L’ordine mondiale è ad un crocevia, quello della pace o del totalitarismo
ANTONIO CALICCHIO
Kant, alla fine del sec. XVIII, prefigurava, nel suo saggio Per la pace perpetua, una res-publica universale, ossia un sistema giuridico cosmopolitico, fra i vari popoli, sotto specie di “federazione”, per contrapporsi al rischio della guerra, sempre incombente, data l’inclinazione umana – anche – al male radicale.
Tale appello non trovò una concretizzazione storica, fino all’ONU, atteso che, già nell’immediato, la Rivoluzione dell’ ’89, quantunque avesse partorito la prima Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, tuttavia intese riporre il proprio destino nelle mani di Napoleone, che estese la rivoluzione, in Europa, attraverso le armi, gettando le basi dell’epoca del nazionalismo e dell’imperialismo.
Del resto, la Società delle Nazioni, creata al termine del Primo conflitto mondiale, avrebbe tentato di limitare ambedue i fenomeni, senza, però, evitare il sorgere dei totalitarismi e, dunque, del Secondo conflitto mondiale. Quest’ultimo, peraltro, comincia come guerra delle democrazie nei confronti dei totalitarismi comunista e nazista, e termina come guerra ideologica fra le democrazie, alleate del totalitarismo comunista, e il totalitarismo nazi-fascista. Ma la domanda sorge spontanea: se l’ONU, eretto alla fine della Seconda guerra mondiale, è capace di impedire il verificarsi della terza, allora vuol dire che il messaggio di Kant, nonostante sia stato recepito dalle Nazioni Unite, quantomeno come ragione ispiratrice, tuttavia non ha avuto ancora applicazione, né nel corso della Guerra Fredda USA-URSS, né tantomeno negli ultimi trent’anni, contrassegnati dall’unipolarismo della globalizzazione americana.
Comunque, fra i Paesi sottoscrittori del Trattato ONU, per il divieto delle armi nucleari, non vi è alcuna delle potenze nucleari e, quindi, neppure gli Stati Uniti e la Russia, erede – anche – dell’URSS. E il pericolo nucleare rappresenta una preoccupazione ancor più grave addirittura della pandemia, non essendo il suo potenziale distruttivo paragonabile che all’emergenza ambientale.
Di qui la necessità di modificare il patto di convivenza pacifica fra le nazioni, concluso dalla Carta dell’ONU, del 1945, in una Assemblea costituente della Terra, secondo la proposta emersa a seguito del primo incontro della omonima associazione, svoltosi, a Roma, due anni or sono. Si tratterebbe di espandere il costituzionalismo moderno dal livello della disciplina dei rapporti intersoggettivi a quello della regolazione delle relazioni interstatuali.
D’altra parte, l’interrogativo sollevato in ordine alla incapacità degli organismi internazionali, dello scorso secolo, potrebbe essere girato anche ad un futuro assetto costituzionale globale. Esso vorrebbe oltrepassare la logica degli Stati nazionali, ampliando il costituzionalismo moderno nel senso della formazione di una federazione dei popoli del mondo. Però, il costituzionalismo moderno su cui si radica è lo stesso che ha dato luogo agli Stati nazionali: si tratta del principio contrattualistico, elaborato, la prima volta, da Hobbes, in forza del quale l’unico modo per garantire i diritti soggettivi è quello di istituire un potere sovrano, al quale i singoli delegano, mediante un “pactum (subiectionis)”, la protezione della loro sicurezza.
E se detto principio ha contrastato il “bellum omnium contra omnes”, entro i singoli Stati – ma ha, inoltre, dischiuso la porta ai totalitarismi – un suo allargamento alle relazioni fra Stati potrebbe assicurare la pace, fra gli stessi. Però, riuscirebbe a fronteggiare nuove derive totalitarie?