Carriera particolare per il vincitore del Giro d’Italia 2007, che dopo il trionfo è caduto nel doping.
Il ciclista abruzzese , ha avuto una brillante carriera, vincendo numerose corse, tra cui anche l’edizione 2007 del Giro d’Italia, gara che ogni italiano sogna di vincere, rovinata dalla positività al doping, venendo squalificato a vita nel 2013.
Raggiungere l’apice
Di Luca dimostrò di avere un buon talento sin da quando da ciclista dilettante partecipò e vinse importanti corse, nel 1998 trionfò nell’edizione Under 23 del Giro d’Italia, anno impreziosito dalla vittoria nella stessa categoria ai Campionati italiani, sfiorando il trionfo mondiale, terminando terzo, arrivò il grande salto nel professionismo e per uno scherzo del destino, la sua prima vittoria arrivò nella sua terra, in Abruzzo. La carriera continuò con prestigiosi successi come la vittoria al Giro di Lombardia, ma il pensiero fisso dell’abruzzese era quello di vincere la maglia rosa da professionista, iniziò quindi a mettere come grande obiettivo il Giro d’Italia, dopo un 2006 molto sofferto dove si ritirò anche dal Tour de France dopo una sola tappa, corsa dove nella sua prima partecipazione nel 2003 terminò anzitempo la competizione. Di Luca si presentò al via dell’edizione 2007 della corsa rosa come uno dei favoriti, ruolo legittimato anche dalla vittoria nella Liegi-Bastogne-Liegi, l’abruzzese era motivato a cercare il successo finale, dopo aver tenuto per due tappe la maglia rosa, la riconquistò per non lasciarla più vincendo la Scalenghe- Briançon, riuscendo a trionfare nella corsa che inseguiva da anni, ma quella vittoria fu paradossalmente anche l’inizio della fine per il ciclista.
Cadere e non rialzarsi
L’inchiesta denominata “Oil for drugs” iniziò nel 2003 dopo la morte di un ciclista dilettante, tra i nomi coinvolti nell’inchiesta figurò anche Di Luca, il quale già durante il vittorioso Giro d’Italia rassicurò gli appassionati che lui era pulito e che non avesse niente da nascondere, ma a ottobre venne squalificato per tre mesi, saltando il finale di stagione. Rientrò in tempo per la partenza della stagione seguente, che per lui era iniziata con una novità importante, passò dalla Liquigas alla LPR Brakes-Farnese Vini, ma per lui i guai non erano finiti, fu richiesta la squalifica per due anni, ma alla fine fu assolto, il 2009 sembrò essere il suo anno, partecipò all’edizione numero 100 del Giro d’Italia, per l’occasione partecipò anche Lance Armstrong, l’americano che si professava il volto del ciclismo pulito e invece negli successivi gli vennero tolte tutte le vittorie per doping. Di Luca dimostrò di essere in condizione, dopo la quinta tappa diventò maglia rosa, tenendola fino alla dodicesima, quando la perse in favore del russo Dennis Menchov, con quest’ultimo ci fu fino alla fine la sfida per la maglia rosa, nella cronometro finale di Roma il russo cadde ma fece in modo che l’abruzzese non recuperasse terreno, vincendo per la prima volta in carriera il Giro d’Italia. Successivamente il podio venne riscritto poiché Di Luca secondo e Franco Pellizotti terzo, vennero squalificati per doping, l’abruzzese fu anche licenziato dal suo team, fu squalificato per due anni, ma avendo collaborato alle indagini tornando a gareggiare a ottobre 2010, gli anni seguenti furono avari di soddisfazioni per l’abruzzese, ma dopo essere risultato ancora una volta positivo al doping venne squalificato a vita nel 2013.
Veleno sul ciclismo
Di Luca nonostante fosse radiato ha continuato e continua ancora oggi a parlare di ciclismo, non mancando spesso di accendere polemiche, in particolare nel 2016 quando pubblicò un libro che a suo modo di vedere rivelava tutto lo sporco che c’è nel ciclismo, dichiarando anche che senza doping è impossibile competere e essere tra i primi nello sport, in tutte le competizioni, criticando anche gli sportivi che non ne fanno uso ma giudicano chi ne fa, l’abruzzese rivelò anche di non essersi pentito delle sue azioni. A dimostrazione di come Di Luca sia rimasto attaccato al panorama del ciclismo progettando biciclette e scarpe, l’abruzzese con le sue parole ha messo ancora più veleno nel ciclismo, sport che erratamente molti considerano poco pulito, ma che invece è bellissimo, con i suoi paesaggi e i suoi campioni.
Di Christian Scala