Riguardo alla diagnostica di laboratorio delle malattie epatiche non tratterò in questo articolo la diagnosi delle epatiti virali (A, B, C, D,) né della valutazione dello stato immunitario delle stesse.
L’argomento richiede un capitolo a parte. Il mio intento è quello di offrire una panoramica degli esami ematologici che sia utile e comprensibile al lettore.
Spero di riuscirci, non è facile.
Quanti pazienti sono in grado di interpretare bene gli esami di laboratorio?
Una prima “sbirciatina” sono loro a darla, almeno nella maggior parte dei casi, poi certo occorre che le analisi siano giustamente portate nelle mani del medico di fiducia. Inizio da quelle più comuni, “in primis” dalle transaminasi GPT (ALT) e GOT (AST). La GPT è l’enzima preferito per studiare il danno epatocellulare.
Essendo localizzato all’esterno della cellula epatica, nella membrana del citoplasma, in caso di danno epatico lieve aumenta più della GOT, mentre, viceversa, in caso di danno epatocellulare grave la GOT, localizzata all’interno, nei mitocondri, aumenta più della GPT. E’ dunque importante il rapporto GOT/GPT: se > 1 il danno è severo se invece < 1 è meno grave. Questo, beninteso, quando entrambi gli enzimi sono al di sopra dei valori normali. Va anche aggiunto che la concentrazione della GOT (AST) è alta non solo nel fegato ma anche nel muscolo scheletrico, nel cuore, nei globuli rossi. Come già detto, trovandosi all’interno della cellula il suo aumento maggiore rispetto al GPT (ALT) sta ad indicare un danno epatico più rilevante.
Nell’epatite virale acuta il rapporto GOT/GPT (AST, ALT) è invece <1 e questo si rileva precocemente persistendo per 3-6 settimane. La bilirubinemia deriva dal catabolismo dell’emoglobina a livello del sistema reticolo endoteliale. Nel fegato viene coniugata con l’acido glucuronico per formare la bilirubina diretta, solubile in acqua, che può comparire nelle urine (bilirubinuria) solo se vi sono patologie epatiche. L’aumento della bilirubina indiretta (non coniugata) con quindi bilirubinuria e aumento dell’urobilinogeno urinario si riscontra più spesso nella sindrome di Gilbert (difetto congenito di captazione epatica) ma anche nelle sindromi emolitiche (distruzione dei globuli rossi), nella sindrome di Crigler-Najjar (difetto di glucuronoconiugazione), nell’ittero emolitico. Nella diagnosi di epatopatie, specie di origine alcolica è molto utile la Gamma GT (YGT).
E’ aumentata nel 90% delle malattie del fegato ed in più serve a confermare l’origine epatica dell’aumento della fosfatasi alcalina (che aumenta anche nelle patologie ossee). Anche se è particolarmente specifica per l’epatopatia alcolica va detto che aumenta anche nella cirrosi epatica, nell’epatite virale acuta, nell’epatite cronica, nell’epatopatie su base tossica (anche da alcuni farmaci, specie antiepilettici). La fosfatasi alcalina (ALP alkaline phosphatase) valuta sia la funzione epatica e delle vie biliari che il rimaneggiamento osseo. Come detto anche se è il marker più utilizzato per studiare l’attività osteoblastica per differenziare l’origine epatica oppure ossea si ricorre all’eventuale contemporaneo aumento delle gamma GT che sono sempre un segnale di epatopatia. La fosfatasi alcalina è presente oltre che nel fegato e nelle ossa, anche nell’intestino e nella placenta (vedi il suo incremento in gravidanza). Molte sono le patologie in cui è al di sopra dei valori normali: cirrosi biliare primitiva, ostruzione delle vie biliari intra ed extraepatiche, calcolosi biliare, flogosi e tumori delle ossa, metastasi sia ossee che epatiche, iperparatiroidismo primitivo e secondario, postmenopausa in donne con osteoporosi della colonna vertebrale, morbo di Paget, osteomalacia, mieloma, sindrome di Cushing, insufficienza renale cronica. Il protidogramma elettroforetico serve a valutare lo stato nutrizionale, le disprotidemie, le epatopatie e le gammapatie. L’albumina diminuisce nelle gravi malattie epatiche (es. cirrosi con ascite), cosi’ come le alfa-2- globuline.
Generalmente le malattie epatiche presentano un aumento di gammapatie policlonali. Lo stesso vale per la cirrosi ma con un ponte che va dalla beta alla gamma. Altre indagini sierologiche possono essere richieste in casi specifici e non rientrano nello screening di base.
L’alfa-fetoproteina (AFP) trova il suo razionale impiego nella valutazione dell’insorgenza di epato-carcinoma (specie nei soggetti con cirrosi epatica); tumori teratogeni, a cellule germinali testicolari e ovarici; nelle malformazioni fetali del tubo neurale. La colinesterasi (CHE) serve a valutare sia la funzionalità epatica che le intossicazioni croniche da pesticidi argano fosforici. Nelle gravi insufficienze epatiche con deficit della sintesi proteica (albumina bassa), cosi’ come nella cirrosi scompensata (coma epatico e nell’encefalopatia porto-cava) la colinesterasi è sempre molto bassa. Alla stessa stregua è invece aumentata l’ammoniaca (NH3).
Ricordiamo che quest’ultima, liberata dai batteri intestinali oppure originata dal metabolismo proteico, è normalmente rapidamente convertita in urea dal fegato. E’ per questo motivo che nell’insufficienza epatica severa aumentano i livelli di ammoniemia. Un aspetto particolare sono le epatiti croniche autoimmuni.
Se ne conoscono tre tipologie: tipo I con incremento degli ANA (anticorpi antinucleo frequenti nel lupus eritematoso sistemico, connettiviti, artrite reumatoide).
L’epatite autoimmune tipo I, detta classica, è la più frequente nel Nord Europa, USA, Australia, Sud Africa; tipo II (detta anche LKM) è più frequente qui da noi (Sud Europa). Si fa diagnosi solo se sono presenti anticorpi antimicrosomiali di fegato e rene (LKM). Inoltre molto alta è la LDH; vi è un aumento doppio del normale della GOT (AST) e delle GAMMA GT, con una PCR elevata e aumento anche dei granulociti neutrofili; tipo III caratterizzata da anticorpi antimuscolo liscio (ASMA).
Per la diagnosi di cirrosi biliare primitiva è necessario richiedere gli anticorpi antimitocondrio (AMA) che sono molto aumentati. Un’ultima chiosa sulla 5-Nucleotidasi che aumenta nelle epatopatie (colestasi, cirrosi biliari primitiva) e nel carcinoma epatico. Questo enzima a differenza dell’LDH aumenta solo nelle affezioni epatobiliari ad impronta colestatica e non nelle patologie ossee.