Ecco come fermare la strage degli innocenti sulle strade italiane

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Proviamo ad ipotizzare la soluzione per evitare i continui investimenti di pedoni da parte di automobili e motociclettedi Pietro Zocconali, Presidente naz.le ANS, giornalista professionista

Il 26 novembre u.s., ho partecipato ad un convegno avente per tema “le continue stragi dei pedoni”, a Roma, in una sala della Camera dei Deputati; segue la mia relazione:

Sono profondamente interessato al tema dei lavori, nella mia qualità di sociologo, giornalista ed ex studente di ingegneria; e sono grato al Presidente della “Fondazione Luigi Guccione Onlus”, l’amico Giuseppe Guccione, per l’invito.

Ogni volta che sento di un pedone che viene ucciso da un veicolo a motore penso alla dannosa promiscuità riguardo chi, per spostarsi, adopera le strade: i pedoni, i ciclisti, i motociclisti, gli automobilisti, i guidatori di furgoni, autobus, camion e TIR sempre più enormi, di fuoristrada che proprio per le loro caratteristiche non dovrebbero circolare nelle vie urbane, di SUV, di Hummer, di blindati presi in prestito dalle grandi battaglie e utilizzati per accompagnare i bimbi a scuola, per fare la spesa al mercato, per andare a comprare le sigarette nel bar vicino casa, magari lasciandolo in doppia fila “che tanto faccio in un attimo”.

Le soluzioni al problema sono l’utilizzo di validi luoghi di interscambio, con il divieto ai pedoni di percorrere certe strade e ai motorizzati di circolare in altre.

Le due modalità si incontreranno nei punti di interscambio.

I luoghi di interscambio sono: Il complesso di opere viarie relative a una intersezione a livelli diversi, per consentire lo scambio delle varie tipologie di traffico eliminandone i punti di scontro o conflitto”.

 

Fino al 1769, stiamo quindi parlando di 250 fa circa, le strade erano percorse solo da pedoni, da gente a cavallo, o da carri a trazione animale, e gli incidenti stradali erano veramente irrilevanti. Ma proprio in quell’anno, venne progettato e costruito il “Carro di Cugnot”, un veicolo azionato da un motore a vapore, un vero e proprio mostro semovente. Questa “macchina azionata dal fuoco” procedette lentamente solo per una dozzina di minuti, raggiungendo una punta di velocità stimata inferiore ai 10 Km/h; quella pur brevissima esibizione segnò l’inizio della storia della motorizzazione. L’ing. Cugnot aveva impegnato tutto il suo genio solo per farlo muovere, e non aveva pensato ad altro, ma i problemi non risolti erano: la lentezza della sterzata e i freni non contemplati, infatti si distrusse contro un muro; quel giorno avvenne il primo incidente stradale coinvolgente un veicolo motorizzato, ma era anche l’inizio della dannosa promiscuità tra mezzi di trasporto e pedoni.

Oggi noi tutti qui riuniti siamo pedoni e stiamo cercando di difendere la nostra categoria.

Contro l’attacco indiscriminato degli autoveicoli, per fortuna, ci sono i marciapiedi; sappiamo qual è il significato di marciapiede per il vocabolario della lingua italiana: “Parte della sede stradale riservata al transito dei pedoni, per lo più ai lati della strada e a livello più o meno sopraelevato”.Io direi di cambiargli il nome che, per come viene usato non mi sembra appropriato. Lo chiamerei: parcheggio per motorini e biciclette, pista ciclabile, parcheggio per almeno due ruote di diverse tipologie di automobili; luogo dove i negozianti presentano i loro prodotti da vendere; dove bar, trattorie e pizzerie inseriscono, più o meno legalmente, tavoli e sedie per i loro clienti; per strapparvi un sorriso: luogo dove donne di malaffare pubblicizzano la loro mercanzia.

