“Non esistono studi monografici sulla cinta urbana di Cerveteri medievale e sulle sue fasi di sviluppo. E’ certo che nel 1192, data del primo Liber Censum, opera di Cencio Camerario, la città viene definita castrum” quindi luogo fortificato. Così annota la professoressa Rossana Mancini nel suo saggio Le mura urbane di Cerveteri: considerazioni sul restauro, a cui sono debitore per altre considerazioni riportate nell’articolo. Di estremo interesse sono le note che A. Nibby dedica a Cerveteri nella sua Carta de’ dintorni di Roma, dell’anno 1836. “Cerveteri siede sulla punta meridionale di una lunga lacinia di tufa, tagliata a picco da tutte le parti, meno verso settentrione dove soltanto è con facilità accessibile.
Tali dirupi presentano in molte parti fino a cinquanta piedi di altezza perpendicolare. ”I Venturini, nei secoli XII e XIII, cinsero di mura “di opera saracinesca” il paese, posteriormente rialzate dagli Orsini con grossi “quadroni tetraedi” irregolari, per lo più provenienti dalle antichissime opere dei Pelasgi. Di epoca etrusca “verso settentrione , dove non ha difficoltà naturale, fu distaccata la terra con un taglio artificiale, a guisa di largo fosso (attuale via del Lavatore)”Insomma un paese “rac-chiuso”, che si articolava in due parti distinte: quella del castello, in cima allo sperone, e quella del borgo, identificabile nella Boccetta, snocciolandosi ai lati della sinusoidale via Agyllina. La naturale conformazione e la cinta muraria, che hanno rappresentato per secoli un punto di forza, da tempo, sono identificate come la ragione principe dell’impossibilità di progresso dell’attuale Centro storico. Sarà per questo che uno dei sogni-fissazione che ha marcato i cervetrani è stato quello del poter “bucare” le mura che stringono la parte a sud del Paese, costituendo così una seconda via di uscita.
Accadde così che in data 25 agosto dell’anno XI dell’era fascista, un geometra lacustre presentò un progetto per l’apertura di un strada di accesso all’abitato dal lato sud. L’esigenza di tale opera viene esplicitata come segue: “Il vecchio abitato del Comune di Cerveteri, per la sua particolare giacitura in rilievo su tre lati, non ha che una unica via di accesso, e cioè nel lato nord, in corrispondenza della Piazza del Risorgimento. Questo stato di cose, che nel passato era pressoché inavvertito, colle mutate condizioni del traffico, reca particolare disagio agli abitanti della parte sud del paese, i quali, per discendere nella sottostante campagna, debbono percorrere l’abitato due volte (su e giù) in tutta la sua lunghezza: donde la necessità, generalmente sentita, di avere su questo lato una via di sbocco verso l’esterno del paese.
Il tracciato stradale ipotizzato, avrebbe un lunghezza di m. 84, costituiti da un rettilineo incassato nel muro, raccordato, a mezzo di una curva in rilevato, con altro breve rettilineo che termina sulla strada della Necropoli Etrusca. Dovendosi superare un dislivello di m. 14 la strada avrà una pendenza del 16%, e dovrebbe partire dal fabbricato della Società Volsinia di Elettricità (la cabina) e dal muro delle proprietà Marini e Piscini. Per rendere più agevole il transito dei veicoli a trazione animale ed ai pedoni è stato divisato di fare una gettata di calcestruzzo di cm. 20 con pietrisco di cava”. Nel computo metrico estimativo della spesa, allegato alla relazione, il costo era di 22. 300 lire. “Salvo imprevisti”.
Nel maggio del ’53, esattamente venti anni dopo, mentre una balenottera di 9 metri di lunghezza e 50 quintali di peso era spiaggiata agli Scojetti attirando metà popolazione, l’Amministrazione presentava un progetto “per la costruzione dell’allacciamento stradale tra via della Necropoli e Largo della Boccetta”. Progettazione che teneva conto delle nuove esigenze del traffico e delle nuove proprietà, ma che sostanzialmente si riprometteva lo stesso obiettivo: quello di liberare i cervetrani dal senso di accerchiamento dovuto alla sbalza di tufo che scende a picco sul piano di campagna, grazie ad un nuovo buco che avrebbe consentito un’altra via di fuga dal Paese. La cabina, ora proprietà Enel, si era alzata di molto, gli orti ad agrumi , racchiusi da mura sbruffate a calcina e pozzolana, avevano cambiato di proprietà. I calcoli tenevano conto delle fondazioni ovviamente, dei muri di controscarpa e soprattutto di un ponte in ferro per l’allacciamento dei tronchi stradali interni.
Particolare cura nella progettualità era rivolta alla costruzione del muro e all’arco di ingresso, da realizzarsi a faccia a vista con archi e giunti stilati e tamponatura interna a opra incerta. Questa volta il totale, compreso imprevisti, era di 4. 400. 000 lire. Nel 2005 il restauro della torre, la rimozione totale di una palma, la demolizione di piccoli manufatti e della pavimentazione in cemento, il consolidamento della struttura muraria e della cortina, resero fruibile il luogo. Quanto ‘aggiunto’ poi al complesso delle mura, merli compresi, esemplificato nel definire, senza alcun senso del ridicolo, l’affaccio a mare come “Belvedere”, il degrado costante, gli atti vandalici, consentono di domandarci se le due proposte progettuali non rappresentassero la soluzione delle soluzioni.
di Angelo Alfani