CONSIDERAZIONI CLINICHE RIGUARDO ALL’ENDOCARDITE INFETTIVA

0
9
ENDOCARDITE INFETTIVA

Un’ infiammazione del’endocardio (la parte più interna del cuore) provocata da un microorganismo è responsabile dell’Endocardite infettiva (E.I.).

Anche se possono essere interessate strutture cardiache “native” (originali) e protesiche (protesiche) la superficie delle valvole resta la parte più frequentemente colpita. Ai nostri giorni la patologia è più frequente attorno ai 50 – 60 anni di vita.

L’eziologia è variata rispetto agli anni 20’ del secolo che ci ha preceduto, questo perché sia le malattie degenerative valvolari che il prolasso della valvola mitralica hanno preso il posto delle cardiopatie reumatiche quale substrato per le endocarditi.

La lesione essenziale è costituita da una “massa amorfa”, di dimensioni variabili, costituita da fibrina e piastrine, sulla quale s’impiantano dei microorganismi ed una certa quantità di cellule infiammatorie.

I germi patogeni responsabili variano sia a seconda della sede d’ingresso nel circolo ematico che dal luogo ove si è contratta l’infezione (es. ambiente ospedaliero). Attraverso la cute e le alte vie respiratorie vi entrano gli Streptococchi viridianis, Staphilococchi haemophilus, Actinobacilli.

Lo Streptococcus bovis vi penetra attraverso l’apparato gastroenterico; gli Enterocchi tramite quello genito – urinario. Un catetere endovenoso infetto è invece la principale via d’ingresso dello Staphilococcus aureus. Tutto ciò per quanto riguarda le valvole native. L’endocardite su valvola protesica (EPV), che si manifesta generalmente entro due mesi dalla sostituzione valvolare ( anche se eccezionalmente può superare 1 anno) è dovuta a vari patogeni che si associano alla batteriemia postoperatoria.

Assai variabili sono le manifestazioni cliniche della patologia. Non credo, salvo casi particolari, che ci sia una netta distinzione tra endocardite acuta e quella subacuta. La universalmente riconosciuta classificazione della Duke University, finalizzata alla diagnosi delle endocarditi infettive (E.I.) distingue due criteri maggiori e cinque minori.

I primi (quelli maggiori) riguardano:
1)positività di emocoltura per germi;
2)riscontro ecocardiografico transtoracico (meglio ancora transesofageo) di presenza di vegetazioni, di novelle insufficienze valvolari o di parziali ostruzioni di protesi valvolari.

I criteri minori sono ben cinque:
1) uso di droghe per via endovenosa;
2) febbre superiore a 38C°;
3) fenomeni vascolari (embolia arteriosa maggiore, infarti polmonari settici, etc);
4) fenomeni immunologici (es. glomeronefrite, noduli di Osler);
5) riscontri ematologici (es. emocolture positive, che non rientrano nei criteri maggiori).

Quando si può affermare che la diagnosi sia certa? Solo (Duke docet) in presenza di 2 criteri maggiori, oppure di 1 criterio maggiore e 3 minori; oppure ancora se siano presenti tutte e 5 i criteri minori.

Comunemente si sostiene che la triade (febbre alta, batteriemia e soffio carotideo) deve sempre far sospettare l’endocardite infettiva. Il soffio deve essere di nuovo riscontro rispetto al passato. E chi lo stabilisce?

Non è sempre lo stesso medico che visita il paziente (es. medico ospedaliero). La febbre poi non è sempre presente nelle persone anziane, con insufficienza renale o cardiaca ed in tutti i pazienti trattati in precedenza con antibiotici. Al più vi può essere una semplice febbriciattola con reperti ematologici di flogosi (VES, PCR).

Ciò è ancora più evidente nell’endocardite subacuta che, subdolamente, embolizza, manda “i suoi proiettili” in circolo. Vi è solo astenia, febbricola, petecchie nei casi meno gravi. Mi domando. Se la febbre è assente, oppure quasi insignificante, per quale motivo devo richiedere emocolture?

Solo una seria visita cardiologica può offrirci segnali tali da richiedere un es. ecocardiografico. Solo un esame obiettivo generale (a 360°C) può evidenziarci eventi embolici (es. encefalopatie multinfartuali) o manifestazioni immunologiche (petecchie sotto congiuntivali; sulla mucosa della bocca; sulla cute sopra la clavicola; noduli di Osler dolenti, rossi e molli sulle dita delle mani e dei piedi etc).

Per me la Semeiotica clinica è essenziale in Medicina. Ripeto e domando ancora: se non c’è febbre?
Il soffio cardiaco (più comune quello da rigurgito mitralico, aortico o tricuspidale) provocato da rottura di una corda tendinea o da perorazione valvolare deve necessariamente farmi richiedere un esame ecocardiografico.

Le vegetazioni endocardiache determinano un soffio in più del 90% dei pazienti (Hurst. Il Cuore. 2001). La presenza di queste “masse amorfe” (sono friabili e lanciano emboli) che deformano la valvola, associate al quadro clinico semiologico, mi porta a richiedere due emoculture, per germi patogeni, con almeno 12 ore di distanza l’una dall’altra o almeno tre campioni presi a distanza di un’ora l’uno dall’altro.

Se le emocolture sono positive per germi assieme al riscontro positivo ecocardiografico (meglio transesofageo) la diagnosi può darsi certa. Le endocarditi, ricordiamolo tutti, prima dell’avvento degli antibiotici (aminoflucosidi) e anche ora, se non diagnosticate in tempo, sono generalmente mortali.