All’indomani della elezione del Presidente della Repubblica, tutti i partiti hanno avviato una importante fase di riflessioni e di decisioni, per uscire dalla crisi politica e consensuale, che ha investito, ormai, da tempo, sia le forze politiche, sia le loro principali componenti
di ANTONIO CALICCHIO
In questi giorni, i leaders dei movimenti politici si stanno impegnando ad avviare un vasto, unitario progetto di rilancio.
Tre sono gli ordini fondamentali di problemi, che devono essere affrontati, affinché ciascuno schieramento partitico possa riproporsi, come forza capace di competere, con prospettiva di successo, per il prossimo governo della nazione e per le prossime elezioni amministrative. Anzitutto, vi è un problema organizzativo.
Troppo spesso prigionieri di logiche correntizie, troppo spesso irretiti nei giochi personalistici e nei connessi conflitti interni, i partiti non hanno saputo, né potuto, sviluppare, completamente, l’opportunità e la capacità di scegliere – o di contribuire a scegliere, nel caso delle cariche monocratiche – candidature ad ampio raggio di prestigio e credibilità, in grado di raccogliere suffragi vasti da settori plurimi della opinione pubblica.
In una realtà in cui è, già, diffuso e profondo, nella società civile, il timore di impegnarsi sotto simboli della politica, la chiusura settaria di pezzi dell’apparato rende, così, ancor più ardua la ricerca di personalità all’altezza della gravità dell’impegno competitivo. Ed inoltre, ai “quadri” di buon livello, che pure esistono, spesso, manca il tempo di maturare esperienze adeguate, nella gestione di governo, tanto locale, che nazionale.
Oggi, il messaggio è chiaro: stop al correntismo e ai personalismi, impegno diuturno di selezione della classe politica e amministrativa, apertura a nuove energie, in un’ottica che privilegi il partito degli elettori, rispetto a quello degli iscritti, valorizzazione di quanti sono in grado – per spirito di servizio e per attitudine personale – di dare un contributo costruttivo alla ripresa organizzativa e politica dei partiti.
Il secondo ordine di problemi attiene al ruolo di ciascun partito sulla scena pubblica italiana. L’unità continua ad essere un elemento necessario, ma, ormai, non più sufficiente. E ciò comporta l’esigenza di strutture di coordinamento e indirizzo pienamente istituzionalizzate, di luoghi decisionali con una definita composizione, di meccanismi per la trasmissione, ai cittadini, di messaggi trasparenti e univoci. Ma unità vuol dire anche, e soprattutto, precisazione di indirizzi strategici, nonché riflessione attenta e approfondita circa possibili convergenze con le altre forze politiche.
Il terzo ordine di problemi concerne la crisi di sistema, la quale è tutt’altro che conclusa. Lo provano i tassi crescenti di astensionismo, la proliferazione di liste “civiche”, i propositi dei sindaci di affrancarsi dalle sponde di provenienza. Il disincanto e la delusione dei cittadini sono robusti, benché, in questa fase, colpiscano, prevalentemente, le formazioni lontane dal potere.
Del resto, ciò si comprende! Ridimensionato il voto di appartenenza, rimane, in parte, il voto di opinione e, in parte, il voto di scambio. Poiché la vita pubblica è impostata in termini “economicistici”, gli elettori cercano di scaricare oneri e sacrifici sulle spalle altrui, e di attrarre a sé i benefici. A tal fine, si rifugiano sotto le ali della maggioranza, per averne protezioni. Siccome la minoranza è povera di contropartite, se ne ritraggono.
Particolarmente indicativa di tale approccio “economicistico” è la vicenda delle liste “civiche”. Ovviamente, fiorite intorno ai candidati ritenuti più forti, queste iniziative, di fatto, si atteggiano come gruppi di pressione. Talvolta, non vogliono integrarsi nei partiti, ma invocano i vantaggi e le ricadute del potere. Sono una “evasione” rispetto al sistema partitico. E in una Italia senza ideali e senza valori, potrebbero preludere ad una scissione ulteriore del quadro politico.