Impianto offshore di pescicoltura. La risposta della Rete delle Associazioni.
La realizzazione del mega impianto di pescicoltura con gabbie galleggianti che renderà inagibili ben 150 h di mare ad un chilometro circa dalla costa della Frasca, comporterà, se realizzato, importanti e irreversibili alterazioni ambientali sugli habitat prioritari presenti, incidendo negativamente sugli equilibri biocenotici locali e di area vasta, primi fra tutti la prateria di posidonia e il coralligeno .
È questo un dato scientifico acclarato da numerose pubblicazioni scientifiche e dagli studi e ricerche di diverse Università, tra cui le Università della Tuscia, di Sassari, di Alicante, della Corsica e della Danimarca Meridionale.
Dati posti in evidenza dallo stesso Ministero dell’Ambiente nei pareri negativi rilasciati a seguito della prima presentazione del progetto di itticoltura con gabbie a mare nel 2017 e che, probabilmente proprio per aver emesso parere negativo, contrariamente a quanto da alcuni affermato, non è stato minimamente coinvolto nel procedimento di rilascio del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR) rilasciato dalla Regione Lazio con Determinazione n. G15338 del 08/11/2019.
Il vero dato “paradossale”, questo si, è apprendere che alcuni rappresentanti sindacali, che dovrebbero avere una visione d’insieme di ben più ampio respiro, ignorino completamente detti studi ed addirittura giungano a negarne l’esistenza asserendo, con un linguaggio intriso del peggiore liberismo biocida, che la contrarietà espressa dall’intera comunità cittadina, e non solo, trovi origine in “un campagna pseudo ambientalista” che ha utilizzato “una mirata disinformazione non supportata da studi scientifici” in quanto “non risulta da nessuno studio che nei tratti di mare interessati (dagli impianti di itticoltura ndr) ci sia stata una qualche forma d’inquinamento”.
Ma ciò che lascia ancor di più l’amaro in bocca è che ancora oggi, dopo la mortificazione subita dal territorio con il più grande e becero ricatto occupazionale della storia locale, ovvero quello della centrale a carbone, alcune sigle sindacali, vittime della propria incapacità di imparare dagli errori e di contrapporsi alle imprese, sposino ancora una volta la linea della compatibilità aziendale, ben sapendo che mai l’interesse dell’impresa si sposa con quello dei lavoratori.
Non una parola verso ENEL PRODUZIONE, vero responsabile – con la propria ultradecennale, ben 14 anni, di inottemperanza alle prescrizioni impostegli nell’ambito del procedimento di autorizzazione all’esercizio della centrale e la non volontà di investire un pur minima parte dei propri profitti nella realizzazione del previsto depuratore – della messa a rischio del posto di lavoro di quanti sono attualmente occupati nell’impianto di itticoltura. Molto più semplice attaccare “gli ambientalisti” che altro non sono, lo vogliamo ricordare, che altri lavoratori e lavoratrici, molti dei quali di quel mare che Civitattica vorrebbe espropriare al territorio, vivono.
Ci saremmo aspettati un dura presa di posizione nei confronti delle Istituzioni per richiamarle al loro compito di controllo sulla doverosa ottemperanza delle prescrizioni e la pianificazione di mobilitazioni contro l’ente energetico che ha dimostrato la più totale indifferenza verso il futuro dei lavoratori, che siano essi elettrici o metalmeccanici, della pescicoltura o della flotta peschereccia.
Ed invece ci siamo trovati con una triste presa di posizione, piccola, misera, originata dalle pressioni subite dalla giusta preoccupazione dei lavoratori e tesa solo al mantenimento delle scarse tessere ottenute nell’ambito della propria categoria, nella totale indifferenza di quanto la realizzazione di detto impianto potrebbe comportare per altre filiere produttive locali, giungendo, pur di avere un minimo di tensione, a mistificare i dati occupazionali che gli stessi documenti di Civitaittica quantificano, a pieno regime, in 35.
Orfani di un sindacato capace di svolgere decorosamente il proprio ruolo, vogliamo ricordare noi alle istituzioni, Comune in primis, che le prescrizioni contenute nel Decreto MAP 55/2003 che consente l’esercizio della centrale di Torrevaldaliga Nord , che vale ricordare essere obbligo di legge, stabiliscono che l’ente energetico presenti “un progetto definitivo per la riduzione del carico di nutrienti proveniente dalla pescicoltura, preservandone comunque l’attività….”; un doppio obbligo quindi che nessuno si è mai premurato di far rispettare e che anzi tutti fingono di ignorare.
Nell’esprimere la nostra totale solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici della pescicoltura, vittime degl’ignavia di ENEL, delle istituzioni e finanche dei propri sindacati, facciamo appello al primo cittadino Avv. Ernesto Tedesco, affinché imponga all’ENEL, anche tramite l’intervento sulle istituzioni sovraordinate, il rispetto di quanto stabilito dalla legge, ovvero la realizzazione di un sistema di depurazione e trattamento per la riduzione della carica organica in uscita dall’impianto di acquacoltura a terra che consenta il funzionamento a norma dello stesso e conseguentemente il suo mantenimento. Un atto importante, di concreto governo del territorio, che avrebbe come duplice effetto il mantenimento di tutti i posti di lavoro (della pescicoltura, della flotta peschereccia etc) e la salvaguarda del nostro mare e del nostro litorale da questa ennesima servitù invasiva ed inquinante.
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