Otto anni fa in Puglia veniva uccisa la quindicenne Sarah Scazzi, ripercorriamo l’assalto mediatico ad una tragedia familiaredi Antonio Calicchio
Il delitto di Avetrana è un caso di omicidio, avvenuto il 26 agosto 2010, in Puglia, a danno della quindicenne Sarah Scazzi. La vicenda ha avuto un enorme rilievo mediatico, culminato nell’annuncio del rinvenimento del cadavere della vittima in diretta, sul programma Chi l’ha visto?, dove era ospite, in collegamento, la madre di Sarah.
Il 21 febbraio dell’anno scorso, la Corte Suprema di Cassazione ha definitivamente riconosciuto colpevoli, e condannato all’ergastolo, per concorso in omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, Sabrina Misseri e Cosima Serrano, rispettivamente cugina e zia della vittima, confermando la condanna già inflitta in primo grado e in appello. Michele Misseri, padre di Sabrina e marito di Cosima, è stato condannato alla pena di 8 anni di reclusione, per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove (il furto del cellulare di Sarah). È stato condannato, in via definitiva, a 4 anni e 11 mesi di reclusione, per concorso in occultamento di cadavere con Michele Misseri, anche suo fratello Carmine Misseri.
Il 26 agosto 2010, venne denunciata, dalla madre, la scomparsa di Sarah, studentessa, al secondo anno, dell’Istituto Alberghiero, la quale era uscita di casa, intorno alle 14.30, per raggiungere l’abitazione della cugina Sabrina, distante poche centinaia di metri, e andare, con lei e un’altra amica, al mare; da quel momento vennero perse le sue tracce, non rispose più al telefono, scomparendo, così, nel nulla.
L’evento della sparizione ha prodotto un immediato e grande risalto mediatico. Dal principio, l’attenzione, dei media, si concentrò sulla vita privata della ragazza, analizzando le sue abitudini, il suo diario segreto ed il suo profilo Facebook, alla ricerca di eventuali motivi che l’avrebbero spinta ad una possibile fuga da casa; mentre la madre, gli amici ed i parenti (ivi compresa la cugina Sabrina) continuavano a sostenere la tesi del rapimento, sebbene le modeste condizioni economiche della famiglia rendessero tale ipotesi poco probabile.
Le indagini si iniziarono ad orientare verso una fuga della ragazza o su un sequestro ad opera di un uomo che l’avrebbe adescata su Facebook. Le ricerche proseguirono per tutto il mese di settembre, in un crescendo di interesse mediatico che vide la madre e i suoi familiari (in particolare la cugina Sabrina) ospitati dalle principali trasmissioni televisive, allo scopo di lanciare appelli per il ritorno di Sarah a casa.
Dopo oltre un mese di ricerche, il 29 settembre venne ritrovato il cellulare di Sarah semibruciato in un campo poco distante dalla sua abitazione, da parte dello zio Michele, il quale, mostrando dolore e preoccupazione, affermò di essere in grado di trovare la nipote; ciò contribuì ad alimentare i sospetti intorno alla sua figura. Egli e sua moglie Cosima – sorella della madre di Sarah – entrambi agricoltori ed ex emigrati in Germania, avevano cresciuto, in casa loro, la ragazza scomparsa, della quale parlavano come di una terza figlia.
Dopo un’altra settimana di ricerche, il 6 ottobre, Michele, al termine di un interrogatorio, confessò l’omicidio della nipote, indicando agli inquirenti il luogo in cui aveva nascosto il cadavere, in un pozzo di raccolta delle acque, ubicato nelle campagne di Avetrana. La notizia del ritrovamento del corpo venne comunicata ai familiari in diretta televisiva dalla trasmissione Chi l’ha visto?
Nei giorni successivi, Michele ritrattò la confessione iniziale, finché, il 15 ottobre, confermò i sospetti degli inquirenti sul coinvolgimento della figlia Sabrina, asserendo che era deceduta durante un gioco tramutatosi in litigio. Il giorno dopo, a seguito di interrogatorio, Sabrina fu arrestata con l’accusa di concorso in omicidio. Il 21 ottobre, il GIP di Taranto decise la convalida del fermo, basandosi anche sulla testimonianza dell’amica, la quale riferì che, vedendo la cugina in ritardo all’appuntamento, Sabrina “appariva agitata”, ripetendo che la ragazzina era stata rapita e che occorreva avvertire i Carabinieri.
Le indagini si mossero nel senso che il movente di Sabrina fosse la gelosia per le attenzioni che la cugina riceveva da un ragazzo del posto, del quale Sabrina – secondo la tesi della Procura – sarebbe stata innamorata. Ad avviso degli inquirenti, Sabrina si confidava con la cugina Sarah relativamente alla sua infatuazione per lui e al rifiuto di questi di allacciare una relazione sentimentale con lei.
Sarah, in seguito, avrebbe raccontato in giro questo deludente episodio della cugina, dando adito a pettegolezzi e maldicenze, e portando, così, il ragazzo, pochi giorni prima della morte di Sarah, a troncare definitivamente con Sabrina, cosa che acuì, in costei, l’astio verso la cugina, e costituì, per l’accusa, il movente del reato, maturato probabilmente in conseguenza di un diverbio tra le ragazze, verificatosi la vigilia della scomparsa di Sarah, in un pub del paese, al cospetto di alcuni testimoni. Tuttavia, nel corso del dibattimento, detti testimoni confermarono unicamente che vi fu un rimprovero rivolto da Sabrina a Sarah, che la prima attribuì al fatto che la cuginetta manifestava in pubblico e, in maniera troppo espansiva, la ricerca di “coccole” da parte del predetto ragazzo, temendo che ciò potesse alimentare pettegolezzi in paese.
