“E’ diventato sempre più difficile essere un attore”

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Intervista a tutto campo con Edy Angelillo che ci parla di teatro, social e mancanza di pubblico giovane agli spettacoli di Giovanni Zucconi

Spero che qualcuno di voi abbia già seguito il nostro consiglio di andare a vedere lo spettacolo teatrale “L’anno prossimo…alla stessa ora”, di Bernard Slade, regia di Carlo Alighiero, che verrà rappresentato al Teatro Manzoni di Roma fino al 25 novembre. I protagonisti di questa deliziosa commedia, che ha una lunga storia di successi internazionali, sono i bravissimi Edy Angelillo e Blas Roca Rey. La commedia, presentata per la prima volta a Broadway nel 1975, dove rimase in cartellone per quattro anni consecutivi, è ancora oggi uno degli spettacoli più rappresentati nella storia del Teatro. La trama è semplice ma coinvolgente. Doris e George, entrambi quarantenni e sposati con figli, si incontrano per caso in una cittadina americana, e sono immediatamente travolti da una passione che li porta a passare due giorni chiusi in una stanza di un motel. Poteva finire tutto così, ma i due decidono di incontrarsi di nuovo l’anno seguente. Stesso giorno, stesso motel. Ancora una volta per soli due giorni di passione. Va avanti così per 25 anni, sempre nello stesso giorno e nella stessa stanza del motel. E non è solo una storia di travolgenti passioni, ma anche di reciproche condivisioni e di racconti delle proprie storie familiari. In questi 25 anni scorre tutta la Storia americana. La musica cambia, la moda anche. Cambiano le due famiglie, che crescono e rischiano ad un certo punto di rompersi. Lo spettatore, in un’ora e mezza che sembrano 30 minuti, vede scorrere l’evoluzione della società americana e delle due famiglie. E lo fa, divertendosi, seguendo la storia di questa adorabile coppia che esiste solo due giorni l’anno, ma che non per questo è meno legata e meno complice di una coppia sposata. Questa è la trama in estrema sintesi. Ma a noi interessava anche intervistare, di nuovo, la bravissima Edy Angelillo, che era già stata intervistata, qualche tempo fa, dal nostro vice direttore Felicia Caggianelli. Anche questa volta abbiamo avuto la sua gentile disponibilità e, subito dopo la rappresentazione, siamo saliti sul palcoscenico ancora caldo, e ci siamo accomodati sul divano di scena.

Signora Angelillo, io inizierei l’intervista partendo dall’osservazione che di lei si sa molto poco. Anche facendo una ricerca sulla Rete e sui social, non si trova nulla su di lei

“Non amo mettere in piazza le mie cose private. Sui social un po’ ci sto, perché è necessario per il mio lavoro. Ma non mi piace parlare della mia vita privata, come fanno in molti”

Il gossip è però anche una forma di pubblicità…

“Io cerco di farmi pubblicità solo quando lavoro. Quando non sto lavorando, raramente sto sui social. Ma anche perché non saprei proprio cosa dire. Non mi piace fare vedere i piatti che ho cucinato, anche perché non so cucinare. Non mi piace fare vedere mio figlio. Insomma, ci tengo molto alla mia privacy.”

Secondo lei i ragazzi che vogliono diventare attori o attrici è perché sperano di diventare famosi?

“Mio figlio ha 18 anni, e mi aveva preoccupato perché quando era piccolo ballava e cantava. Dicevo: “vuoi vedere che vuole diventare attore o musicista?”. Era la mia angoscia. E invece, per fortuna, adesso vuole fare tutt’altro.”

Perché angoscia?

“Perché negli ultimi anni è diventato sempre più difficile essere un attore, anche a causa dei social. Giorno dopo giorno nascono dei personaggi, che poi muoiono il giorno dopo. E’ tutto più effimero. C’è questa voglia di “diventare famosi subito”. Ma non ci si rende conto che se tu non ti costruisci la tua carriera piano piano, con la gavetta, con l’esperienza, non serve a nulla avere diecimila like. Dopo due giorni ci sarà qualcuno che ne ha più di te. E si dimenticheranno di te.”

Una volta era diverso?

“Quando ho iniziato io a lavorare avevo 17 anni, e allora c’era ancora tanto lavoro. Ho avuto anche la fortuna di lavorare con i migliori. Io ho cominciato a fare teatro con Garinei e Giovannini, con Gino Bramieri, con Trovajoli. E’ stata una grande scuola. Adesso non è più così. In tre secondi si vuole fare l’attore solo perché si è belli, per esempio. No, non può andare bene così.”

