CAMERA MUSICALE ROMANA: POESIE IN MUSICA DEL ‘900 ITALIANO

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Camera musicale romana
ph_De Michetti

IL SOPRANO TALAMANCA E IL MAESTRO D’AGOSTINI REGALANO UNA MAGISTRALE INTERPRETAZIONE DI PASSI TRATTI DALLE MAGGIORI OPERE DEL XX SECOLO ITALIANO.

Il Soprano Marcella Orsatti Talamanca e il Maestro Alessandro d’Agostini hanno tenuto un piccolo concerto dedicato alle poesie in musica del ‘900 italiano, presso la Sala dei Lecci (ingresso del Bioparco di Roma), in un idilliaco ambiente completamente immerso nella natura. L’evento si è svolto domenica 20 marzo, alle porte della Primavera, per rendere omaggio ad alcuni tra i migliori compositori della letteratura italiana.

Marcella Orsatti Talamanca è un rinomato Soprano italiano. L’artista, dopo aver portato a termine importanti studi, canta in tutti i principali Teatri italiani e tedeschi, specializzandosi in ruoli mozartiani, barocchi, verdiani e romantici. Con grande passione eccelle nella musica da camera, dedicandosi ad autori che vanno dal periodo barocco a quello contemporaneo, collaborando con grandi nomi, tra i quali i pianisti Antonio Ballista e Giulio Zappa.

Alessandro d’Agostini, direttore d’Orchestra e Pianista, inizia i suoi studi alla giovanissima età di 5 anni. Vanta un vasto repertorio di titoli debuttati, che comprende opere antiche e del ‘900.

Spesso per Musica da Camera si intende la Liederistica, musica su poesie straniere, dimenticando, tuttavia, che l’Italia è un paese ricco di un’immensa varietà di poesie e musica. Ciò non rende la Liederistica italiana seconda ad altri lavori più diffusamente ascoltati sui palinsesti.

Nel ‘900 si verifica un incremento dell’interesse nei riguardi della letteratura, in particolare quella antica. Da ciò scaturisce una forte unione tra la tradizione letteraria antica e i compositori del XX secolo, i quali maturano un particolare interesse nei confronti di atmosfere arcaiche, che a volte ricalcano i caratteri propri della civiltà medievale.

Poesie e musica del ‘900 italiano: il concerto è stato articolato in due parti.

Nella prima sono state presentate “Sera” (Dante Alighieri, Purg., VIII, 1-6), con la musica di Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968); “Ballata” (Giovanni Boccaccio, “Rime”), “Ma come potrei…” (Giovanni Boccaccio, “Ninfale fiesolano”) e “L’udir talvolta” (Giovanni Boccaccio, “Il Filostrato”), con le melodie di Ottorino Respighi (1879-1936); la composizione di Ildebrando Pizzetti (1880-1968) accompagna “Sonetto in morte di Madonna Laura” (Francesco Petrarca, “Canzoniere”); “Datime a piena mano e rose e zigli…” (Matteo Maria Boiardo, “Canzoniere”) accompagnata dalla musica di Giorgio Federico Ghedini (1892-1965); infine, il poemetto lirico “Il tramonto” (Percy Bysshe Shelley, versione italiana di Roberto Ascoli) unito ancora una volta alla musica di Ottorino Respighi (1879-1936).

Si parla di compositori per la maggior parte appartenenti alla cosiddetta “generazione dell’Ottanta”, riferito, appunto, a coloro nati intorno al 1880 e che erano sempre alla ricerca di nuove strade.

Queste musiche sono tutte basate su brani poetici di grandissimi autori che hanno fatto la storia della letteratura italiana e, in esse, non solo viene riprodotto l’aspetto stilistico attraverso la musica, ricreando atmosfere rinascimentali o più antiche, come ad esempio avviene per la musica del compositore Ottorino Respighi, il quale nel suo lavoro è solito compiere delle operazioni stilistiche legate al recupero dell’antichità; ma è presente anche la volontà di tradurre in un linguaggio più moderno e contemporaneo queste antiche opere della tradizione letteraria.

I brani di Castelnuovo-Tedesco e Pizzetti, basati su Dante e Petrarca, danno origine ad atmosfere di squisita raffinatezza aderenti sia al testo “Sera” che al “Sonetto in morte di Madonna Laura”, nel quale nel discorso indiretto, ma anche in quello diretto, viene rappresentato il particolare momento della morte, che conduce inevitabilmente alla riflessione sul concetto di separazione.

