Vasi Parlanti a cura di Ennio Tirabassi: l’Erma bifronte di San Nicola.
Avevo da poco finito il secondo corso di specializzazione nel restauro dei marmi e dei materiali lapidei, presso l’Istituto Centrale di Restauro di Roma, quando quasi ad aspettarmi, arriva nel mio laboratorio di restauro del Museo Etrusco di Villa Giulia, la splendida Erma Bifronte, proveniente dallo scavo archeologico della grandiosa Villa di Pompeo ubicata presso la cittadina di Marina di San Nicola (Ladispoli).
Mi resi subito conto di avere di fronte un capolavoro statuario di primaria grandezza, e che fosse di origine greca. Opera sicuramente di un grande scultore. Certamente era uno dei reperti più belli che avevo mai toccato e restaurato: pensavo fosse la rappresentazione del dio Giano, sempre raffigurato bifronte. Mi resi conto però che non poteva essere lui: i due splendidi volti, aggettanti dal marmo, emanavano solo dolcezza, mentre una delle due facce del dio, avrebbe dovuto avere una espressione cattiva e dura: il Giano al centro del tempio doveva rappresentare la guerra e la pace e la parte che guardava la grande porta stava ad indicare se la città era in guerra o in pace a seconda dell’espressione del volto. L’Erma mi sembrava somigliasse all’Efebo biondo di Fidia, il più grande scultore di tutti i tempi. Solo più tardi – tra le varie attribuzioni – la dottoressa Ida Caruso, pronunciò il nome di questo grande artista. In quei giorni il mio laboratorio fu meta dei più grandi nomi della storia dell’arte, fra i quali il professor Moreno (mio insegnante presso l’università di Roma La Sapienza). Pensai alla grande fortuna che avevano ereditato gli abitanti di Ladispoli e Cerveteri e mi chiesi se i sindaci dei due paesi si sarebbero prima o poi resi conto dell’importanza della scoperta.
Potete vedere dalle foto come sia impressionante la somiglianza dell’Erma, con la testa dell’eroe di Riace, quello che per gli specialisti è il Bronzo “A”. Il confronto è impressionante per i lineamenti del viso, fino al dettaglio dei denti visibili attraverso le labbra semiaperte; identico è il disegno della barba e dei riccioli che scendono morbidi lateralmente dalla chioma, cinta da una fascia che – vista la parte concava ad alloggio – doveva essere foderata da materiali metallici: questo potrebbe far pensare ad una lamina d’oro, vista l’assenza di scolature e di tracce di ruggine o malachite o azzurrite, tracce che dei metalli meno nobili avrebbero lasciato.
Ennio Tirabassi