E’ essenziale il rapporto medico – paziente in chi ha avuto un infarto cardiaco, per consigliarlo, sorvegliarlo, istruirlo anche riguardo al livello ottimale di attività fisica possibile.
Come prevenire un reinfarto? Una nuova, tutt’altro infrequente, chiusura delle arterie coronariche, già sottoposte ad angioplastica, bay – pass, impianto di “stent” medicati?
E’ importante valutare quali sono i fattori di rischio. I tre più importanti sono l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, (colesterolo tot,HDL,LDL) ed il fumo. Occorre pertanto esaminare la stratificazione del rischio con l’indagine anamnestica e di laboratorio al fine di riscontrare una pressione arteriosa ottimale(120 – 80), regolarizzare il colesterolo (l’ipertrigliceridemia è un po’ meno importante), modificare la dieta per non avere un eccesso ponderale e “amarus in fundus”, è indispensabile una totale abolizione del fumo (fattore più importante nel ridurre la morbilità e la mortalità nel post – infarto).
Né vanno dimenticati altri fattori di rischio quali, oltre all’obesità, il diabete mellito e lo stile di vita ansiogeno, stressante. <>. (Susan Mckenzie, Kall B.Ken. Decision marking in Medicina 2004). Tutto ciò al fine di ottenere uno stato fisiologico ottimale, prevenire il ritorno dell’arteriosclerosi e dell’angina pectoris (o suoi equivalenti quali ad esempio la dispnea). Ciò per ridurre al massimo il reinfarto ed il rischio di morte improvvisa.
Il medico che si prende in cura il paziente a livello domiciliare (fase II, ambulatoriale della riabilitazione cardiologica) deve avere un preciso orientamento diagnostico riguardo alla prognosi, alle prospettive future.
Come sta il paziente?
Come si sente?
Qual è il suo decorso clinico?
Dall’anamnesi, dalla visita medica, dagli esami di laboratorio è opportuno prendere in considerazione, oltre agli accertamenti sierologici routinari, se vi sia necessità di un test di tolleranza allo sforzo (ecg da sforzo), di un ecocardiogramma o di un monitoraggio secondo Holter, sia pressorio oppure cardiaco 24 h, a seconda della clinica del post infartuato.
Vi è un rischio basso, moderato oppure elevato? Questo dobbiamo chiederci. Se la FE o FEVS (frazione di eiezione del ventricolo sinistro) registrata all’ecocardiogramma è superiore al 50% e non vi è un’extrasistolia ventricolare significativa (Holter cardiaco 24h) possiamo parlare di un decorso ospedaliero senza complicanze. Di un basso fattore di rischio, riscontrabile nella metà circa che pazienti postinfartuati. Quando invece possiamo parlare di un rischio moderato o intermedio? Di certo quando all’ecg i pazienti presentano un sottoslivellamento del tratto ST inferiore a 2mm, difetti reversibili al tallio (scintigrafia miocardica), una angina pectoris stabile e una discreta o moderata FEVS pari al 39 -49%. Quali sono infine i pazienti che possono essere considerati ad alto rischio? <> (Susan McKenzie, Kall. B. Ken. Op citata).
E ancora. Quando all’ecg da sforzo trovo un sottoslivellamento > 2 mm ad un picco di frequenza inferiore a 135 battiti al minuto oppure extrasistoli ventricolari a coppia, ripetute, frequenti (ectopia ventricolare di alto grado). Capirete bene che una prova da sforzo massimale, valutata all’ecg, nel contesto della sintomatologia accusata dal paziente, è importante per valutare la capacità del cuore, la sua funzionalità, nell’attività sia sociale che lavorativa. Il cardiologo deve controllare almeno ogni anno questi soggetti postinfartuati con un ecg da sforzo. Deve chiedere loro, se possono eseguire una mezzora (o anche più) di esercizi lievi tutti i giorni,oppure di intensità moderata 3-4 giorni a settimana. Anche il medico di territorio (o “di frontiera”) può farlo richiedendo una consulenza cardiologica.
Qual è la terapia alla dimissione dopo un infarto del miocardio? Una doppia aggregazione per almeno un anno in assenza di controindicazioni (es. cardioaspirin 100 mg + plavix 75 mg); gastroprotezione con lanzo o panto o esomeprazolo 20-40 mg/ die; atorvastatina o rosuvastatina 80 mg per 4-6 settimane al fine di abbassare il livello del colesterolo ldl (<50% del valore normale); Beta-bloccanti (es congescor 2,5 – 5 mg/due) in soggetti con FEVS inferiore al 40%; Ace inibitori nei diabetici e/o ipertesi; antagonisti dell’aldosterone (es. aldactone 50 – 100 mg/due) sempre nei pazienti con FEVS < 40%.