Però lei famosa ci è diventata. Una volta che si diventa famosi si cambia nel modo di lavorare? La vita ti cambia sicuramente. Ma non cambia anche il modo di scegliere i lavori, o di recitare? Non si sta più attenti a restare famosi che a coltivare la propria arte?

“Con la mia esperienza, posso dire che nel nostro mestiere, “un giorno ci sei, e il giorno dopo non ci sei”. Poi ritorni. Poi risparisci. Poi ritorni un’altra volta. E’ tutto così. Non si arriva mai. E da una parte va anche bene, perché vuole dire che non ti siedi mai sugli allori. Però è questa la realtà. La gente che pensa di essere arrivata, commette un grave errore. Sono quelli che poi vanno in depressione. Io quando ho fatto “Un medico in famiglia”, quando uscivo di casa, c’erano sempre tanti ragazzini che mi aspettavano fuori. Ma quando finisce “Un medico in famiglia”, c’è subito un’altra cosa che ti fa dimenticare. Se uno non la prende con distacco tutta questa euforia, molto superficiale, ci rimane schiacciato.”

Lei ci riesce?

“Io per fortuna, di carattere, sono una con i piedi per terra. Tutto quello che è mondanità, gossip, proprio non mi interessa.”

Come si vede tra molti anni? Come pensionata, o pensa di fare l’attrice fino all’ultimo?

“Mi vedrò, quando sarà, pensionata e attrice. Perché continuerò a lavorare. Io spero di poter continuare a lavorare. Anche perché la mia fortuna è che io non ho mai costruito la mia carriera sul fatto fisico. Non sono la bomba sexy, che dopo un po’ risente dell’età che avanza. Io per fortuna ho costruito la mia carriera sul mio lavoro, fatto in maniera seria. Quindi spero di poter recitare fino a 90 anni.”

Anche questa sera, a teatro, il pubblico era composto in maggioranza da persone non più giovani. Capita spesso che non ci sia nemmeno un giovane tra gli spettatori. Secondo lei il teatro sta diventando uno spettacolo solo per persone adulte?

“Purtroppo si. E naturalmente la vedo come una cosa molto brutta, perché il Teatro è importante. Credo che sia anche colpa delle scuole che qualche volta obbligano i ragazzi ad andare a vedere delle grandi noie, degli spettacoli brutti e noiosi. Quindi non abituano i ragazzi al Teatro, quello vero. La maggior parte di queste compagnie sono un “po’ così”. E recitano anche un “po’ così” perché ci sono i ragazzini. Tutto un circolo vizioso che poi va a finire contro di noi. Nel senso che non abituiamo i ragazzi ad amare il Teatro. Poi qualche ragazzo naturalmente c’è. Ma indubbiamente pochi. Viviamo sicuramente grazie alle persone non giovanissime.”

Il Teatro diventerà come L’Opera Lirica, uno spettacolo da élite?

“Purtroppo mi sembra di sì. Perché è proprio un élite quella che va a teatro, qui in Italia. Io sono stata spesso a Londra, a vedere qualche spettacolo. La cosa bellissima di Londra, è che è proprio nella loro cultura di Inglesi andare a teatro. Quindi vedi i giovani, i vecchi, quelli di mezza età, tutti che vanno a vedere gli spettacoli. Qui trovi sempre solo spettatori anziani.”

Come vive i personaggi che interpreta? Finisce di essere Doris quando torna a casa?

“Io abbandono completamente il personaggio fuori dal teatro. Io non sono una di quelle che si porta il personaggio a casa. Amo da morire il mio lavoro. Mi piace il periodo delle prove, che è forse quello più bello perché costruisci il personaggio piano piano, giorno dopo giorno. Però è un personaggio che esiste qui, su questo palcoscenico. Qui esiste il personaggio, e non esisto io. Ma una volta che esco, ci sono solo io. Non mi porto dietro Doris.”

Il nostro settimanale è distribuito soprattutto nel litorale nord di Roma e Lago di Bracciano. Ha qualche ricordo di questi luoghi?

“L’unico posto dove sono legata è Fregene, perché ci abitano i miei. E quindi ci vado spessissimo. Poi, quando mio figlio era piccolo, andavo spesso al lago di Bracciano. Con il mio ex compagno lo portavamo sempre al lago di Bracciano, dove facevamo dei bei pranzetti, con cose alla brace. Era bellissimo. Ma è un po’ che non ci torno.”

Parliamo di questo bellissimo spettacolo. Lo considera possibile, nella realtà, un rapporto come quello tra Doris e George?

