Quello che vi riporto è la mia esperienza professionale (da broncopneumologo) sul fumo.
Vorrei aggiungere anche personale, quindi cinquantennale, perché già in terza media fumavo, anche se in modica quantità, le lontane “sigarette al mentolo”.
Mi sono sempre tenuto aggiornato, attraverso riviste mediche ufficiali, sull’ argomento.
Vorrei però sulla scorta, sempre della mia esperienza, “dire la mia” su cinque punti chiave. Una piccola premessa. Dal 1969 al 1974, sin dal primo anno di Medicina alla laurea, sono stato a contatto, prima all’Università e poi soprattutto all’Ospedale S. Filippo Neri di Roma, con pazienti affetti da malattie polmonari.
Aggiungiamoci poi i quattro anni di specializzazione in Broncopneumologia presso l’Ospedale (universitario) Carlo Forlanini con il primario prof. Mariani.
Oggi quella struttura non c’è più. Non basta. Dal 1974 al 2017 sono stato medico massimalista, di base o di famiglia, chiamatelo come volete, a Ladispoli.
Ne avrò visitati diverse decine di migliaia di fumatori? E tuttora continuo a lavorare per passione non certo per denaro (a chi è povero non chiedo niente se non il rispetto). Che idea me ne sono fatto?
Punto primo, e prima questione. Riguardo al cancro del polmone quali sono i fattori di rischio principali?
- Quantità e numero di anni di sigarette fumate. B) Genetica. Sarà una mia disattenzione ma non ho mai trovato un testo di Medicina o comunque un articolo su questo tema: danno da nicotina individuale in rapporto alla quantità ed al numero delle sigarette fumate. Ho visto diverse centinaia di pazienti ammalare di cancro polmonare all’età di 50-60 anni dopo una trentina di anni di fumo (in media 1-2 pacchetti di sigarette al giorno).
Allo stesso tempo ho registrato molte decine di altri deceduti di neoplasie polmonare ultraottantenni, con più di 50 anni di fumo (a questi livelli) alle spalle, addirittura alcuni morire novantenni con “la sigaretta in bocca”. La genetica, la predisposizione individuale alla malattia significa qualcosa o no? Personalmente credo che sia un elemento non trascurabile.
Secondo punto. Il numero delle sigarette fumate giornalmente. Un conto è fumare un paio di sigarette al giorno, un altro uno -due pacchetti. Beninteso questo tema è in parte legato al primo punto. Chi ha fumato 1-2 pacchetti al giorno per più di 30-40 anni non ha una buona prognosi a distanza di tempo. I conti con la neoplasia polmonare non si chiudono mai, anche se si è smesso di fumare da una decina di anni. Faccio notare che la neoplasia non è di stretta pertinenza polmonare. Questi fumatori “incalliti” possono andare incontro ad una neoplasia del cavo orale, laringea, faringea, vescicale, prostatica….
Sempre non trascurando la genetica chi fuma 1-3 sigarette al giorno ha meno probabilità di ammalarsi di cancro rispetto ai forti fumatori.
Terzo punto: Qualora un fumatore accanito smettesse di fumare però ritenersi al sicuro? In parte ho già risposto prima ma approfondiamo il tema. Purtroppo penso di no. Se si è fumato per più di trenta anni, a quei livelli, la neoplasia polmonare può presentarsi anche dopo molti decenni dal giorno che si è smesso di fumare.
Molto migliore è la prognosi per quanto riguarda i cardiopatici (il fumo è micidiale per cuore e vasi arteriosi). Nell’infarto del miocardio e nell’ictus cerebrale il rischio viene quasi azzerato dopo alcuni mesi dalla sospensione del fumo.
Quarto punto. Quanto è importante il fumo passivo? Un gran numero di pazienti con neoplasie polmonari pur non avendo mai fumato (escluse le malattie professionali) ha respirato di continuo, in ambiente chiuso, il fumo di chi gli sta vicino. Tra i tanti casi giunti alla mia osservazione non dimenticherò mai quella di una coppia di cinquantenni milanesi, trasferitesi a Ladispoli. Proprietari negli anni 50-70 di un bar centrale della città meneghina dove fumavano tutti dentro il locale, sempre chiuso in autunno-inverno, persero la vita l’uno dopo l’altro a poca distanza di tempo. Avevano una sessantina di anni e non avevano mai acceso una sigaretta. Le cause del decesso? Il cancro del polmone naturalmente.
Quinto punto. E ultimo e riguarda la donna fumatrice. Qui si intrecciano tra loro genetica, quantità di sigarette fumate, fumo passivo e per quanto tempo.
Gli estrogeni che pur proteggono, nelle donne fertili, da tante patologie non sono uno scudo affidabile nei confronti della nicotina. Non vorrei allarmare nessuno ma il mio intento è solo quello di mettervi in guardia. Ho trovato più neoplasie in fumatrici accanite in premenopausa piuttosto che in quelle di una certa età (anche per loro vale però la regola di quante e per quanto tempo si è fumato in passato).
Le metastasi soprattutto cerebrali nelle donne che fumano molto non sono affatto rare.
Lo scopo dell’articolo che avete letto ha la finalità umanitaria di ridurre drasticamente il fumo. Del resto non è questo uno degli obiettivi del medico?