L’ENPA aderisce alla campagna contro la corrida patrimonio dell’UNESCO.
#NOTauromaquiaEnUnesco
Una recente video-investigazione internazionale fatta dalla Lega Anti Vivisezione ( LAV), ai tempi del Covid-19, riapre il dibattito sulla crudele “tradizione” della corrida, che gli irriducibili non rinunciano a proporre all’UNESCO come patrimonio culturale da difendere. Ma non si tratta affatto, però, di un confronto alla pari tra un impavido eroe e un erbivoro feroce, tutt’altro. Basta leggere le tante petizioni che si trovano in rete per capire come si gioca la partita, non proprio leale. Una tradizione macabra a cui gli spagnoli sono affezionati e che gode pesino di finanziamenti pubblici europei. E questo nonostante, a fine ottobre 2015, il Parlamento Europeo avesse approvato un emendamento al bilancio 2016, spiega LAV,che prevedeva di non utilizzare fondi della politica agricola comune, né altre linee di finanziamento per sostenere le attività taurine che implicassero la morte del toro. Le sovvenzioni della PAC, prosegue l’associazione, costituiscono il 31,6% delle entrate per gli allevamenti di animali destinati alla corrida.
Secondo una recente petizione degli animalisti, ogni anno in Spagna vengono promosse più di 13.000 feste popolari in cui si consuma il rito della tauromachia. Si stima che i tori uccisi in questi eventi siano intorno ai 35 mila l’anno. Oltre tutto, un recente sondaggio,afferma la petizione, gli spagnoli contrari alla corrida rappresentano il 72%. Tra i giovani, 4 su 5 vorrebbero che fosse bandita.
Contro la corrida “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità” si è mosso anche l’Ente Nazionale Protezione Animali aderendo alla campagna #NOTauromaquiaEnUnesco, promossa dalla piattaforma animalista La Tortura No Es Cultura (LTNEC) insieme a Animal Guardians e Gladiadores por la Paz e AACME, che hanno lanciato un appello alle organizzazioni di tutto il mondo per mobilitarsi contro la candidatura della corrida come bene culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO. Ricordiamo – afferma ENPA – che il 15 ottobre 1978 a Parigi, proprio presso la sede dell’UNESCO, è stata sottoscritta la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale con lo scopo di proporre un codice etico di rispetto verso l’ambiente e ogni animale. Dunque com’è possibile oggi prendere solo in considerazione l’idea d’inserire questa terribile usanza, che mette al centro la sofferenza e la morte degli animali, come bene culturale immateriale dell’umanità?
a cura di Barbara e Cristina Civinini
DIDE
No alla tortura finanziata con i fondi europei – Fonte: Animalisti italiani