CITTÀ DEI 15 MINUTI E SMART CITY 5G: PRIGIONI A CIELO APERTO

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INTRAPPOLATE NELLA TECNO-GABBIA PRIMA MILANO ADESSO ROMA, POI VERONA E A SEGUIRE TUTTE LE ALTRE CITTÀ.

a cura di Maurizio Martucci

La tecnologia non è neutra e quella di ultima generazione nemmeno più a servizio del cittadino/ utente/consumatore. Il cambio di paradigma accelerato col 5G con una capillare rete di antenne prossime ad invadere tutto il territorio nazionale, porta inevitabilmente al dischiudersi della FASE 2 del grande reset, ovvero le distopiche SMART CITY della Società dei Gigabit, dove l’Internet delle cose anticipa l’Internet dei corpi previsto nel 2030.

Non solo. Dopo Milano adesso Roma e poi Verona, a seguire una dopo l’altra in tutta Italia le altre municipalità: il progetto ZTL-CITTA’ DEI 15 MINUTI è poi un altro prodotto della transizione digitale nell’Agenda 2030, una sorta di prigione a cielo aperto, una versione edulcorata dell’esperimento lockdown per limitare – con la scusa della sostenibilità e della CO2 versione ‘dichiarati’ cambiamenti climatici – negli spostamenti libertà e diritti dei cittadini.

Siamo al tecno-totalitarismo, al Super Panopticon, alla nuova normalità oltre il Green Pass: terminata la moratoria, la Repubblica digitale avrà nel 2024 la grande occasione con l’introduzione del RICONOSCIMENTO FACCIALE, ognuno di noi reso prigioniero di algoritmi e Intelligenza artificiale, sorvegliabile h24. In attesa della moneta elettronica, si tratta di tecnologie che servono ad alimentare Big Data e l’Identità digitale, a costruire in Italia come nel resto del mondo una tecnogabbia globale ammantata dell’idea futuribile di inarrestabile progresso per la consacrazione di un modello europeo/occidentale del sistema di Credito sociale cinese.

Un’idea di cosa ne possa venir fuori dalle Smart City iperconnesse, nel 2019 ce la fornisce un’inchiesta giornalistica di Report. Si tratta della puntata dal titolo ‘Infiltrato speciale’, puntata nella quale due servizi (‘Come ti trasformo lo Smartphone in una microspia’ e ‘Dammi il 5G’) mostrano una versione poco nota di Big Data. Si parla di cyberspionaggio, programmi di sorveglianza permanente di massa, trojan (“si prendono tutto quello che c’è sul cellulare”), spyware, malware ma soprattutto dell’inesistenza del cosiddetto rischio zero pure nel campo informatico. Come se non bastassero le incognite ambientali e sanitarie. “Quello che è certo è che lo spionaggio in questi anni ha avuto un’evoluzione oltre l’immaginabile”. Con l’Hi-Tech sempre connesso, chiunque è potenzialmente spiabile, nessuno escluso.

“In tutto il mondo in nome della sicurezza si usano software “spia”: ma spiano solo terroristi o anche giornalisti e oppositori politici? Decine di italiani sarebbero stati spiati abusivamente da un ‘trojan di Stato’. È stato un caso isolato o c’è una falla nel sistema delle intercettazioni telematiche? Cos’è cambiato negli ultimi anni nel mondo dello spionaggio ad uso investigativo e della cybersecurity?”