L’ultimo film di Sorrentino “E’ stata la mano di Dio”. Candidato a rappresentare l’Italia agli Oscar 2022, ripercorre la sua adolescenza napoletana, fra Maradona, San Gennaro e il Monaciello. Fra gli interpreti Luisa Ranieri e Toni Servillo.
di Barbara Civinini
Napoli, il suo mare e i suoi Santi: con questi due protagonisti veraci Paolo Sorrentino, inizia il suo film più intimo, aprendo la porta ai ricordi dell’adolescenza, quando viveva a Napoli con la sua famiglia. Non è un vero e proprio biopic, ma il regista campano fa rivivere al giovane Filippo Scotti, nei panni di Fabietto Schisa, la sua gioventù napoletana, quando perse la famiglia per un incidente domestico, mentre era in vacanza. Lui scampò grazie a Maradona. Rimase in città per vedere la partita e “la mano di Dio” – come veniva chiamato il campione di 1metro e 65 che risollevò l’orgoglio napoletano – cambiò il suo destino. Negli anni della sua gioventù, Fabietto, come Sorrentino, deve trovare un modo per sfuggire alla tragedia e venire a patti con lo strano gioco del destino che lo ha lasciato in vita. Con un passato andato distrutto e un’intera esistenza davanti a sé, traccerà la sua rotta verso il nuovo superando la perdita.
Il regista ricostruisce in modo meticoloso la città e l’atmosfera della famiglia in cui è cresciuto. Afferma di aver scritto il film perché ha pensato che avrebbe potuto offrire ai suoi figli la possibilità di capire non tanto il suo carattere quanto i suoi difetti. Ma, soprattutto, c’è il bisogno di gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Tutti i miei film sono nati da sentimenti che mi appassionavano, ma dopo averli realizzati quella passione è svanita – spiega Sorrentino – così ho pensato che se avessi fatto un film sui miei problemi, forse sarei anche riuscito a dimenticarli, almeno in parte. Scrivendo per dimenticare, i ricordi diventano ancora più elettrizzanti e vividi e generano un’immersione totale nei vari momenti rievocati.
E così la prima scena inizia con l’incontro surreale della zia Patrizia, interpretata da una splendida Luisa Ranieri in abito sensuale, con il santo patrono, San Gennaro, e il Monaciello, spiritello del folclore napoletano da cui riceve un pagamento. Insomma è un film diverso dalle sue solite corde e più intenso che evoca, come afferma Lorenzo Mieli, fondatore della Apartment, società del gruppo Fremantle che ha prodotto il film insieme al regista, quel momento delicato e cruciale in cui passiamo dall’essere dei ragazzi al diventare adulti. È un cambiamento che può essere assimilabile a un salto nel buio, ma è anche il momento in cui impariamo la pratica del vivere.
Anche lo stile delle riprese è meno vorticoso e fastoso e i movimenti della macchina da presa sono più semplici e le tonalità cromatiche riflettono la disperazione da cui Fabietto uscirà in modo tortuoso. La colonna sonora accompagna solo le emozioni, senza sovrastarle, per sciogliersi nell’inno alla napolità di Pino Daniele con la sua Napule è nell’ultima scena del film, quando Fabietto è su un treno che lo porterà a Roma, quasi un ultimo saluto alla Napoli dei ricordi.
Il film, Leone d’Argento al festival di Venezia, è stato selezionato per rappresentare l’Italia agli Oscar 2022. Dal 15 dicembre sarà disponibile anche su Netflix.