Abbiamo parlato dell’utilità dei marciapiedi; purtroppo, specialmente nelle periferie, ci sono molte strade senza marciapiedi; nel quartiere dove abito a Roma, Casal Morena, VII Municipio, la maggior parte delle strade ne sono prive. Quando mi trovo a camminare su quelle strade, e un veicolo mi viene incontro penso sempre che, se al guidatore venisse voglia di uccidermi potrebbe farlo tranquillamente senza che io mi possa difendere; meno male che non ho molti nemici! E’ pazzesco ma è così. D’altronde, la cronaca è piena di resoconti di incidenti mortali causati da veicoli che hanno travolto, ai margini della strada, pedoni o ciclisti.

Recentemente sono stato invitato sempre dal dr Giuseppe Guccione, nella sede nazionale dell’ACI di Roma, a relazionare sullo stesso tema. In quella occasione ho parlato della difficoltà da parte di anziani e bambini ad attraversare le strade. Ci sono molte vie, anche in piena città, a scorrimento veloce; i veicoli marciano a velocità sostenute e sono molto pericolosi per chi osa attraversare la strada.

Ma per fortuna ci sono gli attraversamenti pedonali, anche chiamati strisce pedonali o zebre, che vengono così erroneamente definiti: “una parte della carreggiata di una strada dedicata al transito dei pedoni da un lato all’altro lato della carreggiata stessa”.

Non è assolutamente vero poiché, nel caso delle semplici “strisce” di colore bianco disegnate sull’asfalto, magari anche un po’ o molto sbiadite, o di quelle disegnate sull’asfalto il cui sfondo è colorato di un colore più visibile, o delle strisce rialzate mediante dossi artificiali, o con aggiunta di catarifrangenti e lucette atte a far notare le strisce agli automobilisti più distratti, quel tratto di carreggiata è soprattutto percorso da autoveicoli.

Scusatemi ma parlando di zebre, in inglese pedestrian crossing, mi è tornata alla mente la celebre copertina del long playing “Abbey Road” con i quattro Beatles che attraversano la strada sulle strisce tra le più famose al mondo. Nel 2003, a Londra, le ho attraversate anch’io, e ne ho una foto ricordo.

Riprendendo l’argomento strisce pedonali, diciamo che in certi casi, soprattutto negli incroci più importanti, il flusso delle automobili molte volte è interrotto da un semaforo.

In certe città, Tokio ad es., esistono incroci con strisce pedonali nei quali vengono bloccati tutti i veicoli e, attraverso zebre ai quattro lati dell’incrocio e diagonalmente, è consentito ai pedoni di spostarsi tranquillamente in tutte le direzioni; stesso sistema l’ho riscontrato recentemente a Londra in Oxford Street.

La soluzione migliore è comunque il sottopasso o il sovrappasso pedonale, gli unici che garantiscono la non promiscuità, ma queste due soluzioni sono molto fastidiose per i pedoni che sono costretti a salire e scendere scale, fastidi per chi spinge carrozzine, carrelli, valige con le ruote, disabili con carrozzine, ciclisti, e, specie riguardo ai sottopassi, pedoni costretti a transitare a volte in luoghi pericolosi, senza controllo, dove a volte mettono su casa i senzatetto, o dove malintenzionati attendono le vittime da aggredire. La soluzione a questi inconvenienti sono i percorsi pedonali e ciclabili alternativi, i tappeti mobili, gli ascensori e un controllo accurato attraverso la tecnologia, telecamere, sensori e illuminazione adeguata.

Per darvi un’idea di quanto siano considerati i pedoni, il sito di cui sopra declama: “Evidentemente la scelta del tipo di attraversamento sarà condizionata dalle condizioni medie di traffico veicolare lungo quella strada”. Non dal traffico pedonale! Vi ricordo che noi tutti siamo pedoni.

Torniamo alla triste realtà: nel sito dedicato ai problemi del traffico a Roma, http://www.ilroma.net/rubrica/reportaci/strisce-pedonali-queste-sconosciute , si legge che in città, “Il 60,5% degli automobilisti non concede il diritto di precedenza ai pedoni neppure sugli attraversamenti a loro riservati.” Lo rileva una recente ricerca dell’Asaps il portale della ricerca stradale.

