Si è spenta stamattina all’età di 93 anni a Roma, Lina Wertmüller, la grande regista romana di origini svizzere, prima donna ad essere candidata all’Oscar. Un talento inesauribile che si manifestò fin da ragazzina con il teatro delle marionette. Con i suoi intramontabili occhiali bianchi, esordisce al cinema nel 1953 come segretaria di edizione per il film “…e Napoli canta!” poi dieci anni dopo come regista de “I basilischi”. Verrà sempre ricordata, tra l’altro, per i suoi lunghissimi titoli scelti per i suoi film, lunghi come il suo nome anagrafico: Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich. Negli anni ’70 firma i suoi grandi successi, con l’attore e grande amico Giancarlo Giannini protagonista di pellicole indimenticabili come “Film d’amore e d’anarchia – Ovvero Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”, “Pasqualino Settebellezze”, “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia” o “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici”. La pellicola cult è senza dubbio “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” sempre con il personaggio icona di Giannini e con una affascinante Mariangela Melato ma anche la pellicola del 1992 “Io speriamo che me la cavo” in cui dirige Paolo Villaggio nella figura del maestro Sperelli.
Sempre come regista negli anni ’60 consacra anche un’altra icona del cinema italiano, una giovanissima Rita Pavone che veste i panni della indimenticabile canaglia nella serie cult “Il giornalino di Gian Burrasca” ispirata all’omonimo romanzo di Vamba.
Nel 2020 arriva l’Oscar alla carriera “per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa“.
Una vita vissuta pienamente e attiva fino alla fine. La camera ardente verrà allestita in Campidoglio.
Di Pamela Stracci