«Buche, lampadine rotte, bar chiuso, piantine sbiadite»
Domenica, la prima del mese di ottobre, nota agli amanti della cultura per l’apertura di monumenti e musei, con accesso gratuito, ho deciso di fare la mia passeggiata alla Necropoli della Banditaccia. Una bella giornata di sole e la temperatura mite mi avevano predisposto positivamente e la proposta di mia sorella di accedere al Sito Unesco patrimonio dell’umanità in sua compagnia, è una docente di storia dell’arte, mi era molto gradita.
Siamo arrivate con l’auto al primo parcheggio che a quell’ora della mattina, erano circa le dieci, era già affollato di auto e Camper. Piacevolmente sorpresa da quella immagine che dimostrava l’interesse delle persone per la cultura e l’ambiente, sono rimasta raggelata vedendo con quale difficoltà la nostra auto si arrampicava su montagnole di terra tagliate da grandi solchi lasciati dall’acqua piovana che si alternavano a buche profonde e meno profonde. Pareva di procedere su un percorso di guerra. Finalmente dopo sobbalzi e discese, siamo riuscite a trovare un posto per l’auto. Scese dalla vettura è stato inevitabile commentare negativamente l’accaduto, ma forti del nostro ottimismo e della bella passeggiata che ci attendeva ci siamo dirette lungo il camminamento più basso che conduce alla necropoli.
Immediatamente rasserenate dalla vista della natura rigogliosa ci siamo indirizzate verso il percorso che sapevo mantenuto efficiente e pulito dai volontari della necropoli che svolgono un’attività straordinaria per mantenere accessibile il sentiero che si dipana tra le tombe esterne e interne della necropoli. I nostri occhi erano concentrati sul prato che costeggia il sentiero dove un’abbondanza di fiori selvatici tra i quali spiccavano i ciclamini, rendeva l’atmosfera profumata e magica, creando una cornice magnifica alle tombe aperte che da secoli sono in quel luogo e testimoniano silenziosamente il culto dei morti di un popolo straordinario e ancora per alcuni versi sconosciuto ai più.
Essendo sensibili alla bellezza della natura e alla meraviglia dei resti che sono fonti della nostra storia antica, camminavamo in silenzio, soffermandoci a turno a segnalare i fiori e le pietre testimoni di tanta storia, solo qualche commento di apprezzamento per l’amore e la cura dei volontari ha interrotto il silenzio del luogo. Terminato il percorso della necropoli esterna siamo salite all’ingresso della grande necropoli, entrando alla biglietteria dove molte persone chiedevano informazioni e prendevano i biglietti gratuiti dagli incaricati. A tutti veniva segnalata la piantina del sito appesa ad un muro, abbastanza grande e visibile. Avendolo visitato più volte, abbiamo evitato la fila e ci siamo dirette verso le tombe. Con entusiasmo e gioia abbiamo visto nuovamente quelle più famose ed importanti, quasi subito ci siamo rese conto che non erano illuminate, alcune prive di punti luce ed altre con lampadine rotte, quindi spente. Noi, come gli altri visitatori abbiamo dovuto accendere i fari dei cellulari entrando nelle tombe, non avremmo potuto altrimenti vedere le caratteristiche strutturali e i bassorilievi che le caratterizzano. In alcune tombe esistono ancora le telecamere che erano state installate per attuare il progetto di Piero Angela con le immagini raffiguranti la vita degli etruschi proiettate sulle pareti. Un progetto entusiasmante, ma probabilmente a tempo determinato, visto che sono spente.
La situazione più spiacevole si è verificata quando abbiamo ascoltato le perplessità dei visitatori circa la disorganizzazione relativa all’illuminazione, ma anche riguardante la condizione dei cartelli che si trovavano all’ingresso delle tombe e che ne illustrano la storia, sono sbiaditi e malandati. Le parole di quelle persone esprimevano proprio il nostro pensiero.
A circa metà percorso abbiamo seguito l’indicazione chiara del bar davanti al quale si apre un portico coperto che in altre occasioni abbiamo visto arredato con tavolini, sedie e divanetti e che si affaccia su una spianata verde fiorita ed alberata, con nostra grande sorpresa abbiamo trovato le porte chiuse, solo i bagni erano aperti. Molte persone, come noi avevano deciso di fare una sosta e rifocillarsi, ma deluse hanno dovuto rinunciare. Ci siamo chieste se il bar che offriva anche servizio di ristorante, potesse essere chiuso solo in quella giornata, fatto poco probabile, vista la prevedibile affluenza di tanti visitatori e ci siamo allontanate senza poter fare la gradevole pausa prevista.
Proseguendo il percorso che si dirama su entrambi i lati del sentiero principale e avendo avuto difficoltà come altri a ritrovare il sentiero principale, ci siamo chieste come mai non ci fossero delle piantine, anche fotocopiate, da distribuire ai visitatori come si trovano in qualsiasi museo o sito archeologico all’aperto che si rispetti. Anche di questo altri visitatori si sono lamentati.
Uscendo dalla Necropoli che apprezziamo per il suo valore e il fascino che emana, ci siamo dirette verso l’edificio che si trova davanti all’ingresso che è tristemente vuoto e chiaramente in disuso, anche se di recente costruzione ed abbiamo provato ad immaginare quel luogo vivo, con piccoli negozietti di souvenir, con un centro di distribuzione di depliant, e pubblicazioni, con un folto gruppo di guide pronte ad accompagnare i visitatori, con persone che entravano ed uscivano sorridenti per aver concluso un’esperienza entusiasmante in un sito unico nel suo genere e per questo eletto a patrimonio dell’umanità. Abbiamo provato a immaginare il grande parcheggio pieno di pullman carichi di turisti provenienti da tutto il mondo e abbiamo provato a metterci empaticamente nei panni dei visitatori che in quel giorno hanno vissuto la nostra stessa esperienza per certi versi entusiasmante, ma anche deludente nel dover constatare la grave incapacità delle nostre istituzioni a valorizzare un luogo storico tanto straordinario. Ci siamo chieste perché con le molte associazioni culturali esistenti sul territorio e le potenzialità economiche di privati cittadini non si sia creata una rete che raccogliesse fondi per sopperire alle carenze delle istituzioni, ma non abbiamo trovato una risposta. Solo le associazioni di volontariato sono riuscite ad operare il miracolo di tenerla pulita costantemente fermando l’invasione biologica della natura e per questo possiamo solo ringraziare gli uomini di buona volontà.
Tornando a piedi sul viale dei pini marittimi che porta al primo parcheggio ci siamo rasserenate guardando il mare azzurro all’orizzonte, i prati e gli alberi accarezzati da un tiepido sole ed abbiamo considerato che siamo privilegiate ad aver scelto questa terra come nostra casa, una terra che ci permette di vivere e godere una realtà quotidiana eccezionale con tutte le sue potenzialità.
Anche se Cerveteri non è conosciuta nel mondo come dovrebbe, è la città del nostro cuore. La città dove i miei figli e i miei nipoti sono cresciuti, dove mia sorella si è trasferita con la sua famiglia dalla nostra città natale, Milano, per vivere una vita a dimensione d’uomo, dove la mia famiglia si è allargata, dove abbiamo portato le nostre anime.
Patrizia Bettinelli