In molte città, specialmente nel nord Europa, si vive diversamente: una ventina di anni fa, in Inghilterra scesi da un treno in visita ad una cittadina di nome Romford, nella Greater London, periferia est. Abituato al caos di Roma mi ritrovai in un luogo paradisiaco: un centro urbano pedonale pieno di negozi con varie attività commerciali all’aperto e al chiuso, e una piazza con una chiesetta medievale in stile english. Non si sentiva un rumore; diversi bimbi giocavano tranquilli sotto gli occhi vigili delle mamme sedute sulle panchine, alcuni anziani, resi autonomi con motorette elettriche a tre o quattro ruote, andavano a passeggio e a fare shopping. Era la prima volta che vedevo tante persone girare con quei motorini, anche all’interno dei negozi. In seguito ne ho viste altre di aree urbane felici, ad esempio nel centro di Ulma in Germania o a Rodby in Danimarca.

Nelle nostre città, sebbene con ritardo, abbiamo iniziato a creare isole pedonali, piste ciclabili, a costruire linee di metropolitana, ma bisogna sempre combattere l’opposizione da parte di certi amministratori pubblici e soprattutto di certi negozianti convinti che l’isola pedonale possa danneggiare i loro affari.

Le città della nostra bella Italia con la loro storia e la loro tradizione, centri abitati antichi, borghi medioevali fortificati per paura del nemico, nella maggior parte dei casi, per permettere al privato di infilare la propria auto nel proprio box, salvo rare eccezioni, hanno via via trasformato la loro immagine allargando e cementificando vialetti e stradine, con il beneplacito dei vari amministratori, seguendo il volere del “grande dio auto”. Non è mio questo appellativo; l’Aci nel 1965 ebbe un’idea originale: raccolse e pubblicò un volume di fantascienza automobilistica con il titolo “Il grande Dio Auto”.

 

Oggi stiamo parlando di noi pedoni, delle nostre famiglie, di bambini al centro di un progetto che come risultato dovrà permettere di invertire il paradigma della mobilità, partendo dai loro bisogni di non patentati, che frequentano la scuola e, soprattutto nella brutta stagione, percorrono le strade, anche con le intemperie, per adempiere al loro dovere di studenti, destinati, però, durante i loro spostamenti, a subire l’eccessiva potenza dei motori, pericolosi e inquinanti, che, al limite, in mano a dei pazzi esaltati (e lo abbiamo visto in questi ultimi anni in diverse città europee) possono diventare armi pericolosissime. Per difendere i nostri bambini bisognerà tendere ad una mobilità sicura e non inquinante, una mobilità in prevalenza incentrata sul trasporto pubblico locale e su quello condiviso a basso impatto ambientale che dovrà tener conto dei pedoni e dei ciclisti.

Ora, per terminare il mio intervento, vi dico qual è il mio sogno.

A Venezia si verificano pochi investimenti di pedoni poiché le barche vanno per mare e i pedoni sui marciapiedi.

Gli aerei, lo stesso, non investono pedoni poiché vanno per aria.

Perché non facciamo in modo di far procedere i pedoni in un elemento e i mezzi a motore in un altro evitando che si scontrino?  Bisognerà creare dei luoghi deputati per far salire o scendere i pedoni dai mezzi di locomozione, come ad es. i marciapiedi del treno o della Metro; realizzare fermate dei bus e dei tram, con pedane sulle quali potranno accedere soltanto i possessori di un biglietto e dalle quali il passeggero in uscita potrà immettersi direttamente in un’area pedonale.  Gli automobilisti a loro volta dovranno far salire o scendere i passeggeri soltanto in luoghi deputati, nei parcheggi, in piazzole dedicate; alla auto sarà possibile immettersi in strade di scorrimento veloce a loro dedicate e con pagamento di un pedaggio (non è un sogno: per entrare a Londra ed es. gli automobilisti pagano profumatamente). Per il resto, la città dovrebbe essere a disposizione dei soli pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli preposti; i pedoni sarebbero solo allora padroni della città senza il rischio di essere uccisi dai motoveicoli o più subdolamente dai veleni dei gas di scarico, a tal proposito ci sono cifre inquietanti; in sintesi, senza una drastica riduzione del traffico veicolare, con il passare degli anni e l’aumento dello smog, stiamo trasformando la nostra Italia da “Paese del Sole” a un Paese d’inferno.