CONTANTI NEGATI, COMPRO ORO A RISCHIO

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DALLA CORONA DELLA MADONNA DI CERI, REALIZZATA IN ORO E DIAMANTI, AL BLOCCO DEL CONTO CORRENTE. LA STORIA DI GIUSEPPE ABRAMIA

Uno dei pionieri simbolo di un popolo creativo, intraprendente e corretto che vogliono far chiudere. La storia di Giuseppe è la storia di un’Italia venduta alle multinazionali.

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Figlio di un artigiano e di una casalinga, Giuseppe nasce e vive a Tarquinia fino all’età di 13 anni quando si trasferisce a Cerveteri per studiare come orafo, una passione nata in tenera età seguendo le orme di un maestro artigiano locale. Nel 1991 apre il suo primo laboratorio orafo specializzandosi nella lavorazione a cera persa dedicandosi alla creazione di pregevoli gioielli etruschi. E non si ferma, mette in piedi una vera e propria scuola orafa ospitando 15 giovani appassionati. I suoi gioielli sono richiesti in tutto il mondo, sua è la Corona della Madonna di Ceri realizzata in oro e diamanti, oggetto sacro che Papa Wojtyla volle benedire personalmente invitando Giuseppe in Vaticano, ebbe iniziò così un’amicizia speciale che solo la dipartita del pontefice spezzò. All’interno del museo di Tarquinia l’orafo apre il suo secondo laboratorio, nasce il brand Abramia Gioielli, siamo nel 2003 quando approda alle estrazioni minerarie, giunge in Africa dove fonda la società Marigold Sars con l’intento di acquistare l’oro nelle miniere locali. Conosciute le condizioni disagiate in cui vive la popolazione partecipa alle cure dei bambini malnutriti. Nel 2007 apre un’altra società a Cerveteri la Dodi Gold srl.Hanno mano mano smontato un’attività in piedi da 20 anni, è stato il sistema bancario. Già dal 2016 hanno iniziato con limitare la libertà di movimento. Da trecento mila euro a settimana da distribuire nei vari punti vendita, al rifiuto ingiustificato, il sistema si è rallentato tanto da chiudere tutte le sedi. Io per legge posso dare al cliente fino a 488 euro contanti a persona, vengono 20 persone al giorno, fai tu il conto della necessità di liquidità”.

 

“La Dody Gold S.r.l. ha sempre agito nel rispetto delle norme antiriciclaggio vigenti – sostiene Abramia – l’amministratore unico è autorizzato come operatore professionale in oro dalla Banca d’Italia numero 5002050. Trattando oro da investimento e raccolta sul territorio da privati rottami in oro e argento, l’attività necessita di prelievi di denaro contante e le banche con le quali interagivo: MontePaschi, Unicredit e Cassa di Risparmio di Viterbo (come da documento) a loro insindacabile giudizio hanno chiuso i conti correnti per motivazioni ritenute non valide, senza che mai sia stata data dalle autorità competenti segnalazione di illeciti amministrativi. Nell’attesa di reperire una banca che può fornire il contante, come da legge, la società è ferma – conclude “Vi scrivo perché non mi sembra un comportamento plausibile anche perché Dodygold srl fatturava circa 12m di euro e adesso è prossima alla chiusura“.

La limitazione ora e il ritiro del contante poi, sono strumenti che ostacolano la proprietà privata, che traghettano i cittadini verso la schiavitù. Il sistema bancario impedisce di fatto all’imprenditore Abramia di svolgere il suo lavoro, il perché è semplice: se una persona si reca al punto oro per vendere i suoi gioielli ha la necessità di ricevere il contante corrispondente per fare la spesa o pagare una bolletta, altrimenti conserverebbe i suoi preziosi. Nessuna liquidità, niente clienti.

Ostacolare le aziende di compro oro favorisce lo sviluppo dell’attività di prestito a pegno, esclusiva delle banche, spiega Abramia con un esempio: tu porti in banca un anello del valore di 100 euro e loro non ti comprano l’anello ma ti danno un prestito sull’oggetto perciò se vale 100 ti prestano 30 euro. Tra spese di custodia e deposito spesso la polizza non la riscatti più e l’oggetto finisce all’asta dove viene pagato a quotazione e supera i 150/200 euro, questo benefit va alla banca. Mentre se tu vai da un compro oro e quell’anello costa cento, se è onesto te lo paga almeno 80. Non trenta.
In questi ultimi anni era aumentato il lavoro?
Tanto, perché a differenza del credito su pegno acquistiamo l’oggetto e paghiamo subito. Comprenderete il voler eliminare la concorrenza, qualunque altro strumento utile alle famiglie in difficoltà“.

Abramia Giuseppe ha chiuso le sue attività oggi, posti di lavoro, dunque benessere per la città spazzato via. Come lui tanti altri imprenditori in Italia hanno fallito e vivono sopraffatti dalla depressione. Rientra nei piani del governo soffocare le piccole e medie imprese, vanto e patrimonio italiano?

“Me li devi ordinare” è la frase ricorrente che i correntisti si sentono dire quando si recano in banca per prelevare i loro risparmi quando la richiesta supera una certa soglia, sono i loro soldi e devono anche motivare il prelievo. E ancora, la reticenza riscontrata può voler dire che non li hanno a disposizione (il denaro è solo virtuale) oppure ostacolano alcune imprese per favorirne altre o se stessi o entrambe le cose, come sembra all’imprenditore locale?