Ciccio
(Anna Bonetti)
É una bellissima notte tiepida e illuminata da una luna che spande il suo chiarore, con una luce magica, sulla vallata che stiamo attraversando. Le bambine dormono sul sedile posteriore. Hanno trascorso una bella giornata sul lago di Bracciano con i cuginetti ed ora sono stanche. Io sono contenta di tornare a casa, a Cerveteri, e di guardare questa vallata che mi ha sempre affascinata. Sulla destra della rupe della Banditaccia, con la sua Necropoli rupestre, alla sinistra Monte Abatone e Greppe Sant’Angelo con le sue magnifiche tombe etrusche. Sono contenta che guidi mio marito, così posso guardare questo meraviglioso spettacolo.
Ad un tratto, un botto! Qualcosa ha colpito il parabrezza. Ci fermiamo per controllare: un piccolo gufo giace tramortito sul cofano. Lo prendo tra le mani, il capino ciondola inerte e tutto il corpicino non si muove.
– É morto? – chiede Alessandra che nel frattempo si è svegliata.
– Non lo so! – rispondo – Ma credo che per il povero uccello il colpo che ha preso sia stato fatale.
Non ho il coraggio di abbandonarlo e lo poso sul sedile, tra le bambine, con l’intenzione di seppellirlo nel nostro giardino. Arriviamo a casa tutti molto tristi, pensando al povero gufo che per tragica fatalità aveva trovato la morte proprio mentre la nostra auto passava per quel tratto di strada.
– Mamma, si è mosso! Ha mosso le ali e la testa! – grida Arianna che lo tiene in braccio, scendendo dall’auto. Mi volto a guardare e vedo il gufetto che mi fissa coi suoi grandi occhi gialli.
– Meno male! – rispondo a mia figlia – Può darsi che ha preso solo una botta e sia svenuto. Ora si è ripreso. Vedrò cosa si è fatto.
Sono seduta al tavolo della cucina, mentre le mie bambine e mio marito guardano con apprensione il piccolo uccello che, nel frattempo, si è ripreso del tutto e ci guarda con le alucce aperte. Noto che una è meno aperta e ciondola.
– Ha un’ala rotta. Ora le metteremo una stecchetta e la fasceremo – dico alle bambine, che corrono a prendere gli stecchini. Mio marito intanto ha preso una fascetta e dello scotch.
Facciamo una fasciatura rigida all’ala fratturata e metto il gufetto in un cestino, sul divano, e andiamo a dormire. Il mattino dopo il cestino è vuoto. Guardo sotto il divano e l’uccello mi fissa con i suoi occhietti gialli. Spezzetto un po’ di carne e gli dò da mangiare. Lui
prima guarda me, poi guarda il cibo. É titubante, ma molto affamato, perciò alla fine divora la carne e si mette nell’angolo più nascosto del divano. Passano così alcuni giorni. La mattina controllavamo i progressi che il gufetto andava facendo. L’aletta stava guarendo, lui saltellava ora dal soggiorno alla cucina, prendendo sempre più confidenza, specie con le bambine, mangiando spesso dalle loro mani pezzetti di fegato che gradiva moltissimo. Ci eravamo molti affezionati a quell’esserino, ma sapevamo che una volta guarito ci avrebbe lasciato. Era pur sempre un uccello selvatico, non poteva abitare in una casa, anche se coccolato e nutrito.
Un giorno, come al solito, ci alzammo e andammo in soggiorno per accudire il nostro piccolo ospite, che nel frattempo avevano chiamato Ciccio. Li aspettava
sempre al centro del salone o sul terrazzo e arrivava saltellando al nostro richiamo.
– É arrivata la ciccia, si mangia!
Ma quella mattina Ciccio non arrivò. Guardammo sotto il divano, sul tavolo, ma il gufetto era sparito. Nella notte era andato dove la sua natura lo aveva chiamato, lasciando un grand vuoto in tutti noi.
– Ciao Ciccio! Auguri. Che la notte ti sia sempre amica – fu il mio augurio silenzioso.
Il libro Anna, i gatti e altre storie è disponibile a Cerveteri presso il Rifugio degli Elfi