“E’ difficile, ma non sarebbe male. Potrebbe essere una medicina per tante situazioni. Loro non sono i classici amanti: si vedono solo una volta all’anno. Quindi questo amore tra i due, questa passione, poi diventa anche una grandissima amicizia. Perché loro parlano della moglie, del marito, dei figli. E’ un rapporto bellissimo, pazzesco, dove non ci sono le gelosie. In cui non c’è il possesso. Ci si vede non solo perché c’è questa grande attrazione sessuale, ma anche perché uno non può fare a meno dell’altra. Ma soltanto per quei due giorni. Infatti poi non si sentono mai per telefono. Non si chiamano. Nessuno dei due si intromette nella vita dell’altro. Però c’è questo appuntamento che dura 25 anni. E’ bellissimo.”

Alla fine questa relazione è come un matrimonio

“E’ vero. Ma è un matrimonio leggero. Senza sensi di colpa, senza dover dare giustificazioni all’altro. E’ bellissimo. Non è male (ride)”.

A questo punto della sua carriera, sicuramente si può permettere di scegliere cosa interpretare. Sulla base di cosa sceglie il prossimo lavoro?

“In teatro sicuramente scelgo. Come faccio a scegliere? Quando mi arriva un copione, lo leggo a casa. Se dopo la nona pagina mi sono già stufata, allora vuole dire che non funziona. Se invece, la prima volta, lo leggo tutto fino alla fine, e mi diverto, mi emoziono o rido, allora lo scelgo. In teatro ho fatto solo cose che mi piacevano. In televisione, nelle fiction, è diverso. In questo caso fai, senza problemi, i ruoli che ti propongono. Ma con il teatro no. Stare un’ora e mezzo sul palcoscenico senza sentire quello che fai, senza amare quello che fai, è durissimo.”

Se ti offrissero, contemporaneamente, una fiction e un opera teatrale, che ti piacciono tutte e due, cosa sceglieresti?

“Posso essere sincera? Sicuramente sceglierei la fiction. Perché ti da molti più soldi e perché ti dà molta popolarità. Perché quello che tu fai in una fiction di successo, farlo in teatro, ce ne vuole. Poi naturalmente il Teatro è la mia passione. “

Osservo che molti degli attori che hanno fatto cinema e televisione, poi finiscono la loro carriera facendo Teatro. E’ un caso, una scelta dettata da una crescita professionale, o perché non li chiama più nessuno?

“Si. Normalmente è così. Non vengono più chiamati. C’è naturalmente anche la passione. Ma tra un bellissimo film e un bellissimo spettacolo a teatro, come dicevo prima, scegli il bellissimo film. Perché lavori la metà del tempo, ma guadagni il triplo. E ti da quella popolarità, nel giro di 4 puntate, che non ti dà il Teatro. Con il Teatro devi girare tutta l’Italia, e ogni sera, se ti va bene, hai 200 o 300 persone. Con la televisione si tratta di milioni.”

Lei ha avuto dei Maestri nella sua carriera di attrice?

“Si. Gino Bramieri. E’ stato al mio primo spettacolo in teatro, al Sistina. Io facevo la parte della figlia di Bramieri, ed entravo solo nel secondo tempo. L’ho fatto per due stagioni. Prima le rappresentazioni in teatro non duravano due mesi. Duravano 6 o 7 mesi. In questo periodo, tutte le sere, ero in quinta a guardare tutto il primo tempo, per vedere Gino. Tutti lo conoscono come l’attore delle barzellette. Ma lui era un grande attore. Tutti i momenti, le pause, i tempi comici, li ho imparati tutti da lui. Guardandolo ogni sera, tutte le sere. E siccome io ero la sua “bambina”, sapendo che io ero lì, sapendo che lo guardavo, lui ogni sera mi faceva sempre delle cose diverse. Improvvisava per me. Ho imparato tutto da lui. Poi con l’esperienza di anni di palcoscenico…”

A proposito di esperienza. Gabriele Lavia dice che l’esperienza non ti fa diventare più bravi. Uno il talento ce lo deve avere già dall’inizio. L’esperienza, al massimo, ti fa imparare qualche trucchetto da utilizzare sul palcoscenico

“Lui ha perfettamente ragione sul fatto che, se tu non hai talento, ti puoi fare anche diecimila tournée, ma diventerai solo una sorta di ragioniere del Teatro. Nel senso che farai le cosine che devi fare, ma nulla di più. Ma se si parla di attori veri, l’esperienza serve. Il talento va bene. Io credo di avere talento, e di averlo avuto anche quando ho cominciato. Però, all’inizio, se mi arrivava una risata all’improvviso, io rimanevo un po’ così. Se avevo un vuoto di memoria, crollavo. Adesso me la sbrigo. E lo faccio grazie all’esperienza. Non esiste soltanto il talento, o soltanto la “pratica” o solo l’esperienza. Sono cose che devono andare insieme, per fare in modo che un attore sappia recitare come si deve.”