La decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di rivedere i rischi delle radiofrequenze preoccupa gli scienziati dell’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che temono una trappola in favore del 5G.
Mentre il ministero della salute si affida a organismi privati. E snobba la ricerca indipendente dall’industria
di Maurizio Martucci
5G, trame oscure all’orizzonte. “Siamo tutti preoccupati, noi scienziati in prima linea”. Più d’un indiscrezione trapela da Lione. Dalla sede dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) c’è chi teme un vero e proprio colpo di mano per mettere a tacere l’atteso aggiornamento della black list, favorendo così l’avanzata del 5G, a quel punto spacciato come meno pericoloso per umanità ed ecosistema se l’elettrosmog dovesse rimanere nell’attuale Classe 2B (possibile cancerogeno).
Il sospetto, più che fondato, parte da un autorevole gruppo di scienziati riunito in Francia per affrontare la lista della priorità, inserite da mesi le radio frequenze onde non-ionizzanti nell’annunciata riclassificazione degli agenti cancerogeni (periodo 2020-2024). Un balzo in avanti da 2B in Classe 2A (probabile agente cancerogeno), se non perfino in Classe 1 (cancerogeno certo) che fa tremare il 5G. La prova provata, il grimaldello su cui far leva per scoperchiare il vaso di Pandora in difesa della salute pubblica sempre più minacciata dal pericolo invisibile, messa una pietra tombale sull’annosa diatriba dei rischi elettromagnetici nella contrapposizione di studi, strascichi nelle aule di tribunale, tranelli e trucchi nei risultati.
COLPO DI MANO DA PARTE DELL’OMS?
Ma l’inatteso annuncio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) formulato pochi giorni fa in un invito pubblico rivolto in fretta e furia a non meglio precisati team di esperti (hanno avuto tempo 30 giorni, fino al 4 Novembre 2019) per manifestare il proprio interesse ad intraprendere una revisione sistematica sulle pericolosità delle radiofrequenze onde non-ionizzanti, ha però spiazzato tutti. Ridisegnando la trama di un finale tutt’altro che scritto. Lasciando spazio ad inquietanti interpretazioni. Se non altro perché la IARC (dovrebbe occuparsi della ‘riclassificazione cancro’ sulla scorta degli esiti indipendenti del National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini) è un dipartimento dell’OMS, che potrebbe quindi scalzare il riesame già pianificato dalla stessa IARC, avvalorata la revisione sistematica (non si capisce bene affidata a chi, perché poi da elaborare in tempi strettissimi e soprattutto senza budget: cui prodest?). Insomma, tre indizi che, messi in fila indiana, per i ben addentrati formano l’ombra oscura di una prova provata. Un’inquietante strategia pianificata per mistificare l’evidenza: “se anche l’OMS rivaluta i pericoli dei campi elettromagnetici per arrivare alla conclusione che non ci sono evidenze di pericolosità, impedirà alla IARC di procedere con la valutazione prevista. E se passerà, come probabile, un giudizio sull’innocuità delle radiofrequenze, la riclassificazione IARC non verrà fatta…ubi major minor cessat!”
