In questo articolo affronterò il tema, molto delicato, dei vari modi in cui si può fare del male al proprio corpo. Ultimamente ha molta eco nei mass media il fatto, certo allarmante, che gli adolescenti si procurino dei tagli, ma in realtà ci sono infiniti modi, di cui si parla meno, di farsi del male, che possono avere un significato psicologico equivalente al tagliarsi.
Dico possono avere – e lo sottolineo con vigore in quanto non voglio essere minimamente frainteso – perché i significati psicologici dietro uno stesso comportamento possono essere diversi, e prima di dire se quel comportamento è patologico o meno, se è un attacco al proprio corpo o meno, bisogna indagare sui significati psicologici soggettivi che quei gesti hanno per ogni singolo individuo che “fa qualcosa” al proprio corpo.
Ci sono, per esempio, pratiche culturali o religiose invasive di azione sul proprio corpo, che non possiamo definire patologiche perché hanno un preciso significato rituale all’interno di un preciso contesto socio-culturale.
E così, solo per fare un esempio tra molti, farsi dei tatuaggi, dei piercing, marchiarsi o scarificarsi oggi va molto “di moda” ed è un fatto culturale, di costume; ma può essere anche espressione di un disagio psicologico più profondo se tali pratiche vengono fatte non per il loro significato estetico o simbolico (perché cioè rappresentano qualcosa), ma per una ricerca di dolore: la ricerca di un dolore fisico che possa scacciare il dolore psicologico.
Se si prova piacere o abbassamento dalla tensione psichica attraverso il dolore fisico, per esempio il dolore dell’ago quando ci si fa un tatuaggio, e si va a farsi fare un tatuaggio a tale scopo e in momenti di tensione psicologica, angoscia, senso di vuoto e noia, etc. tale che poi la tensione si “scioglie” attraverso il dolore, allora … “sarebbe bene farsi un paio di domande”: qui la funzione di quel gesto potrebbe essere quella di gestire attraverso il dolore fisico un dolore che è psicologico: scacciare/allontanare da sé il dolore emotivo attraverso il dolore fisico.
Analogo significato possono avere altri comportamenti, come il maltrattare il proprio corpo privandolo del cibo, o l’intossicarlo, al contrario, rimpinzandolo di cibo; oppure alterarne il funzionamento e danneggiarlo con l’uso di droghe, o lo strapazzarlo senza rispetto con un abuso di attività fisica, con digiuni forzati, con una sregolatezza nei ritmi veglia-sonno; o ancora, il non averne cura esponendolo a rischi per la salute o a possibili danni; o il cambiarne parti attraverso la chirurgia estetica, etc.
Tuttavia, fare digiuni forzati (per esempio) è anche però parte di una pratica religiosa (sebbene la fisiologia ci insegna che il corpo “non ringrazierà”, come invece forse farà lo spirito), così come il “rifarsi” il seno o il naso, o altre parti del corpo, o il farsi un bel tatuaggio, possono avere un significato estetico che può donare un maggiore benessere psicologico e non il contrario.
Bisogna stare dunque molto attenti a non “patologizzare” questi gesti. Quando però si hanno fondati dubbi sul perché si fanno certe cose al proprio corpo, o sul perché i propri figli fanno certe cose al proprio corpo, è sempre bene consultare un esperto, perché tali comportamenti possono anche essere dei sintomi, delle manifestazioni esteriori, di un disturbo/disagio psicologico più profondo.
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