IL PINO, DEFINITO ELEMENTO ESSENZIALE DEL PAESAGGIO ITALIANO, NEL NOSTRO TERRITORIO È LASCIATO, SENZA RIMORSI E SENZA OPPOSIZIONE, SPARIRE PER SEMPRE
di Angelo Alfani
Non c’è vero cervetrano a cui non stringe il cuore nell’affrontare la leggera salita che porta al piazzale delle tombe. Dal Campo della fiera si entra d’improvviso nel “buio” che non incute paura, anzi rassicura. Gli ombrelli delle decine di pini, che si alternano a cipressi-sentinella, accolgono il viandante nella galleria dal resinoso profumo.
Il vento di mare arieggia il percorso e saette di luce improvvise ne squarciano l’ombrosità.
Corteccia grigio-bruna che sfaldandosi scopre intensi color terrecotte etrusche, aghi calpestati sprigionano dolce profumo di pinoli. Pigne verdi, strette come cuori aridi, pigne marroni, aperte come generose fanciulle.
Upupe timorose dal batter veloci d’ali e squittenti rondinelle che s’imbucano nelle stanze più intime delle tombe a camera, cani che si avvicinano ad annusarti accompagnano il percorso. Passo molle di giovani mamme. Passo ambiguo, passo veloce, passo lento, pensieroso a godere per l’ultima volta, forse, di quel privilegio. Il pino osserva, silenzioso. Soste sulle banchine dei ponticelli in attesa di essere raggiunti, prima sigaretta stirata e passata di mano, guardinghi topolini di campagna che fanno “capoccella” dai pertugi tra un “quadrone” e l’altro di tumuli spaccati da radici di querce. Sopraffatti da siffatta bellezza lasci che l’aria riempia i polmoni fino a provare dolore. Sguardi che si incrociano, amori dichiarati, amori illeciti, amori eterni o di una serata senza remore. Silenzioso, il pino, ascolta. Anche la notte, ascolta.
Poetato da Virgilio nelle Bucoliche, definito «elemento essenziale del paesaggio italiano», filmato da Fellini in Roma e dal geniale Sorrentino ne La grande bellezza, il pino nel nostro territorio è lasciato, senza rimorsi e senza opposizione, sparire per sempre. Non soltanto i pini della Necropoli stanno inesorabilmente morendo. La favolosa pinetina che stringeva la via di Ceri ce la siamo già bella che “pippata”.
Centinaia di altri innocenti e solitari pini sono stati giustiziati dalle Autorità perché disturbavano le marmitte delle scatole di latta che gli umani amano più della loro prole. Altro che Capitale della Cultura. A quando un rigurgito di coscienza da parte dei più sensibili per arginare l’apocalisse dei segni del passato?
La poetessa Antonia Pozzi, una «delle voci liriche più sofferte e più pure, più luminosamente illimpidite , della poesia italiana di questo secolo» recita:
Anima, sii come il pino:
che tutto l’inverno distende
nella bianca aria vuota
le sue braccia fiorenti
e non cede, non cede,
nemmeno se il vento,
recandogli da tutti i boschi
il suono di tutte le foglie cadute, gli sussurra parole d’abbandono; nemmeno se la neve, gravandolo con tutto il peso
del suo freddo candore,
immolla le fronde e le trae violentemente
verso il nero suolo.
Anima, sii come il pino:
e poi arriverà la primavera
e tu la sentirai venire da lontano, col gemito di tutti i rami nudi che soffriranno, per rinverdire. Ma nei tuoi rami vivi
la divina primavera avrà la voce di tutti i più canori uccelli
ed ai tuoi piedi fiorirà di primule e di giacinti azzurri
la zolla a cui t’aggrappi
nei giorni della pace
come nei giorni del pianto…..