Intanto Michele ritrattò ancora la confessione iniziale. Il 6 novembre, egli mutò ulteriormente versione, attribuendo l’omicidio solamente alla figlia e dichiarando di essere stato chiamato da Sabrina dopo la morte di Sarah per aiutarla a occultarne il cadavere. A seguito di queste ulteriori indagini, l’accusa nei confronti di Sabrina divenne di omicidio, mentre cadde quella di sequestro di persona.
A seguire, il 26 maggio 2011, veniva arrestata Cosima Serrano, madre di Sabrina, con l’accusa di concorso in omicidio e sequestro di persona. Ed infatti, dall’analisi dei tabulati risultava che il suo telefono cellulare avrebbe effettuato una chiamata dal garage, mentre la donna aveva dichiarato che, quel pomeriggio, non si era mai recata nel garage. Cinque giorni dopo l’arresto, veniva scarcerato Michele Misseri, poiché erano decorsi i termini di custodia cautelare per il reato di soppressione di cadavere.
Come principale prova contro le due donne venne addotta la testimonianza (a volte, dal teste descritta come un “sogno”) del fioraio di Avetrana, il quale disse, infatti, dapprima, di avere visto, il 26 agosto 2010, le due donne strattonare Sarah e costringerla a salire in macchina, per, poi, affermare di non essere sicuro se il fatto fosse accaduto davvero o se lo avesse, forse, solo sognato. Ciononostante, i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto attendibili e compatibili con la ricostruzione dei fatti le sue parole.
Il processo si è aperto dinanzi alla Corte d’Assise, di Taranto, il 10 gennaio 2012, vedendo come principali coimputati Sabrina Misseri, con l’accusa di omicidio volontario, la madre Cosima, con l’accusa di concorso in omicidio e il padre Michele, con l’accusa di soppressione di cadavere. Il comune di Avetrana si è costituito parte civile.
Il 5 dicembre 2012, in un’udienza alla Corte d’Assise, di Taranto, rispondendo alle domande del legale di sua figlia Sabrina, Michele Misseri, autore di una nuova ritrattazione, confessa pubblicamente tra le lacrime di essere colpevole per l’omicidio della nipote. Successivamente a queste dichiarazioni, il suo difensore rimette il mandato, facendo sospendere il processo in attesa di un nuovo avvocato per Misseri.
Il 20 aprile 2013, la Corte d’Assise, di Taranto condanna all’ergastolo Sabrina Misseri e Cosima Serrano, per l’omicidio di Sarah Scazzi. Michele Misseri viene condannato a 8 anni, per concorso in soppressione di cadavere. Per lo stesso reato, vengono inflitti 6 anni ciascuno a Carmine e a Raffaele Misseri, rispettivamente fratello e nipote di Michele.
Il 27 luglio 2015, la Corte d’Assise d’Appello, di Taranto ha confermato la condanna all’ergastolo per Sabrina Misseri e Cosima Serrano, sua madre. La Corte ha confermato, inoltre, la condanna a otto anni di reclusione per Michele Misseri, marito di Cosima Serrano e padre di Sabrina, per concorso in soppressione di cadavere. Per quanto concerne gli altri imputati accusati di reati minori, la pena, per alcuni di essi, viene riconfermata o ridotta.
Nel maggio 2016, i legali di Sabrina chiesero, per lei, gli arresti domiciliari in una comunità terapeutica, visti i problemi di salute psicofisica che l’affliggerebbero e la sua “non pericolosità” secondo gli avvocati, ma il giudice di sorveglianza ha respinto la richiesta.
Il 21 febbraio 2017, la Corte di Cassazione ha confermato le condanne all’ergastolo per Sabrina Misseri e Cosima Serrano, 8 anni per Michele Misseri, per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove, 4 anni e 11 mesi per Carmine Misseri. Nelle motivazioni della Prima Sez. Penale della Corte di Cassazione si sottolineano le “modalità commissive del delitto” e la “fredda pianificazione d’una strategia finalizzata, attraverso comportamenti spregiudicati, obliqui e fuorvianti, al conseguimento dell’impunità”, Sabrina Misseri avrebbe “strumentalizzato i media” e deviato le investigazioni come “astuto e freddo motore propulsivo” verso “piste fasulle”.
Il “Sara Scazzi Horror Picture Show” si è trasformato, nei mesi e negli anni, in un processo alla famiglia. Dal momento dell’accaduto fino ad oggi, per il caso di Avetrana, si è visto e sentito di tutto: interviste a parenti e conoscenti, recite imbastite in tutta fretta per rendere più drammatici i verbali degli interrogatori, plastici a tarda notte e morbosità a tutte le ore. A rendere assai più problematica la situazione è il fatto che a pagarne le spese è, ancora una volta, la famiglia, spesso indicata, dagli esperti di turno, quale luogo di minacce, prevaricazioni e segreti innominabili. Un lato oscuro che pure innegabilmente esiste, ma che non rappresenta affatto la maggioranza delle famiglie italiane.
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