartengono a qualche “minoranza” anche i maschi bianchi delle generazioni più anziane, il target politico-letterario che ha apprezzato di più il libro di Vannacci, fosse anche quella dei tifosi di una squadra di Lega Pro o appunto dei possessori di cani o gatti.

“Il mondo dritto” sognato da Vannacci è una una sorta di dittatura “democratica” della maggioranza, la quale impone i suoi modelli di vita e costringe tutte le minoranze (mal) “tollerate” a nascondersi nel privato (quando va bene). Un mondo buonsensista, nel quale tutti stanno nel posto loro assegnato dai presunti normali.

Rischiamo davvero uno scenario politico come questo, come afferma Arcangeli che intravede in questo scenario un possibile nuovo fascismo?

Chi scrive pensa proprio di no, perché le persone reali, non i soggetti digitali social, sanno benissimo di fare parte di almeno una o due delle minoranze messe alla berlina da Vannacci.

E quindi, possiamo concludere che il mondo di oggi non è al contrario, perché “il mondo al dritto” non esiste.

 

Riferimenti bibliografici

Arcangeli Massimo, Il Generale ha scritto anche cose giuste. Le finte verità del senso comune, Bollati Boringhieri, Torino, 2023

De Benoist Alain, Populismo. Oltre la destra e la sinistra, Arianna Editrice, Cesena, 2017

Vannacci Roberto, Il mondo al contrario, Self Publishing prima edizione, 2023