La sindrome influenzale annuale non è distinguibile da quella virale da covid-19? Hanno gli stessi sintomi.
Per questo motivo Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio e segretario nazionale del PD, sta valutando per il prossimo inverno nella nostra regione, di rendere obbligatorio il vaccino contro l’influenza a tutti gli over 65 (ci sono anche io n.d.r.), ai sanitari e ad altre categorie di lavoro più esposte e di attività essenziali.
<Pensiamo a un totale di circa 2,5 milioni di persone. Se una parte importante della popolazione sarà vaccinata contro la comune influenza, i medici potranno riconoscere i sintomi del Covid-19 in maniera più tempestiva per fermarne la diffusione>.
Da specialista di lungo corso in Pneumologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio, cercherò di mettere in rilievo le caratteristiche che le due forme infettive virali hanno in comune e quelle no.
Entrambe sono molto diffusive (il Covid-19 un po’ di più).
In comune hanno una nota non affatto banale che riguarda la risposta dell’organismo all’infezione: dipende dal “quantum infettante” e dal nostro sistema immunitario.
Ciò comporta un’estrema variabilità sintomatologica da parte di entrambe.
Si va da forme asintomatiche, paucisintomatiche, a manifestazioni cliniche sempre più gravi (la polmonite virale influenzale anche se simile a quella del Covid-19 e con la stessa anatomopatologia interstiziale è molto più rara).
Altra caratteristica che hanno in comune è quella che entrambi i virus si accaniscono più facilmente sulla popolazione più fragile (anziani, immunodepressi, giovani con malattie congenite anatomiche e metaboliche).
Il virus influenzale “cambia pelle” ossia varia di anno in anno e, pur essendo generalmente non particolarmente aggressivo, in alcune stagioni ha avuto una potenza devastante pari a quella del nuovo virus.
Basti pensare all’influenza spagnola del 1917-18 e “all’asiatica” del 1958.
Entrambe possono presentare sintomi gastrointestinali, soprattutto diarrea.
Ciò dipende dalla risposta genetica immunitaria dell’individuo infetto.
Quali sono invece le differenze più marcate?
Come possiamo distinguerle su base anamnestica, semiologica, clinica e con accertamenti strumentali?
Dell’aggressività del Covid-19 che è più marcata rispetto alla classica influenza si è già detto.
La polmonite interstiziale mono o bilaterale distrugge la vitale zona polmonare ove avvengono gli scambi gassosi, ossa a livello in cui i capillari sanguigni permettono durante l’inspirazione la captazione dell’ossigeno e dismissione all’esterno della C02 (anidride carbonica) durante l’espirazione.
Nell’influenza la polmonite, nella quasi totalità dei casi, non è provocata direttamente dal virus ma da diversi batteri (Streptococco, Pneumococco, Staphilococco etc..) che provocano un quadro sintomatologico-clinico completamente differente.
L’influenza può si’ provocare riacutizzazioni infettive nei bronchitici cronici (BPCO) o riaccendere forme asmatiche ma fa solo da “apripista” per la successiva invasione batterica che porta a polmoniti tipiche, lobari specie a carico dei lobi inferiori.
L’esame obiettivo dei polmoni evidenzia una ottusità alla percezione (epatizzazione polmonare) con “suono di coscie”.
L’ascoltazione invece consente di rilevare rantoli a piccole-medie bolle.
Rx del torace ci dà conferma della polmonite tipica lobare.
Tutto il contrario di quello che avviene nelle forme atipiche interstiziali.
Qui l’esame obiettivo è quasi sempre muto.
Solo rx del torace può evidenziare addensamenti polmonari anomali.
Veniamo inoltre alle altre differenze cliniche relative ai sintomi delle due affezioni.
Il periodo di incubazione è più breve nell’influenza (1-3 giorni) mentre è più lungo e variabile nel Covid-19 (5-14 giorni).
La febbre influenzale è parimenti alta (39-39,5) e continua dalla mattina alla sera-notte (abbassandosi con il paracetamolo, la tachipirina) ma non perdura in genere più di tre giorni.
L’ipertermia del Covid-19 ha un decorso molto più prolungato (oltre i 3 giorni). Nell’influenza la temperatura corporea si rialza solo se successivamente c’è una sovrapposizione batterica. Il Covid-19 non ne ha bisogno, fa da se tanto è devastante. L’astenia, il senso di spossatezza è più marcata nel Covid-19, cosi’ come è più frequente la congiuntivite e la tosse è secca non catarrale come nell’influenza, ma più parossistica e violenta.
L’anosmia (perdita dell’olfatto) e l’augesia (perdita del gusto) si riscontrano più spesso nel Covid-19.
La dispnea inspiratoria è molto più intensa (sta ad indicare una “fame d’aria”) e peculiare delle forme atipiche polmonari interstiziali (Covid-19).
Meno evidente è nelle polmoniti tipiche lobari.
In questi casi più gravi il saturimetro, che misura la tensione parziale dell’ossigeno nel sangue, è sempre sotto i 90. Un buon broncopneumologo, un valente internista oppure un medico “vero” è in grado di cogliere tutte queste differenze anamnestiche-semiologiche-cliniche-strumentali.
Almeno questo è il mio parere. Beninteso questo non sta a significare che io non sia favorevole alla vaccinazione antinfluenzale, anzi consiglio di farla nei soggetti a rischio.