La musa di Noah Baumbach firma la regia e la sceneggiatura dell’adattamento cinematografico del romanzo di Louisa May Alcott, uno dei libri americani per ragazzi più letti. Una splendida Meryl Streep presta il volto a zia March.
di Barbara Civinini
Appena arrivato nelle sale cinematografiche americane, durante le feste di Natale, si è subito parlato di Oscar. Greta Gerwig, la giovane e bella regista di Sacramento, farà nuovamente il pieno di candidature come con Lady Bird? Certo portare sul grande schermo un classico della letteratura a stelle e strisce per ragazzi come Piccole donne, con cui si sono confrontate generazioni di registi da George Cukor nel 33 a Mervyn LeRoy nel 1949, sino ad arrivare alla riduzione più recente di Gillian Armstrong del 1994, non è facile.
La storia di Piccole donne, pubblicato per la prima volta, in due volumi, il primo nel 1868 e il secondo nel 1869 e scritta da Louisa May Alcott, pare controvoglia, su espressa richiesta dell’editore, probabilmente la conosciamo un po’ tutti, se non altro per la riduzione televisiva proposta da RAI1 negli anni 50, firmata da Anton Giulio Majano. Le quattro sorelle March, Margaret, Josephine, Elizabeth e Amy – dopo la fine della Guerra di Secessione – crescono affrontando i tanti problemi con cui si devono misurare tutte le donne in erba, messe però in seria difficoltà da grosse ristrettezze economiche. La più determinata è Jo, indipendente e poco incline al matrimonio, in cui si rispecchia la figura della scrittrice, interpretata dalla brava Saoirse Ronan. Le considerazioni della saggia zia March – cui presta il volto una splendida Meryl Streep – quando insinua married or dead, non sono ben accolte. La Alcott, infatti, fa dire alla sua beniamina: Gli uomini devono lavorare e le donne si sposano per denaro. È un mondo orribilmente ingiusto. Jo non vuole essere cattiva o ribelle, vuole solo costruirsi la felicità a suo modo, anche se deve lottare per farlo. E in effetti, la scrittrice convinta antischiavista e femminista ante litteram, non avrebbe voluto far sposare la sua Jo, ma poi cede alle pressioni dell’editore, e la fa convolare a nozze con il professor Bhaer e non con il bravo ragazzo della porta accanto, perché certo per lei sarebbe stato proprio troppo. Per vivere e trovare la sua felicità Louisa fece un po’ di tutto dalla governante all’insegnate, ritagliandosi anche il tempo per scrivere, forse il suo vero grande amore.
In fondo, se questa vicenda ci dice ancora tanto, superando le barriere dei luoghi e delle epoche – afferma la regista, come riporta “Il Tirreno”– è perché parla di esseri umani, famiglie e relazioni, a prescindere dall’essere maschio o femmina. Insomma, la musa di Noah Baumbach, figlio del romanziere e critico Jonathan – i due ormai fanno coppia fissa da quasi dieci anni – ha ridato freschezza a un classico ormai demode’ sulla voglia di crescere, ma a modo proprio, avvicinandolo all’universo femminile contemporaneo ed emancipato del Me Too. Non è un caso che Elena Ferrante ne L’Amica geniale faccia promettere alle due protagoniste fedeltà al loro sogno di scrivere un libro proprio sulle vecchie pagine della Alcott, a conferma di quel legame intimo con l’universo femminile che si rinnova da oltre 150 anni.