ELISABETH, LA ‘TOMBAROLA’ ANGLOSASSONE

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CERVETERI VISTA CON GLI OCCHI DELLA JOHNSTONE, LA RICCA VIAGGIATRICE INGLESE CHE NELLA PRIMA METÀ DELL’800, OSPITE DELL’ARCIPRETE REGOLINI, VISITÒ LA NECROPOLI DEL SORBO.

di Angelo Alfani

Non sono molte le donne che hanno contribuito al ‘dipanarsi’ del mondo degli Etruschi, di queste Elisabeth Caroline Johnstone, può, a buon diritto, essere considerata una pioniera.

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Nata nel 1801, conobbe nell’inverno del 1828 John Hamilton Gray, rampollo di una ricca famiglia scozzese, proprietaria di miniere di carbone. L’interesse della coppia, ricca, colta e curiosa, per la terra dei Tirreni fu scatenata, come lei stessa racconta, dalla visita all’esibizione di tombe etrusche e di reperti tenutasi in Pall Mall a Londra, organizzata dal collezionista Campanari nel 1837. In pochi giorni i reperti in mostra furono sold out. Fu tale l’impressione da renderli determinati ad organizzare subito il Tour ai Sepolcri di Etruria, titolo del diario di viaggio tenuto dalla stessa Elisabeth.<<Credo che raramente mi sono sentita più felice come quando la nostra carrozza voltò dalla strada principale, a circa sei miglia dopo Monterone, e ci trovammo sulla strada per Cerveteri.

Sebbene non avessimo avuto contrattempi, certamente non raccomanderei questa strada ai veicoli come quelli che usualmente vengono definiti carrozze in Inghilterra, a causa della ripida salita a ridosso del paese, e dei profondi fossati prima di raggiungere la salita stessa” scrive la Johnstone.Del resto l’amico fiorentino Micali, studioso di primissimo piano dei popoli italici, l’aveva avvisata: “Sarà dura per una graziosa signora a causa delle strade e della natura selvaggia. Ma il fascino che quei posti emanano la compenseranno abbondantemente di ogni sacrifico>>.

La lettera di accompagno degli amici romani era indirizzata all’Arciprete Regolini, che li accolse appena fuori dalla canonica, allora accanto al Mascherone. L’entusiasmo dell’Arciprete nel proporsi come guida al tumulo che da poco aveva messo in luce al Sorbo, li convinse a non perdere nemmeno un minuto in paese.

Trascorsero l’intera mattinata in visita ai tumuli, affascinati dagli scavi ed entusiasmati dai racconti sui mirabolanti ritrovamenti. La Jhonstone, saliva e scendeva per i montarozzi, spesso legata con una corda, percorreva dromos illuminato da candele, con tale entusiasmo da permettergli di superare ogni difficoltà.

<<Trovammo che l’arciprete era un abile conversatore e profondo conoscitore della storia della città antica>>. Al ritorno furono indirizzati, per acquisti, alla Boccetta nella casa Calabrese. Essendo il signorotto in giro per affari, furono accolti dalla bella e ospitale moglie “occhi e capelli neri, colorito eburneo” che gli mostrò anelli a forma di serpentelli, spille, collane, finimenti in oro, scarabei, che riempivano diversi vassoi di rame. Le stanze accanto al grande salone, serrate, erano strapiene di vasi, statue, bronzi, sarcofaghi, oggetti di grande prestigio artistico. Oggetti che non avevano destato interesse del Delegato pontificio, che aveva diritto di prelazione, per il costituendo museo Gregoriano. Al centro della grande stanza bracieri scaldavano le ampie stanze. Bambini, anziane, gente della servitù seduti in cerchio, indifferenti, continuavano le loro faccende ed i loro giochi. Fecero acquisti interessanti. Visitarono altre due case di ‘tombaroli’, ma erano assenti.

Racconta che nel ritornare in canonica, gli si avvicinarono alcuni paesani che gli mostrarono magnifici oggetti in oro: collane e braccialetti finemente lavorati.<<Basta. Non possiamo comprare tutto!>> esclamò John Gray.

Erano circa le tredici quando i nostri viaggiatori, affaticati e frastornati dalla ricchezza esibita, cercarono di licenziarsi dall’Arciprete per pranzare con le vivande portate dalla capitale. Con loro grande sorpresa un inaspettato e non premeditato invito gli pervenne dal prete Cattolico Romano, al quale avevamo già causato così tanto disturbo, per lui che vive solo, che digiuna due volte a settimana, e che, al suo risveglio la mattina, non si aspetta certamente che il suo tempo sia occupato, e la sua cucina svuotata, da un gruppo di affamati e curiosi forestieri>>.

<<Ordinò che si preparasse un pasto caldo. Per non dilungarmi troppo posso solo dirvi che consistette, come i pranzi italiani che per nulla assomigliano a quelli inglesi, in cinque portate, con preludio di alici e olive, ed un finale di biscotti e frutta. Una minestra, poi il lesso, un arrosto, un umido, ed una frittata. Facemmo due passi nel giardino adiacente la canonica dove campeggiava un enorme vaso per il vino appena portato da una tomba>>.

Così termina il racconto. Non essendoci albergo a Cerveteri fummo costretti a recarci altrove. Il miglior periodo per avventurarsi in queste zone, è nel mese di ottobre, quando la malaria non colpisce, ed i giorni non sono né corti né lunghi. Consiglio ai futuri viaggiatori di prendere torce e candele>>.