Abbiamo visto nella prima parte del seguente articolo, che quando si diventa genitori si riattivano inconsapevolmente, nel rapporto con i figli, elementi del proprio passato di figli nel rapporto con i propri genitori.
E sono proprio le esperienze negative irrisolte di questi rapporti a riattivarsi e a dare luogo a “ripetizioni”. Tali reazioni nei confronti dei figli assumono la forma di forti reazioni emotive, comportamenti impulsivi, distorsioni percettive o sensazioni fisiche.
Questi intensi stati della mente impediscono di pensare lucidamente e di mantenere atteggiamenti flessibili e ci si può chiedere frustrati perché fare i genitori faccia uscire i lati peggiori di sé, o ci faccia comportare negli stessi modi odiati con cui i nostri genitori si comportarono con noi. Per tali motivi essere consapevoli della propria storia relazionale con i propri genitori e riuscire ad elaborare e superare quanto c’è di irrisolto emotivamente nei loro confronti è di fondamentale importanza quando si diventa genitori e questo è possibile anche se i propri genitori sono ormai morti, perché la relazione con loro è stata interiorizzata e forma parte del nostro senso di identità individuale. Cioè, loro e tutte le persone significative della nostra infanzia, che sono state oggetto di identificazione, sono “così dentro” di noi da essere letteralmente parte di noi (cioè del nostro Sé).
E questo è un dato di fatto, anche se ciò non sempre ci piace; tanto che buona parte dei conflitti psicologici degli adulti verte sulla non accettazione di parti di sé, ripudiate perché troppo simili alle parti odiate dei genitori. Facciamo ora un esempio su come il passato si può ripetere nel presente: poniamo che vostra madre usciva spesso senza salutarvi per evitare di farvi piangere. Ella dunque lo faceva con tutte le migliori intenzioni e non per punirvi, ma il vostro senso di fiducia negli altri può averne comunque risentito, facendovi sentire insicuri soprattutto nelle circostanze di una separazione.
Dopo che vostra madre era uscita probabilmente l’avrete cercata e non trovandola vi sarete sentiti ansiosi, traditi ed arrabbiati. Se poi l’adulto che restava con voi non capiva il vostro stato d’animo e non vi consolava, ma anzi vi invitava a smetterla di piangere, le cose potrebbero essere peggiorate, nel senso che oltre alla rabbia e all’ansia si è potuta sommare probabilmente l’angoscia di sentirsi incompresi e privati del conforto. Ed in mancanza di una condivisione empatica e partecipe della vostra sofferenza elaborare il vostro disagio è risultato per voi impossibile (e dunque è finito per essere traumatico).
Ora se da bambini queste esperienze emotive erano la norma e non l’eccezione è possibile che diventati genitori le situazioni che prevedono una separazione evochino in voi forti risposte emotive. Per esempio possono riattivare un senso di abbandono e farvi sentire inquieti all’idea di lasciare il vostro bambino. Questa inquietudine può essere percepita da vostro figlio e può generare in lui ansietà che emergerà nei suoi comportamenti rinforzando, in un circolo vizioso, ancor più in voi la sensazione che non è saggio lasciarlo da solo.
Queste “ripetizioni”, come si può intuire, sono molto disfunzionali e fonte di sofferenza per tutti gli attori coinvolti ed è bene intervenire precocemente per interrompere il perpetuarsi dei conflitti emotivi tra le generazioni.