di Giovanni Zucconi
Non amo particolarmente i musical, ma Spamalot è un piccolo capolavoro di ironia e di divertimento.
Per chi ama la comicità intelligente e surreale dei Monty Python, è uno spettacolo da non perdere. E’ tratto dal film “Monty Python e il Sacro Graal”, realizzato nel 1975 dal grande gruppo comico inglese. Da questo film fu realizzato, già nel 2004, un musical che ebbe un grande successo, e vinse numerosi premi. Come mai, solo oggi possiamo vederlo nei teatri italiani? Perché così come non è facile proporre un film di Totò agli Anglosassoni, così non è facile tradurre, e rendere godibile, la comicità surreale e dissacrante dei Monty Python per pubblico italiano. Le loro opere sono piene di riferimenti al mondo anglosassone e di battute spesso intraducibili nella nostra lingua. Per esempio, in Spamalot, c’è una lunga scena cantata che fa riferimento ad una questione credo poco comprensibile a noi Italiani. Ci si “lamenta” del fatto che sia impossibile fare uno spettacolo a Broadway se nel cast non ci sono anche attori ebrei. Ma la sfida della realizzazione della versione italiana di Spamalot è stata vinta da Rocco Tanica, uno degli “Elio e le Storie tese”, che è riuscito a portare in teatro un musical divertentissimo. Uno spettacolo dove Elio è solo la punta di diamante di un cast di artisti bravissimi, senza eccezioni. Uno spettacolo godibilissimo, assolutamente da vedere. Prima dello spettacolo, noi de L’Ortica abbiamo avuto il privilegio, insieme a due reti della RAI e al canale video de Il Messaggero, di stare sul palco del teatro Brancaccio, dove Elio ha risposto alle domande dei giornalisti.
Elio, dopo “l’Arrivedorci” dal palco di Sanremo, sei qui a Roma per Spamalot, un musical dalla comicità surreale. Come sei stato coinvolto, e cosa ti piace di questo progetto?
“Sono stato coinvolto perché mi è stato chiesto, dal patron del Teatro Nuovo di Milano, se mi interessava prendere parte al progetto di portare in Italia il musical dei Monty Python. Io ho accettato immediatamente perché a me i Monty Python mi sono sempre piaciuti. Mi hanno sempre fatto ridere. Mi piace la loro comicità surreale e assurda, che è anche un po’ quella di Elio e le Storie Tese. Ma subito dopo sono stato travolto da un’ondata di paura, perché mi sono accorto che il compito sarebbe stato tutt’altro che semplice. Per cui ho investito dell’onere della traduzione e dell’adattamento del testo inglese Rocco Tanica, il mio compagno di tantissime avventure disperate ed impossibili. Rocco si è messo d’impegno, e ha fatto un bellissimo adattamento. Abbiamo costituito poi una squadra veramente compatta e unita. Un gruppo che aveva un unico obiettivo: quello di portare sul palco, per la prima volta in Italia, i Monty Python. E devo dire che ce l’abbiamo fatta. Perché, tutti ridono.”
Elio, lei in scena è re Artù. Quale è la trama di Spamalot?
“Parla della saga di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda. Naturalmente tutti i personaggi sono in salsa Python, e quindi cialtroni e assurdi. Per cui io sono un re Artù molto cialtrone, quindi molto simile a me, che raccatta dei personaggi che lo devono aiutare a trovare il Sacro Graal. Alla fine combinano un sacco di guai. E tutto questo, vi assicuro, fa molto ridere. Il mio personaggi non è sicuramente il più comico, ma è quello che tiene insieme tutta l’esile trama e, a modo mio, sono importante.”
Non era facile adattare un testo inglese, impregnato di scene e personaggi surreali, per un pubblico italiano. Ma la vostra sfida è stata vinta
“In effetti noi siamo partiti con l’idea che non sarebbe stato facile fare ridere un pubblico italiano con il senso di umorismo degli inglesi. Ma è stato molto più facile di quello che pensavamo noi e tutti gli altri. Se i Monty Python non erano stati portati in Italia in 40 anni, evidentemente qualche problema serio ci doveva per forza essere. Invece ci siamo accorti che avrebbe funzionato se fossimo rimasti molto attaccati all’originale, cercando di cambiare poco o niente. Siamo dovuti intervenire solo dove c’erano dei giochi di parole intraducibili in italiano. Rimanendo fedeli all’originale ha funzionato. Nel senso che in tutte le città dove siamo già stati hanno sempre riso tutti. Siamo riusciti a fare divertire qualsiasi tipo di pubblico, dagli adolescenti agli anziani. Siamo contenti perché è l’ennesima sfida impossibile vinta.”
Lei è ancora fresco della partecipazione a Sanremo. Come è andato questo addio, secondo lei?
“Anche quella era una sfida impossibile. Non sappiamo ancora se l’abbiamo vinta o l’abbiamo persa. Sicuramente arrivare ultimi era uno degli obiettivi che ci eravamo posti. In questo senso mi sembra che abbiamo vinto. Continuo a pensare che il testo sia molto bello e commovente. Ci sono arrivati messaggi di gente che ci ha detto che si è commossa. Certamente è stata un’esperienza faticosissima, e quindi sono stato particolarmente contenuto di tornare a riunirmi con i miei compagni di avventura di Spamalot.”
Considerando che voi eravate un gruppo comico, non tutti pensano che il vostro sia un vero addio. Ma piuttosto un “Arrivedorci” come avete cantato a Sanremo. Pensate di fare come i Pooh, che dopo l’annuncio sono andati avanti per mesi?
“No. Se facessimo come i Pooh non sarebbe comico, anche se sarebbe sicuramente vantaggioso dal punto di vista economico. No. E’ una scelta che abbiamo fatto. E come tutte le scelte che abbiamo fatto negli anni, è una scelta strana. E’ una scelta che non farebbe nessun altro. Mi correggo. In effetti mi sono informato e ho scoperto che l’ha già fatta Carosone. Che era molto simile a noi. Ma tutte le scelte che abbiamo fatto in questi 30 – 35 anni, se voi ci pensate, sono sempre state assurde. Ma delle quali noi andiamo sempre molto fieri.”
Ci faccia un esempio
“Ne cito una su tutte. Quando abbiamo preso parte al nostro primo Festival, fu sicuramente una scelta strana. Mi ricordo un messaggio di Piero Pelù, che mi implorava di non andare a Sanremo, perché noi eravamo i primi underground che abbattevano quel muro che c’era tra un certo tipo di musica e il Festival. Poi sono arrivati tutti gli altri. Subito dopo aver fatto Sanremo, dove abbiamo trionfato con “la terra dei cachi”, la prima cosa che abbiamo fatto non è stata quella di monetizzare il pezzo, come sarebbe stato normale, ma siamo andati a fare un film con Rocco Siffredi. E’ stata la nostra scelta, controcorrente, di quella volta là”
Non riusciamo ad immaginarla come un pensionato della musica
“Non sarà sicuramente facile come cosa, ma non è che adesso possiamo capire cosa accadrà realmente. Noi ci sciogliamo come gruppo, ma non è che ci sciogliamo come esseri umani. Non è che andiamo in pensione e non faremo più nulla. Anzi, nella nostra testa, lo scioglimento di Elio e le Storie Tese è chiudere una pagina, e aprire un altro libro nuovo e pieno di cose ancora più assurde e controcorrente. Perché fino a quando avremo forze e fiato, vorremmo sempre fare delle cose clamorose. Quindi non andremo in pensione proprio per niente.”