Crocifisso: un segno che inquieta e scomoda, ma rimuoverlo non si può

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Crocifisso
Crocifisso:

Sopra il muro dell’aula della scuola che frequentavo, al posto del crocifisso, si leggeva la scritta “Torno subito”; in effetti, la parete era così impolverata che era rimasta la forma della croce, quindi, il crocifisso non vi era, ma era come se vi fosse ugualmente. Talvolta, qualche docente ne apponeva uno di riserva che conservava, con cura, nel proprio cassetto, però, periodicamente, qualcuno lo faceva sparire di nuovo. Restavano quella scritta che, in fondo, dava speranza, l’impronta sulla polvere che sapeva tanto di Sindone e un chiodo che, piantato sull’ombra della croce, recava con sé un senso assai preciso.

 Adesso, da adulto, dopo il pensiero e le parole di quanti – insegnati, politici, intellettuali – vorrebbero eliminarlo o sostituirlo – come avvenuto, ancora una volta, qualche settimana fa – mi ridomando: “Chi ha paura di un uomo sulla croce?”. Se dovessimo svolgere un tema, allora certamente gli argomenti non mancherebbero: la questione delle radici cristiane dell’Europa, i diritti uguali per tutti, il rapporto fra cristianesimo e qualsiasi altra religione, il simbolo che conferisce identità al nostro popolo, la laicità dello Stato, etc. etc. Tutto valido, dunque, ai fini di una prova scolastica, ma la vita è altra cosa, e non deve essere strumentalizzata, né dalla politica, né dalla cultura, né dai media, né da estremisti variamente assortiti.

Chi ha paura di un uomo sulla croce?

Personalmente ritengo che occorra, a questo punto, saper guardare in altra prospettiva. La paura scaturisce probabilmente dalla forza e dal valore del segno che, da secoli, ci parla del Crocifisso soltanto in questi momenti, poi, la notizia diviene “vecchia” e tutto torna come prima. La fede è altro, come testimonia quotidianamente il Pontefice.

I crocifissi da togliere e da salvaguardare sono i poveri del mondo che andrebbero sollevati dalla miseria, i bambini sfruttati che invocano aiuto, i senza fissa dimora che domandano attenzione, i giovani che hanno bisogno di rapporti significativi, gli abbandonati, i derelitti, i perseguitati, gli esuli, i malati, i profughi, i migranti.

Magari questi crocifissi, già inchiodati nelle miserie del mondo, fossero, come tali, al centro dei dibattiti quotidiani, delle contese ideologiche, di tutte le prime pagine dei quotidiani, nelle azioni dei politici, negli insegnamenti scolastici ed universitari, nella missione della Chiesa nel mondo. Ebbene, la vita, giornalmente, ci pone dinanzi agli occhi dei crocifissi. Perché i poveri sono sempre insieme a noi.

E così, quell’uomo sulla croce inquieta e scomoda, e più di qualcuno vorrebbe toglierlo davanti ai propri occhi: perché?

Ma perché rammenta, a tutti e a ciascuno, che l’uomo è un “nulla” quando lotta solamente per se stesso, quando vincono l’egoismo e l’amor proprio, la brama di desideri e di ricchezza, l’autoaffermazione e il compiacimento personale.

Pertanto, tuteliamo i simboli, con la viva consapevolezza di ciò che conta davvero. Ogni vittima deve essere soccorsa e liberata, ma nessuno potrà e dovrà mai rimuovere il crocifisso. Il crocifisso è per tutti, ed è, perfino, un simbolo educativo che non confligge con la laicità dello Stato: ed infatti, esso rappresenta il simbolo della difesa dei valori della vita e della dignità umana, e fa parte del patrimonio culturale e cristiano della civiltà occidentale.

Del resto, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini – da laico – ci ha lasciato parole fondamentali ed illuminanti, quasi un suo testamento “spirituale”, in merito al crocifisso che egli, peraltro, aveva mantenuto nel suo studio: “Non lo rimuoverei mai – affermava il Presidente – per due motivi. Primo, perché ho un grande rispetto ed una profonda ammirazione per quell’uomo finito sulla croce per dire cose giuste. Secondo, perché quel crocifisso è da molti amato e venerato”.      

di Antonio Colicchio