CAMPO DI MARE: DAL SOGNO AL DEGRADO DI OGGI

0
4200
Campo di Mare

STORIA DEI 170 ETTARI DEI TERRENI COMPRESI TRA LA FERROVIA ED IL BAGNASCIUGA DAL 1960, QUANDO VENNERO ACQUISTATI DAL MAGNATE RICCARDO GUALINO, ALLA DESOLAZIONE DISPERATA DEL PRESENTE.

di Angelo Alfani

Nel 1960 i terreni a mare, 170 ettari compresi tra la ferrovia ed il bagnasciuga, proprietà della famiglia Ruspoli, ad esclusione della Villa a mare dei nobili stessi con i quattro ettari circondati da un magnifico muro a secco con ciottolame di fiume, della Villa Ruspoli, più il cosiddetto vigneto, e due lotti accanto alla strada ferrata, vennero venduti ad una delle tante Società del dottor Riccardo Gualino (1879-1964) lungimirante imprenditore, eclettico, poliedrico, imprevedibile, nonché intellettuale e mecenate di livello internazionale. Nativo di Biella era entrato nel settore del commercio internazionale (legname inizialmente) già nei primi decenni del secolo acquistando enormi distese di boschi dell’impero austroungarico e nella Russia pre-Soviet.

A Roma aveva compiuto fin dagli anni dodici rilevanti investimenti fondiari ed aveva costruito la Nuova Pietroburgo a Mosca. Negli anni venti divenne vicepresidente, oltre che socio di riferimento, della FIAT. Culturalmente del tutto estraneo al regime fascista, al quale rivolse roventi critiche per la sua politica monetaria, nel 1931 venne condannato al confine che scontò alle Eolie. Dopo il confine riprese i suoi affari che spaziarono dalla industria chimica al cinema, al collezionismo d’arte.Nel settore della chimica l’azienda principale italiana divenne la Rumianca, originariamente una impresa ausiliaria della SNIA, di cui Gualino nel 1933 rileva il controllo dal gruppo Abegg. La Rumianca registra un notevole successo a partire dalla metà degli anni trenta, producendo fertilizzanti ed altro.

Campo di Mare

Quanto alla cinematografia, Gualino costituisce nel 1934 la Lux, producendo l’anno successivo il suo primo film: Don Bosco, regia di Alessandrini. Tra le centinaia di film da citare il capolavoro “I soliti ignoti”. Purtroppo Gualino morì in seguito ad ictus nel giugno del 1964 senza veder realizzata una ‘Forte dei marmi’ a ridosso della Capitale. Dopo la sua scomparsa ed il fallimento tutto il suo patrimonio industriale e fondiario e perfino la Lux fini nelle mani della SIR dei Rovelli, poi della società Ostilia del gruppo Bonifaci per divenire oggi storia di carne viva cosparsa di sale grosso. Se è vero che col senno di poi non si fa storia è pur vero che se fosse vissuto Gualino, Campo di mare non sarebbe finita nel cul de sac in cui è rimasta da mezzo secolo.

Schematicamente elenchiamo le date rilevanti del processo di quello che i vecchi cervetrani ricordano come società Rumianca. In data 2 marzo del 1960 venne presentato il piano di lottizzazione. In data 20 aprile del 1965 le prime opere approvate furono, come da accordi presi con amministrazione in carica fino al 1964, la costruzione della strada che dall’Aurelia portava al mare e, come ovvio l’indispensabile cavalcavia sulla strada ferrata. Fecero seguito campi da tennis, lo stabilimento Quadrifoglio e via via una serie di lottizzazioni a nome della Società Campo di Mare bonifiche e costruzioni S.P.A. con sede legale in via Po 36 Roma. Una magnifica palazzina in mattoncini sede poi delle diverse proprietà dei beni in oggetto. Fu, ritengo, l’unico imprenditore che versò al Comune, prima di iniziare, poco più di trenta milioni: lallèro! Per quanto mi è dato ricordare, dai racconti di mio padre vice sindaco e poi sindaco dal 1962 alle elezioni dell’autunno del 1964, la morte del magnate fu una iattura per tutto il territorio. Seguirono altre lottizzazioni con intensità dal 1968, fino alla arcinota revoca di licenze per circa cinquantacinque immobili, e la concorrenza della seminata di cemento avvenuta nel territorio di Cerenova degli anni settanta ed a seguire.

Campo di MareCampo di Mare: dal sogno al degrado

Come processionaria o cavalloni in giornate di forte vento, le cubature si ammucchiavano una dopo l’altra. La situazione di cause contro cause accordi e disaccordi sono pura cronaca. Per cercare di capire lo stato delle cose ho fatto un giretto pomeridiano nei luoghi dei ‘malfatti’. Dal lungomare, foto dopo foto, mi sono inoltrato nella zona che ritengo rappresenti emblematicamente l’affaire Campo di Mare, nella piazza Prima rosa quella circondata dalle notorie palazzine a due piani color verde acqua ramata o meglio vomito di gatto. Il colpo d’occhio mette subito i brividi: palazzine per la stragrande maggioranza disabitate ed una sfilza di più di duecento serrande abbassate, arrugginite quando non divelte e sostituite da compensato. Scritte oramai sbiadite: non sono interessanti neanche per degli sciocchi writers. Cagnolini che abbaiano, dai rari balconcini vissuti, non abituati alla presenza umana, una colonia esotica di alcune decine di pappagalli dallo splendido color verde ramarro, sono le uniche note di vita in un mortorio cimiteriale. Al centro un edificio bianco che avrebbe dovuto funzionare come centro commerciale del quartierino. Una piccola croce in legno piantata sopra una serranda a ricordare il deposito per le vie crucis a mare. Che dire, meglio che fare? Quando si assommano non decisioni a non decisioni, ogni strada diventa impraticabile.Credo che assumersene la proprietà sarebbe da suicidio per il Paese. Sperare in una soluzione concordata, ammesso che ce ne siano le condizioni, presuppone degli amministratori che hanno a cuore le sorti di un pezzo di territorio e non miseri interessi personali. Poi ci sta la soluzione suggeritami da un ragazzino cervetrano: “Sai che te dico, se divento sindaco, chiamo subito subito Geroli che con ‘na decina de ruspe spiana tutto! E chi s’è visto s’è visto