Entro il 2040 l’Italia sarà il quarto Paese al mondo per numero di persone colpite da demenza.
Una tendenza in salita, le patologie legate alla demenza senile potrebbero colpire tra poco più di quindici anni 32 milioni di persone nei Paesi Ocse. Un dato che mette a dura prova i sistemi sanitari di tutto il Mondo, proprio nel momento in cui, universalmente, l’Intelligenza Artificiale rischia di soppiantare il già fragile equilibrio della nostra epoca.
Nel momento storico in cui l’AI ha definitivamente sdoganato la sua influenza sul futuro dell’umanità, dall’OCSE, l’Organismo di Cooperazione e Sviluppo arriva la conferma che la mente, quella vera, reale, quella che ci permette di vivere, interagire, creare connessioni complesse è a rischio declino.
La demenza, che è un insieme di sintomi dovuti alla decadenza cerebrale che colpiscono il cervello, è già una delle maggiori sfide della medicina, indissolubilmente legate allo sviluppo delle popolazioni e della loro età. Morbo di Alzheimer, demenza senile, demenza frontotemporale, demenza vascolare e demenza con corpi di lewy sono alcune delle patologie che nei paesi come l’Italia, con una popolazione anziana crescente, sono considerate vere e proprie prossime epidemie.
Sono patologie queste che mettono a dura prova coniugi, figli, amici, l’intera organizzazione del nucleo familiare che si ritrova a farsi carico interamente del paziente, fungendo spesso da unico legame tra la dovuta assistenza pubblica e la fitta rete burocratica che a volte sembra quasi accanirsi sui già provati malati.
Quasi 32 milioni saranno le persone che entro il 2040 potranno sviluppare problemi legati alla salute cognitiva, e la moderna medicina, nonostante gli investimenti miliardari di Big Pharma, deve stare necessariamente al passo per permettere quanto meno la stessa possibilità di adesione alle cure in tutto il Mondo, evitando così una disparità di trattamento.
I Paesi con le percentuali più alte di abitanti oltre gli 80 anni, come Giappone e Italia, sono ovviamente i più colpiti e la proiezione dei dati, se non interverranno ulteriori variazioni in positivo (nuove cure o campagne di prevenzioni davvero efficaci) si attesta su una percentuale di 25 pazienti ogni 1000 persone che andranno necessariamente assistite e curate con importanti ripercussioni sulla tenuta dei vari sistemi sanitari nazionali. Di certo, le incognite sullo sviluppo delle malattie legate alla demenza sono associate a fattori variabili, dall’inquinamento alla scarsa socialità, fino alla ultima frontiera legata alla cattiva alimentazione che causerebbe un’alterazione del microbiota intestinale, favorendo infiammazione e scarsa funzionalità.
Da qui l’invito ad uno stile di vita più sano, ma di contro la speranza che proprio i paesi più avanzati mettano in campo tutto quello che possa permettere, a tutti i livelli della popolazione, l’accesso agli screening di prevenzione, la possibilità di diagnosi accessibili, la presa in carico del sistema sanitario con una grande considerazione dei caregiver, cioè i familiari che si prendono cura di chi è affetto da demenza. Su questi punti, la Food and Drug Administration statunitense evidenzia come sia fondamentale che i pazienti abbiano a disposizione una presa in carico fatta di diagnosi efficace e precoce, terapie che tengano conto delle modalità di somministrazione e conseguente monitoraggio dei pazienti, con scansioni cerebrali programmate per monitorare eventuali emorragie.
Qualche tempo fà, proprio sul Litorale si tenne una conferenza molto partecipata sul Morbo dell’Alzheimer, un evento organizzato da medici, per medici e pazienti, ma chiaramente rivolto agli enti sovracomunali, ai Comuni, alle ASL regionali. L’appello è stato quello di tendere una mano a chi, purtroppo, vede pian piano scomparire ricordi ed immagini di una vita, ricordando appunto, che questa patologia può colpire chiunque, devastando la quotidianità familiare e minando seriamente la socialità e quindi lo sviluppo di qualsiasi comunità.