Dopo il furto di fiori e oggetti cari, il timore di trovare il cancello chiuso.
Riceviamo e pubblichiamo il contenuto della lettera inviataci da alcuni residenti di Ladispoli che tra i tanti servizi utili, usufruiscono anche del servizio cimiteriale: “Un luogo triste ma gestito in modo impeccabile sia come pulizia sia come manutenzione che parcheggi, peccato però che non venga gestito in modo altrettanto impeccabile da un responsabile all’altezza del luogo”. Inizia così il racconto di alcuni cittadini che già sollecitati dai ripetuti furti di fiori e oggetti personali, oltre ai danneggiamenti, si sono infine trovati nell’antipatica situazione di restare chiusi dentro e di dover chiamare i carabinieri per essere liberati, nonostante il responsabile del servizio abiti a pochi metri dal luogo sacro. “Succede che qualcuno di noi dopo aver tentato di contattarlo, invano, abbia dovuto richiedere l’intervento delle forze dell’ordine per poi doversi far aprire il cancello, con forte stizza, dal suddetto responsabile , che abita a 10 metri dall’entrata” – continuano – riconoscendo anche la loro negligenza dettata dal loro essere avanti con l’età, lo scarso udito, lo stato d’animo scosso dal dispiacere. Capita anche di rimanere involontariamente chiusi nel cimitero in quanto viene anticipato l’orario di chiusura. “Accade spesso che il responsabile chiuda 5 minuti prima dell’orario esposto in bacheca. Che sia uno sbaglio, un’incomprensione o distrazione nostra, noi riteniamo che sia un obbligo morale del lavoratore quello di accertarsi che non sia rimasto nessuno dentro prima di chiudere il cancello, magari con un giro in bicicletta“, suggeriscono i cittadini che tengono a sottolineare come la loro non sia una polemica bensì il desiderio di rendere noto a chi di dovere “che come noi rispettiamo la memoria dei nostri cari, altrettanto vorremmo da coloro a cui affidiamo il nostro familiare scomparso. Inoltre scriviamo affinchè il lavoro efficiente di alcuni operatori non venga macchiato dal comportamento superficiale di altri, “che credono di poter gestire questo luogo sacro come fosse un parco dove prendere un caffè”.