DALLA BEFANA FASCISTA ALLA BEFANA DEMOCRISTIANA

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Befana del Duce

di Angelo Alfani

Er giorno de Pasqua Bbefania, che vviè a li 6 de gennaro – scriveva il grande Giggi Zanazzo – da noi, s’aùsa a ffasse li rigali. Se li fanno l’innamorati, li spòsi, ecc. ecc. Ma ppiù dde tutti s’ausa a ffalli a li regazzini. Ortre a li ggiocarèlli, a questi, s’ausa a ffaje trovà a ppennòlòne a la cappa der cammino du carzette, una piena de pastarèlle, de fichi secchi, mosciarèlle, e un portogallo [arancia, NdR] e ‘na pigna indorati e inargentati; e un’antra carzètta piena de cennere e ccarbòne pe’ tutte le vorte che sso’ stati cattivi. La sera de la viggija de la Bbefana, a ttempo mio li regazzini se manneveno a ddormi’presto, e sse ffacevano magnà ppoco pe’ ffaje lascià una parte de la céna”.

Questa descrizione da parte dello storico de la Roma de ‘na vorta rende onore ad una festa popolare, non ancora santificata e strumentalizzata dai regimi politici, così come poi accadde.  

La Befana, infatti, divenne festa nazionale sotto il Regime fascista.

Il 6 gennaio 1927, a Buenos Aires, l’«Associazione lavoratori fascisti all’estero» organizzava una raccolta di doni a favore dei bambini poveri.

L’anno dopo, il giornalista e campione di scherma Augusto Turati, segretario del P.n.f., si ispirò a questa iniziativa per istituire la «Befana fascista». Ordinò alle federazioni provinciali del partito di sollecitare commercianti, industriali e agricoltori alle donazioni per una giornata nazionale dedicata alle famiglie non abbienti.

La macchina organizzativa per la raccolta e la distribuzione dei doni era enorme e capillare tanto che la Befana fascista ebbe un successo crescente negli anni: nel 1930 i pacchi raccolti furono oltre 600.000, e l’anno dopo raggiunsero la cifra di 1.243.351.

In quella occasione venivano distribuiti ai bambini dei pacchi che contenevano calzini, guanti, scarpette, sacchetti di caramelle e biscotti. Ovviamente, trattandosi di propaganda fascista, ogni pacco conteneva un ritratto del Duce; di solito il testone del capataz dal fiero cipiglio.

Augusto Turati, creatore della festa, era una figura, si può dire, di “intransigente moderazione” che pagò cara la sua presunta omosessualità. Lo scandalo scoppiò nell’ottobre 1929, quando Farinacci, con una pesante campagna scandalistica, rese pubbliche delle presunte confidenze di una “maitresse” nei confronti dei gusti sessuali di Turati, che nel gennaio 1930 rassegnò le sue dimissioni, peraltro respinte da Mussolini. Lo fecero comunque fuori tre anni dopo, tanto che, pur di negargli ogni “merito”, la Befana fascista venne sostituita dalla Befana del Duce.

Befana demoentemaremma
Befana demoentemaremma

Nelle nostre campagne fu l’Ente Maremma ad ascriversi la distribuzione di pacchi dono ai figli degli Assegnatari. I garofoli dell’Ente, ogni santa Befana, scorrazzavano per i borghi allungando pacchi con bambole, fucili ed altro durante manifestazioni in cui non mancavano preti e politici democristiani. Il tutto è durato fino al nintendo.

Grazie a Iddio, negli stessi anni, i cervetranelli ebbero in sorte una Befana laica, fatta dai genitori, nonni e nonne che giorni prima prenotavano regali nel negozio di Giggia in Piazza, cercando di seguire i dettami delle letterine lasciate sul camino.

La vigilia, a partire dalla scomparsa del sole, un mucchio di ragazzi, agitando stridule raganelle, scendevano per i serci del paese con il capo in testa che dava il via con l’urlo che elettrizzava i più piccoli e li spingeva a correre a casa per andarsene a letto: “È ‘rrivata la befana!”

La mattina del 6 le piazze cominciavano a riempirsi appena fatta luce di fucili, bambole, biciclette, tricicli, palloni di cuoio, scarpini, pattini. Una festa collettiva.

Oggi la Befana è una festa privata: chiusa tra le mura domestiche, così come le rabbie, gli affetti e le coscienze degli individui.