OMS e I LEGAMI CON L’INDUSTRIA
DI TELEFONIA
La preoccupazione nasce da precedenti poco edificanti: in tema di elettrosmog, già in passato l’OMS è stata al centro di feroci critiche e accuse di conflitti d’interessi e legami con l’industria per colpa di alcuni suoi esponenti di spicco, tra questi Michael Repacholi, nel 2002 curatore per l’OMS del progetto sulle radiofrequenze e del manuale “Come stabilire un dialogo sui rischi dei campi elettromagnetici”, tradotto in italiano da Paolo Vecchia (Istituto Superiore di Sanità) e pubblicato dal Consorzio Elettra 2000. Principale attore sulla scena mondiale per quasi 30 anni, Repacholi è ex capo del progetto OMS ed ex capo della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti (ICNIRP, organizzazione privata con sede in Germania che, ostinata a considerare solo gli effetti termici e di picco dell’irradiazione, esclude i danni biologici e sulle cui linee guida si basano gli standard di sicurezza mondiali). Ma secondo una perizia depositata al Tribunale di Monza dal consulente Angelo Gino Levis in una causa di primo grado vinta nel 2019 da un lavoratore ammalatosi di cancro a cui il giudice ha riconosciuto il nesso con l’elettrosmog, per Repacholi “la divulgazione finanziaria non è mai stata una priorità e i dettagli del budget e del finanziamento del Progetto OMS sono stati tenuti molto attentamente. Anche quando l’industria della telefonia mobile ha ammesso che stava fornendo contributi annuali a sei cifre al progetto dell’OMS, Repacholi ha tenuto tutto molto confuso. Le finanze dell’ICNIRP non sono più trasparenti. Repacholi si ritirò dall’OMS nel 2006 e divenne immediatamente un consulente del settore. Alla sua prima uscita è stato accusato di travisare il rapporto ancora inedito a beneficio dei suoi clienti aziendali. In seguito, affermando che voleva “mettere le cose in chiaro”, Repacholi ha rivelato che metà del finanziamento del Progetto dell’OMS era arrivato dall’industria. Prendere denaro da Motorola e dalle associazioni di categoria, tra le altre cose, ha violato le regole dell’OMS. Repacholi trovò una soluzione aggirando i soldi – denigrando – attraverso il Royal Adelaide Hospital in Australia, dove era stato capo scienziato dal 1983 al 1991. L’OMS chiuse gli occhi e incassò gli assegni. L’industria è stata premiata con un posto al tavolo dell’OMS”.
IL MINISTERO DELL’AMBIENTE
e I NEGAZIONISTI IN CONFLITTO D’INTERESSE
Non solo OMS. Perché c’è allerta anche in Italia. Pare che il Ministero della salute abbia in serbo di nominare una commissione di esperti sul 5G, con quali componenti? E per decidere cosa? Ai più rappresentativi medici, biologi, scienziati e ricercatori italiani indipendenti finora non è arrivata alcuna convocazione, nemmeno tra quelli auditi a Montecitorio sui rischi socio-sanitari del 5G, nonostante la cosa sia invece caldeggiata con forza da Asstel, la lobby delle aziende di telecomunicazioni in capo a Confindustria, che da tempo reitera la proposta di istituire una Commissione governativa scientifica permanente.
Di fatto, finora, in tema di limiti soglia e spauracchio d’innalzamento a 61 V/m (per ora pare scongiurato), il 30 Ottobre 2019 c’è stata una riunione presso il Ministero dell’Ambiente a cui hanno preso parte i dicasteri di salute, sviluppo economico (MISE), Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Istituto Superiore di Sanità (nota la sua posizione negazionista rinnovata nel recente controverso Rapporto ISTISAN/19) e la Fondazione Ugo Bordoni. Quest’ultimo, a differenza dei primi, è un’organizzazione privata, già al centro di critiche per i legami con l’industria. Formulati anche alla magistratura.
Scrive infatti Levis (ex cattedra di mutagenesi ambientale, Università di Padova) nella perizia depositata al Tribunale di Monza: “La Fondazione Ugo Bordoni (FUB) è un organismo di consulenza del Ministero delle Comunicazioni a cui, fra l’altro, è assegnata, con le ARPA, la gestione delle campagne di monitoraggio delle emissioni elettromagnetiche in Italia. La FUB ha avuto tra i componenti del suo Consiglio di Amministrazione molti rappresentanti del mondo dell’industria delle telecomunicazioni (Nokia, H3G, Vodafone, Fastweb, Telecom, Tiscali, Wind, Telespazio, Alcatel, Ericsson). Alla direzione delle ricerche della FUB è stato preposto l’Ing. Mario Frullone, anche Presidente del Consorzio Elettra 2000 del cui Comitato Scientifico, già presieduto dal Prof. Gabriele Falciasecca, hanno fatto parte alcuni altri “negazionisti” dei danni alla salute provocati dalle esposizioni a Campi Elettro Magnetici: Prof. Ferdinando Bersani, Dott. Giuseppe Sgorbati, Dott. PaoloVecchia”.
Questi non sono segreti di stato, ma i tasselli di un articolato mosaico su cui poggia la salvaguardia della salute pubblica e la vita di 60 milioni di italiani.