Un altro grande compositore, Giorgio Federico Ghedini, nel testo di Boiardo crea una composizione fresca e vivace, nella quale si rende l’idea della Primavera. Il linguaggio risulta comprensibile, libero da asprezze. Tuttavia, la sfida più grande risiede in una novità: attraverso un linguaggio che si rifà un po’ all’antico si cerca una via nuova all’interno della musica dell’epoca.

La prima parte si chiude con il poemetto lirico “Il tramonto”. Un ampio brano, l’unico a non appartenere ad un autore italiano, ma a Shelley. Si tratta di un testo molto complesso, scritto nel 1914, da Ottorino Respighi, il quale traduce le parti di questo poema che narra la morte dell’amato e le vicissitudini di chi resta in vita. Un tramonto che conduce verso la fine, ma non in maniera malinconica, bensì è ricco di colpi di scena. L’abilità del compositore Respighi risiede proprio in questo: aver vestito le varie parti di questo capolavoro con un linguaggio idoneo e aderente alle varie trasformazioni psicologiche, rese benissimo anche da un andamento variabile.

La seconda parte comprende “Pervinca” (Giovanni Pascoli, “Myriacae”), con la musica di Luciano Bettarini (1914-1997); “Canto d’Aprile” Op. 35 n. 4 (della poetessa Ada Negri), con la melodia di Giovanni Sgambati (1841-1914); “Mi fanno intender” (Antonio Fogazzaro, “Miranda”), guidato dalla musica di Licinio Refice; “Quattro canzoni d’Amaranta” (su testi di Gabriele D’Annunzio), “Lasciami, lascia ch’io respiri”, “L’alba separa dalla luce l’ombra”, “Invan preghi, invan aneli”, “Che dici? O parola del saggio” accompagnate dall’opera di Francesco Paolo Tosti (1846-1916); due brani tratti dalle “Quattro favole Romanesche Op. 38” (sui testi di Trilussa), III. “Er gatto e er cane”; IV. “L’elezzione del presidente”, con la musica di Alfredo Casella (1883-1947); infine, “L’infinito” (Giacomo Leopardi, “Canti”), accompagnato dall’opera di Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968).

Nella maggior parte di queste opere sono trattati brani dedicati all’amore, un sentimento declinato in vari modi. In questi casi un amore sfortunato.

Si parla di autori di enorme importanza, che per la cultura italiana hanno rappresentato degli elementi essenziali.

Si inizia con Bettarini, il quale lega il suo nome in particolare a Giovanni Pascoli, uno tra gli autori (come accade per Leopardi) solitamente poco utilizzati dai compositori.

Il secondo autore in programma, Sgambati, è proprio colui che ha ripreso la tradizione europea dei grandi sinfonisti tedeschi e, insieme al compositore Giuseppe Martucci (1856-1909), l’ha portata in Italia.

In programma è presente anche Licinio Refice, al quale è dedicato il Conservatorio Licinio Refice (fondato a Frosinone nel 1972). Una figura ecclesiastica, un sacerdote, un’immagine singolare nel suo genere, che ha composto opere meravigliose, caratterizzate da un linguaggio altisonante. Il suo brano sul testo di Fogazzaro è un importante esempio del suo linguaggio enfatico ed espressivo.

Tra i brani presentati, quello maggiormente eseguito è “Quattro canzoni di Amaranta”, una composizione su un testo di D’Annunzio, che parla di una donna con la quale lo scrittore ha avuto un rapporto epistolare importante. Si tratta di “Solus ad solam”, una sorta di diario privato, che D’Annunzio ha scritto tra il settembre e l’ottobre del 1908, destinato alla donna amata in quel periodo, la contessa Giuseppina Mancini. Due anime sole che si confrontano di fronte ai grandi accadimenti della vita. Un testo, dunque, nel quale si esplorano la vita, la morte e i grandi interrogativi che ci poniamo spesso in solitudine.

Per rendere l’atmosfera più ironica e graffiante sono stati inseriti nel programma due brani di Casella, sui testi di Trilussa.

La seconda ed ultima parte viene conclusa da “L’infinito” di Castelnuovo-Tedesco, un compositore anche di musica da cinema. Un incredibile autore che ha avuto la capacità di scrivere musiche per strumenti desueti per la sua epoca, come ad esempio la chitarra.

Non è un caso che il concerto si concluda con questo brano, caratterizzato dall’immediatezza della musica, la quale porta un messaggio di grande apertura verso l’infinito, qualcosa al di sopra di noi, più grande di noi, ma un qualcosa a cui possiamo aspirare.

Flavia De Michetti