CONTI IN ROSSO, FALLIMENTI E LICENZIAMENTI: UNA DOPO L’ALTRA TELCO E BIG TECH DELLA SILICON VALLEY STANNO ANNASPANDO.
di Maurizio Martucci
Transumanisti e tecno-ottimisti ascoltate bene: il boom d’investimenti per il Covid è stato controproducente e così, ad effetto domino, il castello di sabbia sta inesorabilmente venendo giù. Sì, perché tra conti in rosso, licenziamenti di massa, richieste di rateizzazioni miliardarie allo Stato italiano, crac e bancarotta, una dopo l’altra Telco e big tech della Silicon Valley stanno annaspando, anzi stanno letteralmente affossando sotto i loro stessi colpi. Zuckerberg ha gli utili dimezzati e prefigura il tonfo di Meta.
Rilevata per 44 miliardi di dollari Twitter, Musk ne ipotizza già il fallimento. Amazon ha bloccato le assunzioni. Acqua alla gola, Tim pretendeva di posticipare una rata da 1,7 miliardi, poi pagata mal volentieri. E 100.000 creditori al mondo sono rimasti col cerino in mano, dalle Bahamas fallita la finanza digitale di FTX: insomma, il migliore di mondi possibili incardinato dagli architetti del virtuale su 5G, social, visore ottico, palmare atipico, algoritmi e criptovalute, assume sempre più le sembianze di un grande bl uff, un overpromise mondiale col botto finale. Da paura: sentita qua.
Metaverso: 700 miliardi di dollari di valore di mercato bruciati in un solo anno per la pochezza di appena 38 ‘utenti attivi’ in 24 ore. “I licenziamenti di Meta sono colpa dell’ambizione smodata di Zuckerberg”, titola Wired commentando l’invio a casa di un dipendente su otto, italiani compresi, roba da 11.000 licenziamenti tra Facebook, Instagram e Whatsapp. E se Sparta piange, Atene non ride di certo: così in un caos di licenziamenti consumati via email, oltre i top manager della dirigenza altri 3.700 posti di lavoro vanno in malora nella Twitter di Elon Musk a un passo dal fallimento, abdicato persino lo smart working per 40 ore settimanali in presenza. “Twitter rischia la bancarotta – riporta Rai News – il fallimento potrebbe essere una possibilità se la compagnia non inizia a generare più denaro”. E minor denaro in effetti lo introitano anche le compagnie telefoniche: se il mercato Smartphone perde quasi il 10% all’anno, in Italia tra il 2016 e il 2020 i ricavi delle Telco sono crollati ad un “tasso medio ponderato del 2,7%, con la rete mobile in maggior affanno (-5,2%) rispetto alla fissa (- 0,3%)”. Così per saldare il 73% contrattualizzato con lo Stato e nella legge di bilancio 2018 per l’acquisto all’asta dei primi tre lotti di radiofrequenze del 5G, Tim, Vodafone, WindTre e Iliad hanno fatto di tutto per ammorbidire la rata da 4,8 dei 6,55 miliardi di euro fissata al 30 Settembre 2022: “gli operatori – prima del saldo scriveva Il Sole 24 Ore – incrociano le dita nella speranza che possa arrivare una rimodulazione di quello che altrimenti sarebbe un salasso.”
Dita incrociate inutilmente, perché il salasso a bocca storta è stato saldato e alla sola TIM costato 1,7 miliardi, rovinosamente capitalizzati nell’indebitamento finanziario netto after lease pari a 20,1 miliardi di euro: ecco perché ASSTEL, ramo telecomunicazioni di Confindutria, con insistenza pretende l’innalzamento dei limiti soglia d’irradiazione elettromagnetica nelle media giornaliera da 6 a 61 V/m, perché – già saturo dalla ‘pre-5G selva di antenne’ il fondo ambientale di città e piccoli centri – se non schizzassero all’inverosimile dei + 110 volte i limiti d’elettrosmog, l’industria si troverebbe costretta a disseminare decine di migliaia di unità di nuova infrastruttura tecnologica per un ulteriore esborso quantificato in altri 4 miliardi. Un rischio grosso come le perdite di 5 miliardi di dollari per Alexa, intelligenza artificiale di Jeff Bezos e Amazon, oppure il botto dei bitocoin di FTX, una delle principali piattaforme per lo scambio di valute digitali al mondo, l’exchange di criptovalute stimata ad inizio anno 32 miliardi di dollari, finiti in fumo nell’istanza di fallimento per miliardi spariti nel nulla con Sam Bankman-Fried, spacciato adesso per latitante: “la Casa Bianca ha fatto sapere di stare monitorando il tracollo di FTX, e ritiene che la sua bancarotta confermi la necessità di regole più stringenti per il settore”. Si, ma c’è già pure chi sospetta un enorme giro di riciclaggio di denaro per finanziare illegalmente l’ultima campagna elettorale di metà mandato USA.
E non ci sarebbe da meravigliarsi più di tanto se si pensa che Ericsson, leader incontrastato in Europa per i brevetti sul 5G e fornitore in Italia di rete per TIM, per fare affari nei territori di guerra finì per finanziare i tagliagole dell’ISIS. Chapeau!